T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, Sent., 16-03-2011, n. 740 Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il ricorrente espone:

di essere proprietario di una porzione di edificio produttivo, nel Comune di Cormano, in zona D1;

che l’art 21 delle NTA comunali prevede per le zona D1 come destinazione d’uso quella industriale, artigianale, di ricerca, senza particolari limiti allo loro entità e configurazione tipologicofunzionale; mense e servizi aziendali; uffici depositi e spazi destinati alla esposizione e/o al commercio all’ingrosso di prodotti industriali connessi all’esercizio di una attività produttiva industriale o artigianale;

di aver realizzato nell’immobile di sua proprietà opere interne, per una diversa distribuzione degli spazi, con un frazionamento degli edifici in due distinte unità immobiliari, destinando una parte dell’immobile alla esposizione commerciale per vendita all’ingrosso;

di aver chiesto in data 2.11.2005 l’accertamento di conformità ex art 37 DPR 380/2001, per la realizzazione di opere con cambio di destinazione d’uso, da laboratorio a vendita all’ingrosso, qualificando le opere come intervento di manutenzione straordinaria;

che il Comune ha chiesto il pagamento del costo di costruzione e della oblazione, per una somma globale di Euro 80.189,38, per il cambio di destinazione d’uso, da laboratorio a vendita all’ingrosso, e che l’edificio fosse dotato di un nuovo certificato di agibilità.

Avverso gli atti indicati in epigrafe, parte ricorrente articola le seguenti censure:

1) violazione di legge per mancata applicazione dell’art 7 L. 241/90;

2) eccesso di potere per erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto; per perplessità ed erroneità dell’indagine istruttoria e per fraintendimento; erroneità della motivazione; violazione e falsa interpretazione degli artt. 2 e 21 NTA comunali: non vi è stata modificazione di destinazione d’uso, in quanto l’art 21 delle NTA ammettono entrambe le destinazioni;

3) violazione e falsa applicazione dell’art 24 DPR 380/2001; eccesso di potere per carenza dei presupposti, travisamento, carenza di motivazione, nella parte del provvedimento in cui si chiede un nuovo certificato di agibilità.

Si costituiva in giudizio il Comune intimato, chiedendo il rigetto del ricorso.

All’udienza del 27 gennaio 2011 il ricorso veniva trattenuto in decisione dal Collegio.
Motivi della decisione

1) Il presente ricorso verte sulla pretesa del Comune di Cormano al versamento degli oneri per un intervento effettuato in un edificio produttivo, collocato in zona D1, in cui sono previste diverse destinazioni d’uso, tra cui quella industriale, artigianale e di vendita.

Il ricorrente sostiene l’illegittimità della richiesta, sull’assunto che l’intervento non implicherebbe il pagamento del costo di costruzione, trattandosi di un cambio di destinazione da laboratorio a esposizione commerciale per vendita all’ingrosso, quindi nell’ambito di destinazioni ammesse e previste dalle NTA.

1.2 Il ricorso non è fondato e va respinto.

Il primo motivo, relativo alla mancata comunicazione dell’avvio del procedimento, non è fondato, in quanto omette di considerare le peculiarità delle procedure amministrative volte alla liquidazione ed al pagamento del contributo di costruzione che attengono ad attività non autoritativa e fondata sull’applicazione automatica di regole di calcolo previste da fonte normativa senza alcun contenuto di discrezionalità per l’amministrazione (cfr. sul punto Tar Campania, VIII, 10035/08).

Inoltre la difesa dell’Amministrazione ha invocato l’effetto paralizzante dell’art 21 octies L. 241/90, dimostrando che il contenuto dell’atto non avrebbe potuto avere contenuto differente, dal momento che, una volta ritenuto che l’intervento dovesse essere oneroso, si trattava poi di un calcolo meramente matematico, che rende irrilevante qualsiasi apporto collaborativo del privato.

2) Il secondo motivo attiene al fuoco della questione: se un cambio di destinazione nell’ambito delle destinazioni previste dalle NTA, comporti o meno l’applicazione del costo di costruzione. Sostiene infatti parte ricorrente che, essendo ricompresa la destinazione d’uso finale (cioè quella espositiva), tra le destinazioni ammissibili in zona D (zona produttiva di carattere industriale), non si sarebbe verificato alcun cambio di destinazione d’uso giuridicamente rilevante, essendovi un passaggio tra categorie ammesse.

