Cons. Stato Sez. V, Sent., 16-03-2011, n. 1619 Infermità per causa di servizio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La sig.ra V.L., in servizio presso il Comune di Torino con la qualifica di Esecutore socio assistenziale, ha proposto ricorso giurisdizionale presso il T.A.R. Piemonte per l’annullamento della deliberazione n. 8294 del 9.9.1993, con la quale il Dirigente del IV Settore amministrativo del Comune di Torino aveva deciso di non prendere in esame la domanda di riconoscimento di infermità dipendente da causa di servizio da essa presentata (nell’assunto che per i dipendenti assicurati presso l’INAIL l’accertamento della dipendenza da causa di servizio e del grado di invalidità erano di competenza di detto Istituto).

Con sentenza n. 00174 del 1998 la Sezione II di detto T.A.R. ha accolto detto ricorso, annullando l’atto impugnato.

Con il ricorso in appello in epigrafe indicato il Comune di Torino ha chiesto l’annullamento di detta sentenza deducendo i seguenti motivi:

1.- Erroneamente il primo Giudice avrebbe asserito che la rendita INAIL e l’equo indennizzo sono alternativi, con possibilità per l’interessato di optare per l’una o l’altra forma di tutela.

Con atto depositato il 3.10.2003 si è costituita in giudizio la sig.ra L.V., che ha dedotto l’infondatezza dell’appello, concludendo per la reiezione.

Con memoria depositata il 28.9.2010 la parte appellante ha ribadito tesi e richieste.

Alla pubblica udienza del 5.11.2010 il ricorso è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati delle parti come da verbale di causa agli atti del giudizio.
Motivi della decisione

1.- Con il ricorso in appello, in epigrafe specificato, il Comune di Torino ha chiesto l’annullamento della sentenza del T.A.R. Piemonte, Torino, sezione II, n. 00174/1998, di accoglimento del ricorso proposto dalla sig.ra L.V., in servizio presso esso Comune con la qualifica di Esecutore socio assistenziale, per l’annullamento della deliberazione n. 8294 del 9.9.1993 del Dirigente del IV Settore amministrativo del Comune medesimo, con la quale era stata declinata la competenza del Comune circa la domanda di riconoscimento di infermità dipendente da causa di servizio da essa presentata (nell’assunto che per i dipendenti assicurati presso l’INAIL l’accertamento della dipendenza da causa di servizio e del grado di invalidità erano di competenza di detto Istituto).

2.- Con l’unico motivo di appello è stata dedotta la erroneità di detta sentenza laddove ha asserito che la rendita INAIL e l’equo indennizzo sono alternativi, con possibilità per l’interessato di optare per l’una o l’altra forma di tutela, perché invece il dipendente assicurato presso detto Istituto sarebbe tenuto ad inoltrare la sua richiesta all’Istituto stesso, cui l’art. 38 della Costituzione ha demandato i compiti di assicurazione per infortuni e malattie professionali.

Ciò in quanto l’istituto dell’equo indennizzo è stato introdotto dall’art. 68, VIII c., del D.P.R. n. 3 del 1957 per apportare maggior tutela ai pubblici dipendenti non tutelati dall’assicurazione per infortuni sul lavoro che avessero perso la integrità fisica a seguito di una infermità contratta per causa di servizio, atteso che in precedenza essi, in tale evenienza, avevano diritto solo alla pensione privilegiata ed alla percezione dello stipendio durante l’assenza dal servizio.

Pertanto la circostanza che l’art. 38 della Costituzione demanda i compiti di assicurazione per infortuni e malattie professionali ad un apposito Istituto escluderebbe che la rendita INAIL e l’equo indennizzo sono alternativi, con possibilità di opzione per l’una o l’altra forma di tutela, perché ciò costringerebbe l’Ente pubblico, che ha già assicurato presso l’INAIL i propri dipendenti, a dover corrispondere l’equo indennizzo a chi di essi abbia contratto una infermità per causa di servizio, nonostante l’evento fosse coperto dalla assicurazione presso detto Istituto, addossando ad esso Ente compiti che detto art. 38 demanda a specifici Istituti.

2.1.- Va in proposito osservato che con la sentenza impugnata, premesso che con l’art. 11 del D.P.R. n. 191 del 1979 è stata equiparata la posizione dei dipendenti degli Enti locali a quella degli impiegati dello Stato, estendendo ai primi le norme sull’equo indennizzo, è stato affermato che, in virtù del principio di alternatività tra la forma di tutela assicurata dall’INAIL e quella fornita dall’equo indennizzo, il ricorso all’una o all’altra forma di tutela è una facoltà rimessa all’interessato, che può liberamente tenere conto del possibile vantaggio patrimoniale in relazione anche alla predeterminazione normativa dei criteri di computo dei rispettivi ammontare.

