T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 16-03-2011, n. 2366 Ricorso gerarchico

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Il ricorrente – alla data del ricorso vice sovrintendente di polizia penitenziaria, nonché ufficiale di polizia giudiziaria addetto all’apposito ufficio di polizia giudiziaria presente nell’Istituto penitenziario di Augusta – impugna (attraverso il meccanismo giuridico per silentium di cui all’articolo 6 del D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199) il provvedimento del 18 giugno 2007, recante sanzione disciplinare ai sensi dell’articolo 3, punto 2, lettera g), del decreto legislativo 30 ottobre 1992, n. 449, per il seguente addebito: "il 5 gennaio 2007, assegnato in servizio all’ufficio di polizia giudiziaria in sede, la signoria vostra, ricevuta querela scritta presentata dai rappresentanti sindacali G., G. e B., ne disponeva personalmente, firmando a proprio nome, la trasmissione ai competenti uffici giudiziari senza poi, peraltro, informarne il dirigente. La condotta tenuta dalla signoria vostra è palesemente contraria agli ordini di servizio n. 12 del 3 febbraio 2005 e n. 2 del 3 gennaio 2006, che nel disciplinare l’attività dell’ufficio di polizia giudiziaria, anche al fine di coordinarsi con la complessiva attività di istituto, delegano all’ufficiale di polizia giudiziaria il potere di autorizzare l’inoltro degli atti di polizia giudiziaria all’autorità giudiziaria con il limite espresso di firma "per il direttore" sancendo altresì che gli atti così firmati e trasmessi vengono poi posti a conoscenza del direttore. Il comportamento della signoria vostra presenta un ulteriore elemento di censura per avere tollerato che i querelanti svolgessero tale attività, estranea al servizio, durante il servizio stesso".

I motivi di ricorso sono i seguenti.

1) Eccesso di potere per violazione dei principi posti a presidio della funzione giustizia, difetto di istruttoria in sede giudiziale, omesso riesame nel merito della vicenda, omessa pronuncia sulle doglianze del ricorrente in sede gerarchica. Violazione e falsa applicazione dei principi di cui al D.P.R. n. 1119/1971. Omessa preventiva comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento della istanza giustiziale (articolo 10 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241).

L’Amministrazione, non pronunciandosi sul ricorso gerarchico, ha illegittimamente abdicato alla funzione giustiziale.

2) Eccesso di potere per violazione delle regole di imparzialità e parità difensiva. Violazione del principio del giusto procedimento e del contraddittorio.

Nonostante il funzionario istruttore sia stato individuato in un funzionario non appartenente allo stesso istituto, ufficio o servizio di quello dell’inquisito, diversi atti istruttori sono stati compiuti di fatto direttamente dall’ispettore superiore Schembri Francesco, ossia da colui che non solo ha redatto il rapporto disciplinare dal quale è nato il procedimento in contestazione ma è soprattutto un diretto superiore del ricorrente.

3) Violazione degli articoli 10 e 24 del decreto legislativo 30 ottobre 1992, n. 449 e dell’articolo 3 del decreto legislativo 10 gennaio 1957, n. 3. Eccesso di potere per violazione della tempistica procedimentale.

I fatti sono accaduti in data 5 gennaio 2006 (recte: 5 gennaio 2007; n.d.r.), la contestazione degli addebiti e l’avvio del procedimento vi sono stati in data 22 febbraio 2007 sulla base di un rapporto redatto e contestato dal comandante di reparto in data 27 gennaio 2007, ossia con 12 giorni di ritardo.

L’inchiesta nel suo complesso, decurtando la proroga dei termini richiesti dal ricorrente, è durata oltre i 45 giorni "prescritti dal provvedimento del 16 febbraio 2007 (prot. n. 1896)".

Il rapporto disciplinare non menziona elementi utili ed obiettivi a configurare un’infrazione.

L’Amministrazione ha emesso il provvedimento punitivo oltre il termine, imposto dal D.P.R. n. 3/1957, di 180 giorni dall’avvenuta conoscenza dell’illecito.

E’ stato violato il termine di 90 giorni per la conclusione dell’inchiesta disciplinare, posto dall’articolo 110 del D.P.R. n. 3/1957.

E’ stato violato il termine di 90 giorni fra un atto del procedimento disciplinare e l’atto successivo.

4) Violazione dell’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Eccesso di potere per motivazione insufficiente ed apodittica. Travisamento dei fatti.

Il responsabile del servizio e il comandante di reparto erano stati posti a conoscenza dell’iniziativa dei rappresentanti sindacali G., G. e B., nulla esponendo in contrario.

I querelanti hanno anche riferito al ricorrente di aver ricevuto debita autorizzazione pure da parte del "preposto sentinelle"; e i querelanti si sono recati nei locali per il tempo strettamente necessario (circa 20 minuti) e dopo l’espletamento del servizio di sentinella.

