Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 15-12-2010) 22-03-2011, n. 11491 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza del Tribunale di Palmi del 15 dicembre 2009, A. S., imputato del reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 1 (attività di raccolta di rifiuti senza autorizzazione) (fatto commesso in (OMISSIS)) veniva ritenuto colpevole del detto reato e – previa concessione delle circostanze attenuanti generiche -condannato alla pena – condizionalmente sospesa – di Euro 8.000,00 di ammenda oltre spese.

Avverso la detta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione il difensore dell’imputato, deducendo inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, violazione di legge e contraddittorietà ed illogicità della motivazione.

Ha in particolare rilevato come la condotta attribuita all’imputato oltre che occasionale, dovesse qualificarsi come abbandono di rifiuti disciplinato dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 255 e sanzionatole esclusivamente a titolo di illecito amministrativo, non mancando popi di osservare – a conforto della tesi della illogicità della motivazione – il carattere non inquinante dei rifiuti illogicamente ritenuto, invece, dal Tribunale.

Ha proposto appello incidentale contro la detta sentenza il P.M. dolendosi della esiguità della pena infinta nonostante sussistessero indici negativi quali l’intensità del dolo e la non occasionalità della condotta e, ancora, della intervenuta concessione delle circostanze attenuanti generiche, cui ostava la gravità della condotta, chiedendo che la Corte territoriale adita infliggesse all’imputato una pena maggiore.

Ciascuno dei due ricorsi, sia pure per ragioni diverse, va dichiarato inammissibile.

Quanto al ricorso proposto dall’imputato, cui è stato dato carico del reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 1 "perchè effettuava una attività di raccolta di rifiuti consistenti in 22 fusti di succhi di agrumi da litri 200 circa, non più utilizzabili nel ciclo alimentare e da qualificarsi rifiuti alla luce della lettera dell’art. 183 del citato D.Lgs., in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli artt. 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216 del predetto D.Lgs." il primo motivo attiene alla inesatta qualificazione giuridica della condotta che, a detta del ricorrente, dovrebbe considerarsi ricompresa nella previsione di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 255. Si tratta di doglianza palesemente priva di fondamento posto che integra l’ipotesi contravvenzionale contestata l’accumulo di beni e materiali dichiarati fuori uso e dei quali il detentore ha deciso di disfarsi (Cass. Sez. 3, 14.11.2003 n. 10662), fatto pacificamente avvenuto nel caso in esame, in quanto nel corso del sopralluogo compiuto il 22 maggio 2006 da personale della Polizia Municipale del Comune di San Ferdinando, di concerto con personale ispettivo dell’ASL (OMISSIS) di Palmi ed Ufficiali di P.G. veniva riscontrata all’interno dei locali dell’impresa ALBA s.n.c. in liquidazione (della quale l’ A. era per l’appunto liquidatore sin dal 2001) la presenza di ben 22 fusti della capienza, ciascuno, di Litri 200, contenenti sostanza liquida (succo di agrumi) che, analizzata, veniva ritenuta inidonea al consumo umano e quindi considerata come rifiuto di lavorazione industriale non pericoloso. Le osservazioni esposte nel ricorso in merito ai presupposti richiesti per l’integrazione della fattispecie sono pacificamente non pertinenti, occorrendo solo che si tratti di un abbandono incontrollato di rifiuti non più suscettibili di utilizzazione di tipo alimentare e dunque inevitabilmente destinati dopo idonea conservazione, allo smaltimento previa autorizzazione da parte della competente Autorità amministrativa.

D’altro canto il lungo tempo trascorso rispetto alla data di cessazione dell’attività (risalente al 1992), nonchè la constatata presenza dei fusti sia al momento della presa di possesso della carica di liquidatore, sia al momento dell’ispezione, nonchè il sito ove detti recipienti si trovano allocati e soprattutto il contenuto dei fusti, esclude in modo palese che l’arcieri potesse ragionevolmente pensare che si potesse trattare di materiale ancora in uso, con la conseguenza che, sotto il profilo oggettivo, il reato configurabile era esattamente quello contestato e per il quale è intervenuta condanna.

Nessun rilievo poi assume la circostanza che i fusti contenenti il liquido agrumario fossero costituiti da materiale inossidabile in quanto non è in discussione il fatto che si potesse trattare di sostanze inquinanti, quanto che si trattasse di sostanze inidonee all’uso umano e considerare fuori uso e da smaltire secondo le procedure di legge.

Quanto al secondo motivo riguardante una pretesa illogicità della sentenza nella misura in cui il Tribunale ha ritenuto di attribuire con certezza la responsabilità all’ A., si tratta di prospettazione difensiva manifestamente infondata, se non anche pretestuosa, posto che è stato lo stesso imputato ad ammettere, in sede di esame, di essersi accorto della presenza di tali fusti sin dal 2001 – data di inizio delle sue funzioni – senza tuttavia assumere alcuna iniziativa atta a richiedere le prescritte autorizzazioni per la raccolta di tali, fusti, il trasporto e lo smaltimento successivo.

In modo assolutamente esaustivo e privo di illogicità il Tribunale ha ritenuto che l’imputato dal 2001 era stato detentore dei locali e dunque responsabile della loro gestione e del controllo da effettuare sui beni ivi esistenti: controllo mai avvenuto se non con molto ritardo come peraltro ammesso dallo stesso imputato.

Segue alla inammissibilità del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma che si ritiene di determinare in via equitativa, in Euro 1.000,00 in favore della cassa delle Ammende, trovandosi il ricorrente in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.

Palesemente infondati sono pure i motivi di ricorso del P.M. incentrati su una asserita carente motivazione circa le ragioni che hanno indotto il Tribunale ad irrogare una pena ritenuta sin troppo mite ed, ancora, a riconoscere – pur a fronte di una condotta ritenuta grave – le circostanze attenuanti generiche.

In realtà il Tribunale ha adeguatamente motivato non solo sull’entità della pena, di molto superiore al limite minimo edittale, ma anche sul riconoscimento delle attenuanti generiche basato non solo sui precedenti penali (ritenuti non ostativi e peraltro estremamente circoscritti) ma, soprattutto su una valutazione positiva della condotta collegata alla immediata ottemperanza all’ordine di distruzione dei rifiuti impartito dalla P.G..

Tale motivazione in quanto indenne da vizi logici e adeguata nei suoi passaggi impone la declaratoria di inammissibilità del ricorso del P.M..
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna A.S. al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *