Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 22-12-2010) 22-03-2011, n. 11468 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – A.M. è stato raggiunto da ordinanza emessa il 25 giugno 2010 dal GIP del Tribunale di Catanzaro, che disponeva nei suoi confronti l’applicazione di misura cautelare – la custodia cautelare in carcere – siccome gravemente indiziato in relazione al seguente fatto delittuoso: – concorso nel tentativo di estorsione aggravata ex D.L. 13 maggio 1991, n. 152, art. 7, perpetrato ai danni del nuovo gestore del servizio di smaltimento rifiuti nel comprensorio di (OMISSIS), la società "Ecologia Oggi", subentrata alla precedente impresa appaltatrice "Appennino Padano"; condotta delittuosa iniziata nel marzo 2009 e proseguita sino al settembre 2009. 1.1 – Il provvedimento restrittivo è stato confermato dal Tribunale di Catanzaro, in sede di riesame, con ordinanza emessa l’8 luglio 2010, che per quanto ancora rileva nel presente giudizio di legittimità, ha ritenuto:

a) che sui vertici aziendali (il responsabile amministrativo M. L. ed il responsabile del personale, F.R.) dell’impresa "Ecologia Oggi" – che al momento del suo subingresso nel servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti aveva assunto tutto il personale. In carico alla precedente impresa appaltatrice, salvo il dipendente Al.Na., ritenuto non idoneo a causa dei suoi precedenti penali – sin dal 16 marzo 2009, erano state esercitate indebite pressioni, anche attraverso minacce, sia esplicite che larvate, dirette ad ottenere l’assunzione dell’ex dipendente della "Appennino Padano";

b) che nell’esercitare tali indebite pressioni (culminate nel blocco di uno dei veicoli utilizzati per la raccolta, posto in essere la notte del (OMISSIS), da alcuni uomini, dichiaratisi "amici" dell’ Al.Na., che costringevano l’autista del veicolo a telefonare alla M., alla quale, nell’occasione, veniva rinnovato l’invito ad assumere una persona di (OMISSIS)) aveva senz’altro concorso anche l’indagato, avendo in particolare costui, nel marzo 2009, per il tramite di un dipendente della società "Ecologia Oggi", S.C., "convocato" il responsabile del personale, presso un bar gestito dalla suocera S.N., e nella circostanza, spalleggiato da altre persone definitesi "gli amici di Paola", sollecitato la riassunzione di un dipendente della precedente impresa appaltatrice, particolare rilevanza attribuendo i giudici del riesame, relativamente al carattere sicuramente minaccioso dell’invito, a quanto riferito alla polizia giudiziaria dalla M., e cioè che il F., dopo l’incontro con l’indagato, era in uno stato di forte agitazione e risultava molto preoccupato per quanto successo;

c) che la contestata aggravante ex D.L. 13 maggio 1991, n. 152, art. 7, appariva sussistere con riferimento soprattutto all’utilizzo del metodo mafioso più che alle finalità agevolazione della cosca comunque certamente perseguite con l’attività estorsiva, e ciò non tanto per i collegamenti, anche di tipo familiare, esistenti tra l’indagato ed il clan Serpa, egemone nel territorio di (OMISSIS), e tra il capo della cosca, G., e l’ Al., la persona che il soggetto passivo dell’estorsione avrebbe dovuto assumere, pure segnalati dalla polizia giudiziaria, quanto per "l’esplicito e reiterato riferimento fatto nel corso della vicenda delittuosa, alla cosca di appartenenza". 2. – Avverso tale pronuncia del tribunale ha proposto ricorso per Cassazione l’ A., per il tramite del difensore, avvocato Gino Perrotta.

2.1 – La difesa dell’indagato deduce, in primo luogo, l’illegittimità dell’ordinanza per manifesta illogicità della motivazione, avendo i giudici del riesame ravvisato un collegamento tra due episodi, quello del (OMISSIS), "completamente a se stanti", anche perchè da nessuna risultanza processuale emerge un rapporto tra l’indagato ed Al.Na., incongruamente ritenuti concorrenti nel reato di tentata estorsione, rimarcando a tal fine come, dopo l’episodio dell’incontro al bar avuto dall’ A. con il responsabile del personale, l’asserito soggetto passivo del reato non aveva subito alcuna sollecitazione o fastidio, sino all’episodio del blocco di un veicolo.

2.2 – Denuncia altresì il ricorrente, inosservanza ed erronea applicazione della legge penale con riferimento all’art. 56 c.p., comma 3, in quanto, anche volendo ritenere di natura estorsiva la richiesta formulata dall’ A. al F. nel marzo 2009, non avendo l’indagato, in seguito, avuto più rapporti con dirigenti dell’impresa "Ecologia Oggi", erano senz’altro ravvisabili nella sua condotta gli estremi della desistenza volontaria.