Quanto all’omessa trasmissione della querela al dirigente:

– essa è stata presentata il 5.1.2007 ed è stata trasmessa all’ufficio protocolla il 9.1.2007;

– il Direttore è rientrato in servizio e in sede il 12.1.2007;

– dal 12.1.2007 al 20.1.2007 il ricorrente è stato in congedo ordinario;

– i sostituti del ricorrente sarebbero stati pienamente in grado di seguire l’iter della pratica, soltanto avviata dal ricorrente, poi andato in congedo ordinario;

– anche l’ispettore responsabile dell’ufficio di p.g. ha confermato che esistevano accordi brevi con la Direzione circa la possibilità del delegato di p.g. di trasmettere direttamente l’atto privo della indicazione del delegante;

– non si è considerato che se per un verso il Direttore era presente dal giorno 11.1.2007 al giorno 23.1.2007 per altro verso il ricorrente era assente per congedo ordinario.

Conseguentemente il ricorrente era in totale buona fede circa l’operato suo e dei suoi colleghi.

Non risultano ascoltati i querelanti, né risulta acquisita e valutata alcuna loro dichiarazione o scritto difensivo.

È stato violato l’obbligo di motivare ed esporre dettagliatamente le ragioni della mancata considerazione delle giustificazioni opposte dall’incolpato all’addebito disciplinare.

È irragionevole offrire alla esposizione dei fatti di colui che ha avviato il procedimento disciplinare una valenza maggiore della esposizione dei fatti di colui che è oggetto di quel procedimento.

La stessa Relazione istruttoria del 17.4.2007 afferma che l’Autorità dirigente ha confermato "quanto sostanzialmente riportato dal ricorrente, ossia di esser stato informato da quest’ultimo della mera intenzione dei tre di tutelare giudizialmente i propri diritti, anche avvalendosi dell’ufficio di polizia del reparto…"

L’operato contestato al ricorrente corrisponde a una prassi invalsa nell’Istituto.

In ogni caso il ricorrente contesta la legittimità degli ordini di servizio asseritamente violati: non sussiste un divieto di recepire atti ed esposti di natura penale, né sussiste un obbligo di comunicarne il contenuto anche qualora gli stessi siano inerenti a fattispecie personali ed extra lavorative.

5) Eccesso di potere nella parte in cui il provvedimento sanzionatorio è stato emesso senza considerare l’assenza di elementi di colpevolezza e la presenza di cause di giustificazione. Contraddittorietà tra atti e provvedimento sanzionatorio. Eccesso di potere per sviamento ed errata e falsa applicazione ed interpretazione degli ordini di servizio n. 12 del 3.2.2005 e n. 2 del 3.1.2006.

La condotta del ricorrente non è stata mai attuata con finalità dolose o intenzionali ma nell’esercizio di uno specifico dovere d’ufficio, per cui andrebbe applicata la scriminante dell’adempimento del dovere.

Del resto gli ordini di servizio che il ricorrente avrebbe violato pongono solo un obbligo di natura informativa in relazione a denunce o esposti attinenti al servizio, con esclusione di querele per fatti personali; in quest’ultimo caso vi sarebbe palese vizio di incostituzionalità della relativa fonte normativa.

L’attività sindacale, le beghe interne e i rapporti personali tra agenti esulano dalla previsione dei suddetti ordini di servizio.

6) Eccesso di potere per istruttoria insufficiente. Violazione del principio della proporzionalità e irragionevolezza tra sanzione irrogata e infrazione commessa. Eccesso di potere per sviamento dai canoni di efficienza, efficacia ed economicità dell’azione amministrativa.

2. – Entrambe le parti hanno depositato documenti e una memoria.

La causa è definitivamente passata in decisione all’udienza pubblica del 10 gennaio 2011.
Motivi della decisione

