Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 07-06-2011, n. 12319 riposo settimanale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 22.2/14.3.2007 la Corte di appello di Bari, in riforma della decisione di prime cure, impugnata da C. A. e D.M.M., dipendenti dell’Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, accoglieva la domanda dagli stessi proposta per il riconoscimento di una percentuale di maggiorazione della retribuzione giornaliera per ogni giorno di lavoro prestato oltre il sesto. Osservava in sintesi la corte territoriale, sul presupposto che nel caso fosse controverso solo il diritto al compenso per la maggiore penosità del lavoro protratto oltre il sesto giorno consecutivo, che la contrattazione collettiva applicabile non prevedeva specifiche forme di remunerazione del riposo settimanale usufruito oltre il settimo giorno, nè, comunque, il datore di lavoro aveva dato dimostrazione di una specifica remunerazione del lavoro in questione.

Per la cassazione della sentenza propone ricorso l’Ospedale Casa Sollievo della sofferenza con un unico motivo, illustrato con memoria. Resistono con controricorso gli intimati.
Motivi della decisione

Con un unico motivo il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione di norme di diritto ( art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione all’art. 36 Cost., agli artt. 1321, 1322, 1372 c.c., nonchè alla contrattazione collettiva applicabile) e vizio di motivazione ( art. 360 c.p.c., n. 5) osservando che la corte territoriale aveva omesso di considerare, nella interpretazione del contratto collettivo di categoria, la peculiarità del lavoro ospedaliero, che necessariamente e legittimamente si articolava su turni di sette giorni, così imponendo un obbligo retributivo non previsto dalla contrattazione collettiva, nonostante si fosse in presenza di una prestazione lavorativa resa in forme conformi alla disciplina contrattuale e legale. Il ricorso è infondato.

Con riferimento alle questioni che vengono qui in esame (nel regime, applicabile alla fattispecie, anteriore al D.L. n. 66 del 2003), questa Suprema Corte ha già affermato che "quando in relazione a prestazioni lavorative, comportanti turni di lavoro di sette giorni consecutivi con riposo compensativo, il lavoratore chieda maggiori compensi di quelli già corrisposti in conformità al contratto collettivo, facendo valere specificatamente la maggiore gravosità della prestazione per lo spostamento del riposo settimanale, il giudice deve accertare, anche in difetto di una specifica eccezione in tal senso, se i compensi previsti dal contratto collettivo in relazione ad una siffatta distribuzione temporale abbiano anche la funzione di compensare tale tipo di gravosità, inerendo tale verifica alla fattispecie costitutiva della pretesa azionata" (cfr.

Cass. n. 3634/1996; Cass. n. 2303/1998; Cass. n. 15046/2003; Cass. n. 2610/2008).

Tale orientamento – giova rammentare – si ricollega alla nozione del riposo settimanale confermata dal giudice delle leggi (cfr. Corte Cost. n. 101/1975; Corte Cost. n. 65/1973; Corte Cost. n. 146/1971), che ha in proposito più volte ribadito che col termine "riposo settimanale" il Costituente intese esprimere sostanzialmente il concetto della periodicità del riposo, nel rapporto di un giorno su sei di lavoro, senza con ciò escludere la possibilità di discipline difformi in relazione alla diversa qualità e alla varietà dei tipi del lavoro, sempre che si tratti di situazioni idonee a giustificare un regime eccezionale, con riguardo ad altri apprezzabili interessi, e comunque non vengano superati i limiti di ragionevolezza …".

In tal contesto si è, quindi, precisato che "il lavoratore turnista che presti la propria opera per sette o più giorni consecutivi, pur godendo complessivamente di riposi in ragione di uno per settimana, ha diritto, oltre che ad un compenso per la penosità del lavoro domenicale, ad un distinto compenso per l’ulteriore penosità connessa al fatto di lavorare per più di sei giorni consecutivi, compenso che non può essere determinato con riferimento alle maggiorazioni previste per il lavoro straordinario, in quanto, essendo mediamente rispettata la cadenza di un giorno di riposo per ogni settimana di lavoro, il lavoro prestato nel settimo giorno consecutivo non è lavoro prestato in più rispetto a quello contrattualmente dovuto e non può pertanto essere qualificato come lavoro straordinario; i suddetti compensi possono cumularsi alla stregua di disposizioni pattizie che fissino globalmente un trattamento economico – normativo differenziato in considerazione delle caratteristiche della prestazione, trattamento rispetto al quale il giudice del merito deve accertare la congruità o meno dei compensi previsti in contratto e l’idoneità degli stessi a compensare anche la penosità del lavoro nel settimo giorno consecutivo" (cfr. Cass. n. 9521/2004; Cass. n. 2610/2008).

