Cass. civ. Sez. I, Sent., 07-06-2011, n. 12387 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

P.N. ricorre per cassazione nei confronti del decreto in epigrafe della Corte d’appello che ha rigettato il suo ricorso con il quale è stata proposta domanda di riconoscimento dell’equa riparazione per violazione dei termini di ragionevole durata della procedura relativa al suo fallimento svoltasi avanti al Tribunale di Lucera dal 13 febbraio 1985 al 5 marzo 2008.

L’intimata Amministrazione non ha proposto difese.

Il Collegio ha disposto la redazione della motivazione in forma semplificata.
Motivi della decisione

Con entrambi i motivi di ricorso, che per la loro complementari età possono essere trattati congiuntamente, si censura l’impugnata decisione per avere la Corte d’appello ritenuto non irragionevole la durata ultraventennate della procedura fallimentare in cui è stato coinvolto il ricorrente in considerazione della sua complessità, in parte addebitabile allo stesso fallito.

Le censure sono manifestamente fondate in quanto la Corte ha già individuato in sette anni la durata massima di un procedimento fallimentare per quanto complesso (Sez. 1^, sentenza 24 settembre 2009, n. 20549) e non possono addebitarsi al fallito situazioni particolari che rendono più difficile del consueto la liquidazione del patrimonio se non risulti (ma di ciò nel provvedimento impugnato non è traccia) che abbia tenuto una condotta programmaticamente dilatoria.

L’impugnato decreto deve dunque essere cassato.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto la causa può essere decisa nel merito e pertanto, in applicazione della giurisprudenza della Corte (Sez. 1^, 14 ottobre 2009, n. 21840) a mente della quale l’importo dell’indennizzo può essere ridotto ad una misura inferiore (Euro 750,00 per anno) a quella del parametro minimo indicato nella giurisprudenza della Corte europea (che è pari a Euro 1.000,00 in ragione d’anno) per i primi tre anni di durata eccedente quella ritenuta ragionevole in considerazione del limitato patema d’animo che consegue all’iniziale modesto sforamento mentre solo per l’ulteriore periodo deve essere applicato il richiamato parametro, il Ministero della Giustizia deve essere condannato al pagamento in favore del ricorrente di Euro 15.250,00 a titolo di equo indennizzo per il periodo di anni sedici di irragionevole ritardo quale risulta detraendo dalla durata di anni ventitre quella ragionevole di anni sette come sopra individuata.

Le spese di entrambe le fasi seguono la soccombenza.
P.Q.M.

la Corte accoglie il ricorso; cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della Giustizia al pagamento in favore del ricorrente della somma di Euro 15.250,00 oltre interessi nella misura legale dalla data della domanda, nonchè alla rifusione delle spese del giudizio di merito che liquida in complessivi Euro 1.140,00 di cui Euro 600,00 per diritti, Euro 490,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge, nonchè di quelle della fase di legittimità che liquida in complessivi Euro 1.000,00 di cui Euro 900,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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