1. – Il ricorrente – alla data del ricorso vice sovrintendente di polizia penitenziaria, nonché ufficiale di polizia giudiziaria addetto all’apposito ufficio di polizia giudiziaria presente nell’Istituto penitenziario di Augusta – impugna (attraverso il meccanismo giuridico per silentium di cui all’articolo 6 del D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199) il provvedimento del 18 giugno 2007, recante sanzione disciplinare ai sensi dell’articolo 3, punto 2, lettera g), del decreto legislativo 30 ottobre 1992, n. 449, per il seguente addebito: "il 5 gennaio 2007, assegnato in servizio all’ufficio di polizia giudiziaria in sede, la signoria vostra, ricevuta querela scritta presentata dai rappresentanti sindacali G., G. e B., ne disponeva personalmente, firmando a proprio nome, la trasmissione ai competenti uffici giudiziari senza poi, peraltro, informarne il dirigente. La condotta tenuta dalla signoria vostra è palesemente contraria agli ordini di servizio n. 12 del 3 febbraio 2005 e n. 2 del 3 gennaio 2006, che nel disciplinare l’attività dell’ufficio di polizia giudiziaria, anche al fine di coordinarsi con la complessiva attività di istituto, delegano all’ufficiale di polizia giudiziaria il potere di autorizzare l’inoltro degli atti di polizia giudiziaria all’autorità giudiziaria con il limite espresso di firma "per il direttore" sancendo altresì che gli atti così firmati e trasmessi vengono poi posti a conoscenza del direttore. Il comportamento della signoria vostra presenta un ulteriore elemento di censura per avere tollerato che i querelanti svolgessero tale attività, estranea al servizio, durante il servizio stesso".

I motivi di ricorso sono i seguenti.

1) Eccesso di potere per violazione dei principi posti a presidio della funzione giustizia, difetto di istruttoria in sede giudiziale, omesso riesame nel merito della vicenda, omessa pronuncia sulle doglianze del ricorrente in sede gerarchica. Violazione e falsa applicazione dei principi di cui al D.P.R. n. 1119/1971. Omessa preventiva comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento della istanza giustiziale (articolo 10 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241).

L’Amministrazione, non pronunciandosi sul ricorso gerarchico, ha illegittimamente abdicato alla funzione giustiziale.

2) Eccesso di potere per violazione delle regole di imparzialità e parità difensiva. Violazione del principio del giusto procedimento e del contraddittorio.

Nonostante il funzionario istruttore sia stato individuato in un funzionario non appartenente allo stesso istituto, ufficio o servizio di quello dell’inquisito, diversi atti istruttori sono stati compiuti di fatto direttamente dall’ispettore superiore Schembri Francesco, ossia da colui che non solo ha redatto il rapporto disciplinare dal quale è nato il procedimento in contestazione ma è soprattutto un diretto superiore del ricorrente.

3) Violazione degli articoli 10 e 24 del decreto legislativo 30 ottobre 1992, n. 449 e dell’articolo 3 del decreto legislativo 10 gennaio 1957, n. 3. Eccesso di potere per violazione della tempistica procedimentale.

I fatti sono accaduti in data 5 gennaio 2006 (recte: 5 gennaio 2007; n.d.r.), la contestazione degli addebiti e l’avvio del procedimento vi sono stati in data 22 febbraio 2007 sulla base di un rapporto redatto e contestato dal comandante di reparto in data 27 gennaio 2007, ossia con 12 giorni di ritardo.

L’inchiesta nel suo complesso, decurtando la proroga dei termini richiesti dal ricorrente, è durata oltre i 45 giorni "prescritti dal provvedimento del 16 febbraio 2007 (prot. n. 1896)".

Il rapporto disciplinare non menziona elementi utili ed obiettivi a configurare un’infrazione.

L’Amministrazione ha emesso il provvedimento punitivo oltre il termine, imposto dal D.P.R. n. 3/1957, di 180 giorni dall’avvenuta conoscenza dell’illecito.

E’ stato violato il termine di 90 giorni per la conclusione dell’inchiesta disciplinare, posto dall’articolo 110 del D.P.R. n. 3/1957.

E’ stato violato il termine di 90 giorni fra un atto del procedimento disciplinare e l’atto successivo.

4) Violazione dell’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Eccesso di potere per motivazione insufficiente ed apodittica. Travisamento dei fatti.

Il responsabile del servizio e il comandante di reparto erano stati posti a conoscenza dell’iniziativa dei rappresentanti sindacali G., G. e B., nulla esponendo in contrario.

I querelanti hanno anche riferito al ricorrente di aver ricevuto debita autorizzazione pure da parte del "preposto sentinelle"; e i querelanti si sono recati nei locali per il tempo strettamente necessario (circa 20 minuti) e dopo l’espletamento del servizio di sentinella.

Quanto all’omessa trasmissione della querela al dirigente:

– essa è stata presentata il 5.1.2007 ed è stata trasmessa all’ufficio protocolla il 9.1.2007;

– il Direttore è rientrato in servizio e in sede il 12.1.2007;

– dal 12.1.2007 al 20.1.2007 il ricorrente è stato in congedo ordinario;

– i sostituti del ricorrente sarebbero stati pienamente in grado di seguire l’iter della pratica, soltanto avviata dal ricorrente, poi andato in congedo ordinario;

– anche l’ispettore responsabile dell’ufficio di p.g. ha confermato che esistevano accordi brevi con la Direzione circa la possibilità del delegato di p.g. di trasmettere direttamente l’atto privo della indicazione del delegante;

– non si è considerato che se per un verso il Direttore era presente dal giorno 11.1.2007 al giorno 23.1.2007 per altro verso il ricorrente era assente per congedo ordinario.