Le argomentazioni a sostegno della tesi di parte ricorrente vengono esposte con ampie e suggestive argomentazioni anche nella memoria conclusionale: le opere di manutenzione effettuate non avrebbero comportato alcun frazionamento dei locali produttivi per ricavare due distinte unità immobiliari e non sarebbe alterato l’impianto distributivo complessivo dell’immobile: non vi sarebbe quindi un aumento del carico urbanistico che giustifica la richiesta di oneri.

Il motivo non è fondato.

Il cambio di destinazione d’uso di un immobile, ancorché compatibile nella medesima zona omogenea, è infatti intervenuto tra categorie edilizie funzionalmente autonome e non omogenee e, quindi, ha integrato una modificazione edilizia con effetti incidenti sul carico urbanistico, soggetta al regime oneroso, indipendentemente dalla tipologia delle opere.

Sul punto si rinvia alla sentenza del TAR Lombardia – sez. di Brescia, (n. 2382/2009), in cui è stato ampliamente affrontata la questione, affermando che "Se fosse vero che ogni modifica di destinazione d’uso non assume rilevanza giuridica quando la destinazione finale rientra tra quelle ammissibili nella zona urbanistica in cui si trova l’immobile, dovremmo allora arrivare alla conclusione che non si potrà mai porre un problema di pagamento degli oneri concessori in caso di modifica di destinazione d’uso; perché, o la destinazione finale non rientrerà tra quelle che possono essere ammesse nella zona in esame (ed allora esso non potrà mai essere assentito), oppure la destinazione finale rientrerà tra quelle ammissibili nella zona urbanistica de qua (ed allora il cambiamento di destinazione sarà irrilevante e non produrrà alcun pagamento di oneri)".

Parte ricorrente sovrappone due piani differenti, quello della ammissibilità dell’intervento edilizio, e quello del pagamento degli oneri che ad esso sono conseguenti.

La circostanza che l’intervento sia effettivamente assentibile non significa che lo stesso debba essere necessariamente gratuito. Nella decisione sopra citata è stato sottolineato come tra l’altro, "la gratuità è caratteristica dei soli interventi disciplinati dall’art. 17 d.p.r. 380/01, mentre la regola generale – anche per gli interventi ammissibili (o meglio, solo per gli interventi ammissibili, perché quelli non ammissibili sono assoggettati non a costi, ma a sanzioni) – è quella della onerosità".

Nel caso di specie, come ha osservato la difesa del Comune, l’intervento realizzato è riconducibile ad interventi che comportano una trasformazione urbanistica ed edilizia e, per tale ragione, non può essere qualificato come intervento di mera manutenzione straordinaria, categoria che presuppone il mantenimento del volume e delle superficie delle singole unità, nonché della destinazione d’uso.

Deve quindi riconoscersi la correttezza dell’operato dell’Amministrazione Comunale che, in presenza di mutamento di destinazione d’uso da industriale a commerciale del complesso immobiliare in questione, ha rideterminato gli oneri, secondo i coefficienti vigenti alla data di rilascio della sanatoria.

Tali considerazioni portano anche a non condividere quanto affermato circa il vincolo di strumentalità dell’area commerciale all’attività produttiva: la circostanza che le aree destinate ad esposizione (e quindi a vendita all’ingrosso), siano connesse all’attività produttiva, non esclude che parte dell’immobile abbia una nuova destinazione, distinta da quella produttiva e differente rispetto a quella pregressa.

Per tale ragione la richiesta del Comune è legittima.

3) Nel terzo motivo parte ricorrente lamenta la illegittimità della richiesta del Comune di un nuovo certificato di agibilità.

In base a quanto previsto dagli art. 24 e 25, D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, il certificato di agibilità delle costruzioni costituisce un’attestazione da parte dei competenti uffici tecnici comunali in ordine alla sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità e risparmio energetico degli edifici e degli impianti tecnologici in essi installati, alla stregua della normativa vigente. Pare legittimo che una valutazione sulla sussistenza di dette condizioni, sia richiesta a fronte di modifiche strutturali, che implicano anche un cambiamento dell’uso degli spazi.

Il motivo va quindi respinto.

4) In conclusione il ricorso va respinto.

Le spese, a giudizio del Collegio, possono essere compensate, per la particolarità della questione giuridica sollevata.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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