2.3 – Con il terzo ed ultimo motivo di impugnazione, da parte del ricorrente si denuncia l’erronea applicazione dell’aggravante speciale ex D.L. 13 maggio 1991, n. 152, art. 7, evidenziandosi, al riguardo, che la contestazione della stessa era originata dalle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, S.G., che seppure aveva riferito in merito ad una pregressa vicinanza dell’indagato al clan Bruni, aveva pure precisato, però, che tale rapporto, successivamente, si sarebbe incrinato, avendolo il B. "scaricato" e dal rapporto di parentela con S.N., suocera dell’indagato, ritenuta reggente dell’omonimo clan, ma che a prescindere dal succitato vincolo parentale, nessuna risultanza processuale confermava un’effettiva diretta partecipazione dell’ A. ad una qualche consorteria di tipo mafioso, sicchè, per legittimare la contestazione dell’aggravante, doveva fornirsi adeguata prova che la condotta attribuita all’indagato intendesse effettivamente agevolare l’associazione mafiosa.
Motivi della decisione

1. – L’impugnazione proposta nell’interesse di A.M. è inammissibile perchè basata su motivi manifestamente infondati.

2. – Tutte le argomentazioni svolte in ricorso, specie quelle sviluppate nel primo motivo d’impugnazione, che costituisce per così dire, la premessa logica fondante l’intero impianto difensivo, lungi dal denunciare, infatti, reali vizi di legittimità, pertengono a questioni di fatto, e censurano, sostanzialmente, le valutazioni e gli apprezzamenti probatori operati dal giudici di merito, ed espressi nell’ordinanza impugnata con una giustificazione che risulta completa, nonchè fondata su argomentazioni giuridicamente corrette, coerenti, ed indenni da vizi logici.

2.1 – In particolare, il generico assunto difensivo secondo cui il colloquio avuto dall’indagato con un dirigente dell’impresa appaltatrice "Ecologia Oggi" nel marzo 2009 non avrebbe alcun collegamento con il grave gesto intimidatorio commesso ai danni della citata impresa appaltatrice, solo alcuni mesi dopo (settembre 2009), si risolve, sostanzialmente, nella prospettazione di una censura in fatto, che comporta, per il suo accoglimento, o una diversa lettura dei dati processuali oppure una diversa interpretazione delle prove, entrambe non consentite al giudice di legittimità.

I giudici di merito, della cautela e del riesame, con due decisioni sintoniche ed integrate, hanno infatti analiticamente indicato le loro fonti di convincimento, sinteticamente illustrate nel paragrafo 1.1, valutandole con uno sviluppo argomentativo che si sottrae a critiche di sorta, per la sua plausibilità e per la linearità logica e giuridica che le contraddistingue e che pertanto impedisce il sindacato della Corte di legittimità, risultando, del resto, non adeguatamente spiegate neppure in ricorso, le ragioni per cui l’ A., che pure nega qualsiasi frequentazione e rapporto con l’ Al., si sia attivamente adoperato affinchè l’impresa incaricata della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti nel comune di (OMISSIS), assumesse alle sue dipendenze l’unico ex dipendente della precedente impresa appaltatrice non riassunto, che si identificava proprio nel pregiudicato Al., alla cui riassunzione pure risultava finalizzato l’atto d’intimidazione ai posto in essere nel settembre 2009. 2.2 – L’inammissibilità del primo motivo di impugnazione si riflette poi anche sul secondo, giacchè una volta riconosciuto il collegamento tra i due episodi, risulta incongruo, nel caso in esame, qualsiasi riferimento all’istituto della desistenza volontaria, essendo la condotta estorsiva protrattasi anche dopo il marzo 2006. 2.3 – Manifestamente infondate risultano, infine, anche le censure prospettate in ricorso con riferimento alla ritenuta sussistenza dell’aggravante ex d.l. 13 maggio 1991, n. 152, art. 7, posto che i giudici del riesame, contrariamente a quanto opinato dal ricorrente, più che valorizzare la vicinanza dell’indagato a gruppi delinquenziali operanti nel territorio di Paola, desunta dalle contestate dichiarazioni di un collaboratore di giustizia oltre che dai legami parentali con i vertici della cosca Serpa, e quindi ritenere che la condotta posta in essere dall’indagato era finalizzata ad agevolare l’attività della predetta associazione per delinquere alla quale pure l’ Al. era contiguo, hanno fondato la propria decisione sul punto, sull’argomentato rilievo che il delitto contestato, avuto riguardo alle modalità di esecuzione, era stato commesso avvalendosi della forza d’intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento ed omertà che ne deriva.

3. – Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue la condanna per legge del ricorrente, al pagamento delle spese processuali ed al versamento, in mancanza di elementi indicativi dell’assenza di colpa (Corte Cost, sent. n. 186 del 2000), di una somma alla cassa delle ammende, congruamente determinabile in Euro 1000,00.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende.

Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del presente provvedimento al direttore dell’Istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

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