Conseguentemente il ricorrente era in totale buona fede circa l’operato suo e dei suoi colleghi.

Non risultano ascoltati i querelanti, né risulta acquisita e valutata alcuna loro dichiarazione o scritto difensivo.

È stato violato l’obbligo di motivare ed esporre dettagliatamente le ragioni della mancata considerazione delle giustificazioni opposte dall’incolpato all’addebito disciplinare.

È irragionevole offrire alla esposizione dei fatti di colui che ha avviato il procedimento disciplinare una valenza maggiore della esposizione dei fatti di colui che è oggetto di quel procedimento.

La stessa Relazione istruttoria del 17.4.2007 afferma che l’Autorità dirigente ha confermato "quanto sostanzialmente riportato dal ricorrente, ossia di esser stato informato da quest’ultimo della mera intenzione dei tre di tutelare giudizialmente i propri diritti, anche avvalendosi dell’ufficio di polizia del reparto…"

L’operato contestato al ricorrente corrisponde a una prassi invalsa nell’Istituto.

In ogni caso il ricorrente contesta la legittimità degli ordini di servizio asseritamente violati: non sussiste un divieto di recepire atti ed esposti di natura penale, né sussiste un obbligo di comunicarne il contenuto anche qualora gli stessi siano inerenti a fattispecie personali ed extra lavorative.

5) Eccesso di potere nella parte in cui il provvedimento sanzionatorio è stato emesso senza considerare l’assenza di elementi di colpevolezza e la presenza di cause di giustificazione. Contraddittorietà tra atti e provvedimento sanzionatorio. Eccesso di potere per sviamento ed errata e falsa applicazione ed interpretazione degli ordini di servizio n. 12 del 3.2.2005 e n. 2 del 3.1.2006.

La condotta del ricorrente non è stata mai attuata con finalità dolose o intenzionali ma nell’esercizio di uno specifico dovere d’ufficio, per cui andrebbe applicata la scriminante dell’adempimento del dovere.

Del resto gli ordini di servizio che il ricorrente avrebbe violato pongono solo un obbligo di natura informativa in relazione a denunce o esposti attinenti al servizio, con esclusione di querele per fatti personali; in quest’ultimo caso vi sarebbe palese vizio di incostituzionalità della relativa fonte normativa.

L’attività sindacale, le beghe interne e i rapporti personali tra agenti esulano dalla previsione dei suddetti ordini di servizio.

6) Eccesso di potere per istruttoria insufficiente. Violazione del principio della proporzionalità e irragionevolezza tra sanzione irrogata e infrazione commessa. Eccesso di potere per sviamento dai canoni di efficienza, efficacia ed economicità dell’azione amministrativa.

2. – Entrambe le parti hanno depositato documenti e una memoria.

La causa è definitivamente passata in decisione all’udienza pubblica del 10 gennaio 2011.

Il ricorso va accolto in parte, nel senso e nei limiti di seguito indicati.

1. – Il ricorrente – alla data del ricorso vice sovrintendente di polizia penitenziaria, nonché ufficiale di polizia giudiziaria addetto all’apposito ufficio di polizia giudiziaria presente nell’Istituto penitenziario di Augusta – impugna (attraverso il meccanismo giuridico per silentium di cui all’articolo 6 del D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199) il provvedimento del 18 giugno 2007, recante sanzione disciplinare ai sensi dell’articolo 3, punto 2, lettera g), del decreto legislativo 30 ottobre 1992, n. 449, per il seguente addebito: "il 5 gennaio 2007, assegnato in servizio all’ufficio di polizia giudiziaria in sede, la signoria vostra, ricevuta querela scritta presentata dai rappresentanti sindacali G., G. e B., ne disponeva personalmente, firmando a proprio nome, la trasmissione ai competenti uffici giudiziari senza poi, peraltro, informarne il dirigente. La condotta tenuta dalla signoria vostra è palesemente contraria agli ordini di servizio n. 12 del 3 febbraio 2005 e n. 2 del 3 gennaio 2006, che nel disciplinare l’attività dell’ufficio di polizia giudiziaria, anche al fine di coordinarsi con la complessiva attività di istituto, delegano all’ufficiale di polizia giudiziaria il potere di autorizzare l’inoltro degli atti di polizia giudiziaria all’autorità giudiziaria con il limite espresso di firma "per il direttore" sancendo altresì che gli atti così firmati e trasmessi vengono poi posti a conoscenza del direttore. Il comportamento della signoria vostra presenta un ulteriore elemento di censura per avere tollerato che i querelanti svolgessero tale attività, estranea al servizio, durante il servizio stesso".

