Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 14-12-2010) 22-03-2011, n. 11303 Relazione tra la sentenza e l’accusa contestata

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 13.12.2007 il GUP del Tribunale di Foggia, all’esito di giudizio abbreviato, condannava L.G. e B. V., per i reati, unificati dalla continuazione, di estorsione consumata e tentata, in danno di G.C., nonchè per il reato di ricettazione di autovettura, alla pena, rispettivamente, di anni 4, mesi 5 e gg. 10 di reclusione ed Euro 600,00 di multa e di anni 5, mesi 4 di reclusione ed Euro 900,00 di multa, concessa la circostanza attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6, equivalente alla contestata aggravante e alla recidiva. In parziale riforma di tale sentenza la Corte d’appello di Bari, con sentenza 2.2.2010, riqualificato il reato di ricettazione sub e) come furto aggravato, riduceva la pena inflitta al B. ad anni 4, mesi 8 di reclusione ed Euro 600,00 di multa, rideterminando in anni 5 la durata della interdizione dai pubblici uffici al medesimo applicata, con conferma nel resto della sentenza impugnata.

Proponevano distinti ricorsi per cassazione il L. ed il B..

Il primo deduceva:

1) erronea applicazione della legge penale e carenza, illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza dei reati contestati, posto che le diverse telefonate estorsive effettuate dal B., escludevano la sussistenza del reato in capo al L.;

2) mancata contestazione del reato di cui all’art. 624 c.p., e art. 625 c.p., commi 2 e 7, ed illogicità della motivazione, laddove la Corte territoriale, in violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza, sulle base delle dichiarazioni confessorie degli imputati, aveva riqualificato la originaria condotta attinente al delitto di ricettazione nella più lieve fattispecie di furto aggravato;

3) eccessività ed illegittimità della pena inflitta, tenuto conto del diverso trattamento sanzionatorio riservato all’altro coimputato che aveva goduto della riduzione della pena in relazione alla diversa qualificazione del reato sub c) dell’imputazione;

4) erronea contestazione dell’aggravante ex art. 629 c.p.p., comma 2, ed illogicità della motivazione sul punto, difettando, nella specie, i(concorso di più persone riunite, avuto riguardo al carattere meramente occasionale ed inerte della presenza del L. nella vicenda;

5) illogicità della motivazione sul diniego delle attenuanti generiche in quanto fondato solo sui precedenti penali, non considerando gli altri criteri di cui all’art. 133 c.p.;

6) violazione dell’art. 81 c.p., comma 4, ed illogicità della motivazione in relazione all’aumento di pena per un terzo che la Corte territoriale aveva ritenuto applicabile con riferimento alla contestazione della recidiva specifica reiterata di cui all’art. 99 c.p., comma 4, senza tener conto che tale aumento è consentito a condizione che l’imputato sia stato ritenuto recidivo reiterato con sentenza definitiva, precedente al momento della commissione dei reati per i quali si procede, condizione non ricorrente nella specie.

Il B. lamentava:

1) difetto e manifesta illogicità della motivazione sulla attribuzione dei reati ascrittigli;

2) assoluta carenza di motivazione in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche.
Motivi della decisione

Le doglianze sub 1), 2), 3), 4), 5), sollevate dal L., sono infondate e vanno, pertanto, rigettate. I giudici di appello hanno, infatti, ribadito, con corretta e logica motivazione, il concorso del L. nei reati di estorsione e tentata estorsione sulla base dei fatti accertati (il L. si trovava nell’auto del B. allorchè questi ne discese per recuperare la somma estorta al G. ed era già con il B. allorchè era stata prelevata la busta contenente la banconota di dieci Euro (V. pag. 6 sent. impugnata).

La diversa qualificazione del fatto di cui al capo c) dell’imputazione, ex art. 521 c.p.p., è stata fondata sulla diversa prospettazione della vicenda proveniente dagli stessi imputati sicchè correttamente è stata esclusa la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza in conformità alla giurisprudenza della S.C. (n. 40538/2004; n. 11082/2000).

Quanto alla sussistenza dell’aggravante relativa al concorso di più persone riunite, con motivazione condivisibile ed aderente alla giurisprudenza citata (Cass. n. 35054/2009; n. 16657/2008) è stato rilevato che, ai fini di detta aggravante, non è richiesta la contestuale presenza di più correi nel luogo di esecuzione del reato, essendo sufficiente che la violenza o minaccia provengano da più persone, avendo tale indotto maggiore effetto intimidatorio ed essendo, quindi, irrilevante che le telefonate estorsive fossero state, nel caso in esame, effettuate da un solo imputato.

Il diniego delle attenuanti generiche è stato adeguatamente motivato con riferimento ai precedenti penali specifici ed alla gravità del fatto nè il giudice di merito, nella quantificazione della pena, è tenuto a prendere in considerazione tutti i criteri indicati nell’art. 133 c.p., potendo, inoltre,nell’ambito del proprio potere discrezionale, differenziare il trattamento sanzionatorio applicato ai coimputati con riguardo alla posizione di ciascuno, nella specie, tenendo conto, quanto al L., della determinazione della pena base per il reato più grave in misura pressochè coincidente con il minimo edittale.

Con riguardo alla censura sub 6) va rilevato che l’aumento di pena per la continuazione, ai sensi dell’art. 81 c.p., comma 4, aggiunto dalla L. n. 251 del 2005, trova applicazione, secondo la più recente giurisprudenza in materia della S.C. (Cfr. Cass. n.31735/2010;

32625/2009), a condizione che l’imputato sia stato ritenuto recidivo reiterato con una sentenza definitiva emessa antecedentemente alla data di commissione dei reati per i quali si procede;l’interpretazione letterale dell’art. 81 c.p., comma 4, e la consecutio temporum delle voci verbali ivi adoperate ("reati…commessi da soggetti ai quali sia stata applicata la recidiva prevista dall’art. 99 c.p., comma 4") consente, infatti, di riferire detta norma all’ipotesi in cui l’imputato sia stato ritenuto recidivo reiterato con una precedente sentenza definitiva e non nel caso in cui l’imputato venga dichiarato recidivo reiterato in rapporto agli stessi reati uniti dal vincolo della continuazione, del cui trattamento sanzionatorio si discute. Peraltro l’assoluta eccezionaiità di detta disposizione, comportante, di fatto, l’inoperatività del trattamento di favore normalmente collegato alla continuazione, impone un’interpretazione restrittiva della norma citata, aderente al suo tenore letterale.

Orbene, nella specie, dalla sentenza impugnata non risulta che il L. fosse stato ritenuto recidivo con sentenza definitiva all’epoca della commissione dei reati per i quali è ricorso e, pertanto, la sentenza, limitatamente a quanto dedotto con la censura sub 6 (già svolta in appello sotto il profilo fatto valere in ricorso) deve essere annullata; il giudice del rinvio dovrà, quindi, uniformarsi a detta interpretazione normativa,verificando se il L. risultasse recidivo con sentenza passata in giudicato.

Il ricorso del B. deve dichiararsi inammissibile in quanto privo del requisito di specificità richiesto dagli artt. 581 c.p.p., lett. c), e art. 591 c.p.p., lett.; i motivi di doglianza svolte sono, infatti, del tutto generici e non rapportati alla motivazione del giudice di appello al riguardo. Consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del B. al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente all’aumento di pena applicato a L.G. ai sensi dell’art. 81 c.p.;

rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte d’Appello di Bari.

Rigetta il ricorso del L. nel resto. Dichiara inammissibile il ricorso di B.V. che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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