Considera la Sezione che l’art. 11 di detto D.P.R. n. 191 del 1979, relativo alle lesioni ed infermità dipendenti da causa di servizio non tutelate da copertura INAIL, stabilisce che: "Nel caso che all’infortunio od alla malattia contratta per causa di servizio residui una invalidità permanente parziale o totale, l’ente liquiderà al dipendente una rendita vitalizia nella misura e con le modalità stabilite dalla legislazione relativa all’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali.

Le stesse disposizioni saranno applicate in caso di morte del dipendente nei confronti dei superstiti aventi diritto.

Ai lavoratori interessati si applica la disciplina dell’equo indennizzo di cui all’art. 68 del testo unico 10 gennaio 1957, n. 3, e del relativo regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 3 maggio 1957, n. 686, e successive modificazioni ed integrazioni".

Detta norma, secondo consolidata giurisprudenza, va intesa nel senso che, ferma restando l’assicurazione obbligatoria per infortuni sul lavoro e malattie professionali per i dipendenti degli Enti locali assicurati presso l’I.N.A.I.L. a norma del primo comma di detto art. 11, agli altri dipendenti non assicurati presso l’I.N.A.I.L. – perché non addetti a lavori soggetti all’assicurazione obbligatoria – è esteso l’equo indennizzo previsto dalle norme sui dipendenti statali, ai sensi del terzo comma del ridetto articolo (Consiglio Stato, sez. V, 24 agosto 2007, n. 4487); l’estensione opera tuttavia solo nei confronti di essi dipendenti non assicurati, essendo da escludere una doppia tutela assicurativa per lo stesso evento (Consiglio Stato, sez. V, 18 dicembre 2002, n. 7034).

L’equo indennizzo e la rendita derivante dall’iscrizione obbligatoria all’INAIL sono invero due forme di tutela di una stessa fattispecie inabilitante, con oneri a carico delle pubbliche finanze: esse sono state costruite storicamente attraverso due modalità organizzative e gestionali ben distinte, che operano nei confronti di soggetti diversi. L’iscrizione obbligatoria all’INAIL esclude in radice la possibilità che lo stesso soggetto possa beneficiare contemporaneamente anche dell’equo indennizzo; diversamente opinando si realizzerebbe una duplicazione di benefici, e di oneri a carico della finanza pubblica, del tutto ingiustificato (Consiglio Stato, sez. V, 31 gennaio 2001, n. 350).

Impregiudicata l’assicurazione obbligatoria per gli infortuni sul lavoro e per le malattie professionali per i dipendenti degli enti locali assicurati presso l’Istituto Nazionale per gli Infortuni sul Lavoro, a norma di legge ed in ragione della pericolosità delle mansioni svolte, solo ed esclusivamente a tutti gli altri dipendenti esclusi da tale assicurazione, perché non sussiste l’obbligo di legge, è quindi estesa la disciplina dell’equo indennizzo (Consiglio Stato, Sezione V, del 31 gennaio 2001 n. 350), come previsto dalle disposizioni sui dipendenti statali, ed essi dipendenti non possono quindi alternativamente far ricorso all’uno o all’altro sistema di tutela degli eventi dannosi perseguito con i due istituti di cui trattasi.

In concreto ciò comporta che il diritto all’equo indennizzo sussiste soltanto in quanto il dipendente non sia assicurato presso l’INAIL, con la conseguenza che va riformata, sul punto la impugnata sentenza, che ha illegittimamente ritenuto possibile una doppia tutela dell’evento dannoso in cui è incorsa la dipendente di cui trattasi, cui far ricorso, alternativamente, a sua discrezione.

3.- L’appello deve essere conclusivamente accolto e deve essere annullata la prima decisione.

4.- La complessità delle questioni trattate, nonché la peculiarità e la novità del caso, denotano la sussistenza delle circostanze di cui all’art. 92, II c., del c.p.c., come modificato dall’art. 45, XI c., della L. n. 69 del 2009, che costituiscono ragione sufficiente per compensare fra la parti le spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente decidendo, accoglie l’appello in esame e, per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, respinge il ricorso originario proposto dinanzi al T.A.R..

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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