2.1 – Il primo motivo di ricorso lamenta che l’Amministrazione, non pronunciandosi sul ricorso gerarchico, ha illegittimamente abdicato alla funzione giustiziale.

La censura va respinta perché la fattispecie del silenzio sul ricorso gerarchico è espressamente disciplinata dalla legge, che con l’articolo 6 del D.P.R. n. 1199/1971 attribuisce a quel silenzio una specifica valenza ai fini della successiva tutela dinanzi al giudice amministrativo. Sicché l’Amministrazione non ha abdicato alla funzione giustiziale ma ha invece contribuito – volente o non – a quella funzione, attivando con il proprio silenzio il noto meccanismo giuridico per silentium, per cui la tutela avverso la sanzione disciplinare si è trasposta dalla sede dei rimedi amministrativi a quella dei rimedi giurisdizionali.

2.2 – Il secondo motivo di ricorso lamenta che nonostante il funzionario istruttore sia stato correttamente individuato in un funzionario non appartenente allo stesso istituto, ufficio o servizio dell’inquisito ricorrente, diversi atti istruttori sono stati compiuti di fatto direttamente dall’ispettore superiore Schembri Francesco, ossia da colui che non solo ha redatto il rapporto disciplinare dal quale è nato il procedimento in contestazione ma che soprattutto è un diretto superiore del ricorrente.

Questo motivo è infondato perché la normativa di riferimento non preclude che atti istruttori possano essere compiuti di fatto direttamente dal superiore che ha redatto il rapporto disciplinare. Inoltre gli atti istruttori hanno natura neutra, non decisoria; né risulta che essi siano stati redatti in modo fuorviante a causa della posizione di superiore gerarchico e di redattore del rapporto disciplinare del loro autore.

2.3 – Il mezzo successivo formula la seguente serie di censure:

a) i fatti sono accaduti in data 5 gennaio 2006 (recte: 5 gennaio 2007; n.d.r.), la contestazione degli addebiti e l’avvio del procedimento vi sono stati in data 22 febbraio 2007 sulla base di un rapporto redatto e contestato dal comandante di reparto in data 27 gennaio 2007, ossia con 12 giorni di ritardo;

b) l’inchiesta nel suo complesso, decurtando la proroga dei termini richiesti dal ricorrente, è durata oltre i 45 giorni "prescritti dal provvedimento del 16 febbraio 2007, (prot. n. 1896)";

c) il rapporto disciplinare non menziona elementi utili ed obiettivi a configurare un’infrazione;

d) l’Amministrazione ha emesso il provvedimento punitivo oltre il termine, imposto dal D.P.R. n. 3/1957, di 180 giorni dall’avvenuta conoscenza dell’illecito;

e) è stato violato il termine di 90 giorni per la conclusione dell’inchiesta disciplinare, posto dall’articolo 110 del D.P.R. n. 3/1957;

f) è stato violato il termine di 90 giorni fra un atto del procedimento disciplinare e l’atto successivo.

Nessuna di queste censure è fondata.

La censura sub a) va respinta perché la tempistica in essa esposta non viola nessuna disposizione sul procedimento disciplinare; né i 12 giorni intercorsi tra i fatti disciplinarmente sanzionati (accaduti in data 5 gennaio 2007) e il rapporto del comandante di reparto (redatto e contestato in data 27 gennaio 2007) concretano un ritardo abnorme (e dunque illegittimo) della procedura.

La censura sub b) (secondo la quale l’inchiesta nel suo complesso, decurtando la proroga dei termini richiesti dal ricorrente, sarebbe durata oltre i 45 giorni "prescritti dal provvedimento del 16 febbraio 2007 (prot. n. 1896)" va – a prescindere da ogni altra considerazione – respinta perché il termine di 45 giorni (previsto dall’articolo 15, comma 5, del decreto legislativo n. 449/1992) deve decorrere non dall’avvio del procedimento ma dalle giustificazioni – o dalla eventuale richiesta di accertamenti – dell’inquisito.

Infatti ove – come ermeneuticamente corretto – si consideri l’invocato art. 15, comma 5, del decreto legislativo n. 449/1992 insieme al precedente e presupposto comma 4 (secondo cui il funzionario istruttore deve provvedere a contestare gli addebiti al trasgressore invitandolo a presentare le giustificazioni, e deve svolgere "successivamente" tutti gli altri accertamenti ritenuti da lui necessari, o richiesti dall’inquisito), appare più corretto ritenere che il termine di 45 giorni per la conclusione dell’istruttoria dovrebbe decorrere non dall’avvio del procedimento ma dalle giustificazioni – o dalla eventuale richiesta di accertamenti – dell’inquisito (confr. la sentenza di questa Sezione 26 giugno 2009, n. 6151). E nel caso di specie questo termine risulta rispettato, giacché:

– il ricorrente ha formulato le proprie memorie difensive al funzionario istruttore con una nota dell’8 marzo 2007;

– la Relazione del funzionario istruttore, conclusiva dell’inchiesta disciplinare, reca la data del 17 aprile 2007;

– l’inchiesta disciplinare risulta dunque conclusa in 40 giorni.