Tale indirizzo interpretativo, compendiato sinteticamente nell’affermazione che "il giudice deve accertare se secondo i meccanismi compensativi previsti dalla contrattazione collettiva sia assicurato un trattamento complessivo adeguato, ai sensi dell’ari. 36 Cost., in relazione al disagio di dovere aspettare più di sei giorni l’interruzione del lavoro e con correttivi per impedire l’eccessiva frequenza e lunghezza del periodo di lavoro non interrotto" è stato anche di recente confermato da questa Corte, pur con la precisazione, non certo estranea all’orientamento previgente, per cui il "trattamento differenziato" non deve essere esaminato "in un’ ottica di parcellizzazione dei diversi benefici goduti", ma "globalmente", in quanto tale, nel suo complesso, contrattualmente collegato allo specifico lavoro svolto in turni (cfr. Cass. n. 13674/2010, che ha confermato la decisione di merito che, con riferimento all’attività prestata dai tecnici di palcoscenico turnisti della Fondazione Teatro alla Scala, aveva verificato che fin dal contratto integrativo aziendale del 1989, per compensare il particolare atteggiarsi della prestazione lavorativa legata alle rappresentazioni teatrali, era stato previsto un particolare trattamento tendente a riequilibrare il disagio di dovere continuare l’attività lavorativa oltre il sesto giorno, con il vantaggio di una giornata di riposo in più al mese e di due giorni liberi consecutivi, stimando il trattamento stesso in valutazione globale con gli altri benefici economici, e ritenendo che essi garantissero un trattamento complessivo adeguato in relazione all’art. 36 Cost.).

Nel caso in esame la corte di merito, con valutazione correttamente motivata, ha accertato, provvedendo all’esame della contrattazione collettiva applicabile (contratti collettivi del comparto sanità del 1995, 1998 e 2001), che la stessa non ha previsto specifiche forme di remunerazione del riposo settimanale usufruito oltre il settimo giorno e che a tal fine non può nemmeno valorizzarsi la circostanza che il lavoratore possa usufruire di due giornate di riposo consecutive nella quinta settimana del mese, essendo rimasto incontestato che il rapporto lavoro- pausa è rimasto immutato, "nel senso che le due giornate consecutive scaturiscono dalla necessità di ripristinare il detto rapporto nel corso del mese, non già ad attribuire riposi ulteriori rispetto a quelli contrattualmente fissati".

Più in particolare, la corte barese ha dato atto che, sulla base di quanto disposto dall’art. 20 del CCNL del 16.9.1995, il numero dei riposi settimanali spettanti a ciascun dipendente è pari a 52 giornate all’anno indipendentemente dalle forme di articolazione dell’orario di lavoro, e che proprio tale dato conferma che, in quanto esteso a tutti i lavoratori, anche se non operanti su turni o che non prestano lavoro oltre il sesto, non si è in presenza di alcun specifico meccanismo compensativo, quale nemmeno può considerarsi l’indennità per il lavoro espletato nei giorni festivi, che compete a tutti i dipendenti, indipendentemente dalla coincidenza della loro prestazione col settimo giorno.

La decisione impugnata appare, pertanto, conforme all’insegnamento interpretativo di questa Suprema Corte, laddove le censure mosse col ricorso valorizzano circostanze, quale la specialità del lavoro ospedaliero o la conformità del trattamento erogato alle previsioni della contrattazione collettiva, che risultano irrilevanti alla luce dello stesso, per l’accertata impossibilità di individuare un trattamento idoneo a compensare, anche solo in via globale, il particolare disagio del lavoro prestato nelle condizioni indicate. Il ricorso va, pertanto, rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e vanno distratte in favore del difensore, che se ne è dichiarato anticipatario.
P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna al pagamento delle spese che liquida in Euro 14,00 per esborsi ed in Euro 800,00 per onorari, oltre a spese generali, IVA e CPA, con distrazione in favore dell’Avv.

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