La censura sub c) va respinta perché l’addebito disciplinare risulta chiaramente esposto sia nella contestazione di addebiti del 19 febbraio 2007 (alla quale in questa sede appare sufficiente fare rinvio) sia nella successiva Relazione del 17 aprile.

La censura sub d) (secondo cui l’Amministrazione avrebbe illegittimamente emesso il provvedimento punitivo oltre il termine, imposto dal D.P.R. n. 3/1957, di 180 giorni dall’avvenuta conoscenza dell’illecito) va respinta perché il D.P.R. n. 3/1957 non prevede un simile termine.

La censura sub e) (secondo cui sarebbe stato violato il termine di 90 giorni, per la conclusione dell’inchiesta disciplinare, posto dall’articolo 110 del D.P.R. n. 3/1957) va respinta perché la disposizione invocata non è applicabile ai procedimenti disciplinari del Corpo di polizia penitenziaria. A questi procedimenti, infatti, si applica la già citata disposizione di cui all’articolo 15, comma 5 del decreto legislativo n. 449/1992, che come si è visto risulta rispettata nel procedimento.

La censura sub f) (secondo cui sarebbe stato violato il termine di 90 giorni tra un atto del procedimento disciplinare e l’atto successivo) risulta infondata in fatto: la scansione procedimentale che risulta dagli atti esclude una simile violazione. Appare sufficiente in proposito fare rinvio all’indice degli atti e dei documenti allegati dallo stesso ricorrente al proprio gravame.

2.4.0 – Anche le censure del quarto motivo di ricorso vanno respinte, così come di seguito specificato.

2.4.1 – La censura la quale afferma che il responsabile del servizio e il comandante di reparto erano stati posti a conoscenza dell’iniziativa dei rappresentanti sindacali G., G. e B., nulla esponendo in contrario, va respinta perché la conoscenza da parte dei superiori della iniziativa dei querelanti di recarsi presso l’ufficio di polizia giudiziaria per presentare l’atto di querela, ed altresì la casuale presenza del comandante di reparto nei locali di polizia giudiziaria al momento della presentazione della querela, non equivale certamente alla concessione di uno specifico permesso od autorizzazione per effettuare quanto sopra durante l’orario di servizio.

Analoga considerazione di rigetto va fatta per gli ulteriori rilievi i quali affermano che i querelanti hanno anche riferito al ricorrente di aver ricevuto debita autorizzazione pure da parte del "preposto sentinelle".

Il rilievo il quale afferma che i querelanti si sono recati nei locali per il tempo strettamente necessario (circa 20 minuti) e dopo l’espletamento del servizio di sentinella, va respinto perché, analogamente a quanto rilevato per la precedente censura, essersi recati nei locali della polizia giudiziaria per il tempo strettamente necessario ed a seguito dell’espletamento del servizio di sentinella non equivaleva per i querelanti a permesso od autorizzazione.

Conseguentemente l’ulteriore addebito dell’impugnata sanzione – secondo il quale il ricorrente avrebbe altresì tollerato che i querelanti svolgessero attività estranee al servizio, durante il servizio stesso – resiste alle presenti censure.

2.4.2 – Un rilievo ulteriore concerne specificamente l’addebito disciplinare consistente nella omessa trasmissione della querela al dirigente.

Il ricorrente invoca la propria totale buona fede circa l’operato suo e dei suoi colleghi; ed elenca a supporto della propria tesi le seguenti circostanze:

1) la querela è stata presentata il 5.1.2007 ed è stata trasmessa all’ufficio protocolla il 9.1.2007;

2) il Direttore è rientrato in servizio e in sede il 12.1.2007;

3) dal 12.1.2007 al 20.1.2007 il ricorrente è stato in congedo ordinario;

4) i sostituti del ricorrente sarebbero stati pienamente in grado di seguire l’iter della pratica, soltanto avviata dal ricorrente prima del proprio congedo ordinario;

5) anche l’ispettore responsabile dell’ufficio di p.g. ha confermato che esistevano accordi brevi con la Direzione circa la possibilità del delegato di p.g. di trasmettere direttamente l’atto privo della indicazione del delegante;

6) non si è considerato che se per un verso il Direttore era presente dal giorno 11.1.2007 al giorno 23.1.2007 per altro verso il ricorrente era assente per congedo ordinario.

In proposito si osserva quanto segue.

Le censure sub 1), 2), 3) e 6) vanno respinte perché tutte le circostanze in esse prospettate non valgono ad elidere la responsabilità disciplinare del ricorrente per fatti che si sono svolti quando egli era presente in servizio (in data 5.1.2010) e che rientravano nella sua responsabilità istituzionale di ufficiale di polizia giudiziaria addetto all’apposito ufficio di polizia giudiziaria presente nell’Istituto penitenziario di Augusta.

La censura sub 4) va respinta perché l’asserzione secondo cui i sostituti del ricorrente sarebbero stati pienamente in grado di seguire l’iter della pratica, soltanto avviata dal ricorrente prima del proprio congedo ordinario, non vale ad eliminare gli addebiti disciplinari del ricorrente, poiché essi concernono non già la sfera di attività dei sostituti del ricorrente ma esclusivamente la sfera di attività di quest’ultimo: la firma e la trasmissione degli atti di polizia giudiziaria, la mancata informativa al dirigente, l’avere tollerato che i querelanti svolgessero le attività, estranee al servizio, durante il servizio stesso.

Va invece accolta in parte la censura sub 5), la quale rileva che anche l’ispettore responsabile dell’ufficio di p.g. ha confermato che esistevano accordi brevi con la Direzione circa la possibilità del delegato di p.g. di trasmettere direttamente l’atto privo della indicazione del delegante.

In effetti nella Relazione del funzionario istruttore si legge: "verosimile, stando anche all’affermazione testimoniale dell’ispettore Abate, è invece che quello de quo non fosse il primo atto a venir trasmesso privo dell’indicazione del delegante: afferma Abate che esistevano accordi brevi con la Direzione citati da P., salvo, poi, però, l’obbligo di darne tempestiva contezza all’Autorità dirigente".

In proposito l’atto impugnato reca dunque un addebito – sia pure temperato con l’uso degli avverbi "peraltro" e "altresì" (vedi il testo del provvedimento, sopra riportato al capo 1) – che appare invece da escludere, alla luce della citata Relazione del funzionario istruttore.

2.4.3 – Una ulteriore serie di censure del presente quarto motivo di ricorso è la seguente:

– non risultano ascoltati i querelanti, né risulta acquisita e valutata alcuna loro dichiarazione o scritto difensivo;

– è stato violato l’obbligo di motivare ed esporre dettagliatamente le ragioni della mancata considerazione delle giustificazioni opposte dall’incolpato all’addebito disciplinare;

– è irragionevole offrire alla esposizione dei fatti di colui che ha avviato il procedimento disciplinare una valenza maggiore della esposizione dei fatti di colui che è oggetto di quel procedimento;

– la stessa Relazione istruttoria del 17.4.2007 afferma che l’Autorità dirigente ha confermato "quanto sostanzialmente riportato dal ricorrente, ossia di esser stato informato da quest’ultimo della mera intenzione dei tre di tutelare giudizialmente i propri diritti, anche avvalendosi dell’ufficio di polizia del reparto…";

– l’operato contestato al ricorrente corrisponde a una prassi invalsa nell’Istituto;

– in ogni caso il ricorrente contesta la legittimità degli ordini di servizio asseritamente violati: non sussiste un divieto di recepire atti ed esposti di natura penale, né sussiste un obbligo di comunicarne il contenuto anche qualora gli stessi siano inerenti a fattispecie personali ed extra lavorative.

Queste censure sono infondate, tranne che per la parziale fondatezza già evidenziata nel capo 2.4.2 che precede.

Il Collegio rileva, su ciascuna di esse, quanto segue:

– in base alla documentazione depositata dallo stesso ricorrente, cui si rinvia, il procedimento disciplinare risulta adeguatamente istruito anche relativamente alla parte che attiene l’operato dei querelanti, sicché risulta da escludere il vizio istruttorio denunciato;

– l’obbligo di motivare ed esporre dettagliatamente le ragioni della mancata considerazione delle giustificazioni opposte dall’incolpato all’addebito disciplinare appare violato limitatamente al profilo, già evidenziato nel precedente capo 2.4.2, attinente alla esistenza di una prassi, con accordi brevi con la Direzione, circa la trasmissione di atti di polizia giudiziaria privi della indicazione del delegante: questa prassi, che avrebbe dovuto incidere a favore del ricorrente sulla sanzione da irrogare, non è citata né valutata nel provvedimento impugnato; per il resto, invece, l’impugnata sanzione disciplinare – alla cui motivazione appare sufficiente fare rinvio – risulta esente da vizi motivazionali ora in esame;

– analogo parziale accoglimento merita il successivo rilievo secondo il quale è stato irragionevole offrire alla esposizione dei fatti di colui che ha avviato il procedimento disciplinare una valenza maggiore della esposizione dei fatti di colui che è oggetto di quel procedimento: come per la precedente censura questo vizio di motivazione e valutazione risulta limitatamente alla mancata considerazione e valutazione della esistenza di una prassi e di accordi brevi con la Direzione circa la trasmissione di atti di polizia giudiziaria privi della indicazione del delegante;

– la censura secondo cui la stessa Relazione istruttoria del 17.4.2007 afferma che l’Autorità dirigente ha confermato "quanto sostanzialmente riportato dal ricorrente, ossia di esser stato informato da quest’ultimo della mera intenzione dei tre di tutelare giudizialmente i propri diritti, anche avvalendosi dell’ufficio di polizia del reparto…" appare priva di rilievo sul fatto oggetto d’addebito disciplinare, e quindi è da rigettare;

– la censura secondo cui l’operato contestato al ricorrente corrisponde a una prassi invalsa nell’Istituto reitera precedenti rilievi già positivamente valutati dal T.a.r.. Si rinvia pertanto alle considerazioni già svolte;

– le affermazioni secondo le quali non sussiste un divieto di recepire atti ed esposti di natura penale, né sussiste un obbligo di comunicarne il contenuto anche qualora gli stessi siano inerenti a fattispecie personali ed extra lavorative, risultano inammissibili per estraneità: l’addebito disciplinare contestato non riguarda la violazione un divieto di recepire atti ed esposti di natura penale; né la querela ricevuta e trasmessa dal ricorrente riguardava fattispecie personali ed extra lavorative: essa infatti si riferiva a un volantino di una sigla sindacale diversa da quella dei querelanti, affisso all’interno delle bacheche riservate ai comunicati sindacali dell’Istituto penitenziario di Augusta e ritenuto gravemente diffamatorio e calunnioso nei confronti della organizzazione sindacale dei querelanti medesimi.

2.5 – Il mezzo successivo sostiene che la condotta del ricorrente non è stata mai attuata con finalità dolose o intenzionali ma nell’esercizio di uno specifico dovere d’ufficio, per cui andrebbe applicata la scriminante dell’adempimento del dovere.

Del resto gli ordini di servizio che il ricorrente avrebbe violato porrebbero solo un obbligo di natura informativa in relazione a denunce o esposti attinenti al servizio, con esclusione di querele per fatti personali: in quest’ultimo caso vi sarebbe palese vizio di incostituzionalità della relativa fonte normativa. L’attività sindacale, le beghe interne e i rapporti personali tra agenti esulerebbero dalla previsione dei suddetti ordini di servizio.

Questi rilievi sono infondati, giacché:

– dall’addebito disciplinare, da quanto sopra esposto e dagli atti risulta che le violazioni disciplinari sono stati compiuti dal ricorrente non esclusivamente per adempiere un dovere d’ufficio ma nel corso dell’adempimento di un dovere d’ufficio; dovere che però risulta adempiuto non correttamente e per questo sanzionato dall’Amministrazione;

– come rilevato nell’ultima parte del capo che precede la querela ricevuta e trasmessa dal ricorrente non riguardava fattispecie personali ed extra lavorative ma vicende attinenti al servizio.

2.6 – L’ultimo motivo di ricorso lamenta istruttoria insufficiente e violazione del principio della proporzionalità e irragionevolezza tra sanzione irrogata e infrazione commessa.

Esso risulta fondato limitatamente al profilo già evidenziato nei precedenti capi 2.4.2 e 2.4.3, ai quali si fa rinvio.

3. – In conclusione il ricorso va accolto limitatamente ai profili indicati nei precedenti capi 2.4.2, 2.4.3 e 2.6, salvi gli ulteriori provvedimenti.

Per l’effetto l’impugnato provvedimento del 18 giugno 2007 – recante sanzione disciplinare ai sensi dell’articolo 3, punto 2, lettera g), del decreto legislativo n. 449/1992 – va annullato limitatamente alla parte in cui non considera e valuta la segnalazione, contenuta nella Relazione del funzionario istruttore e favorevole al ricorrente, secondo la quale era verosimile che quello in argomento non fosse il primo atto a venir trasmesso privo dell’indicazione del delegante, e che il superiore del ricorrente affermava che esistevano in proposito accordi brevi con la Direzione, salvo peraltro l’obbligo di darne tempestiva contezza all’Autorità dirigente.

Vanno fatti salvi gli ulteriori provvedimenti, da adottare tenendo conto della presente decisione.

Si ravvisano giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio ai sensi dell’articolo 92 del codice di procedura civile.
P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale accoglie il ricorso in epigrafe limitatamente ai profili indicati in motivazione ed in essa precisati nel capo 3, salvi gli ulteriori provvedimenti.

Compensa fra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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