T.A.R. Campania Napoli Sez. III, Sent., 18-03-2011, n. 1547 Questioni di legittimità costituzionale Rapporto di pubblico impiego

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La ricorrente espone nell’atto di ricorso:

– di provenire dai centri di formazione professionale presso i quali era impiegata;

– di aver partecipato al concorso previsto dalla legge regionale n. 32 del 1984, conseguendo la relativa idoneità per l’inquadramento nel ruolo speciale ad esaurimento previsto dalla legge n. 32 del 1984;

– che con legge regionale n. 14 del 1991 al personale della formazione professionale venne attribuito dall’1.9.1986 al 31.12.1991 il trattamento economico previsto dagli accordi collettivi e venne disposto il loro inquadramento nei ruoli regionali con decorrenza dall’1.1.1992;

– che con delibera della Giunta regionale n. 5331 del 1991, la normativa regionale è stata interpretata nel senso che per il periodo dall’1.9.1986 al 31.12.1991 dovesse essere attribuita solo la posizione giuridica ed economica e non anche l’inquadramento nei ruoli regionali, che avrebbe avuto decorrenza dall’1.1.1992.

Con l’ impugnativa sostiene:

1) l’illegittimità degli atti impugnati in quanto l’art. 4 della legge n. 14 del 1991 non ha abolito con efficacia ex tunc il ruolo speciale a esaurimento previsto dalla legge n. 32 del 1984;

2) la violazione della legge regionale n. 32 del 1984 e della legge n. 1369 del 1960 in quanto va riconosciuta la sussistenza del rapporto di impiego con la Regione Campania con il conseguente inquadramento dall’1.1.1973, data di trasferimento delle funzioni amministrative alle Regioni, ovvero, dalla data di instaurazione del rapporto a tempo indeterminato con il Centro di formazione professionale o in subordine dal 29.9.1981;

3) che vi sarebbe stata una disparità di trattamento rispetto ai dipendenti provenienti dal altri enti, in quanto la corretta decorrenza dell’inquadramento avrebbe consentito l’applicazione delle leggi regionali n. 11 e n. 52 del 1974 e del primo contratto per i dipendenti regionali approvato con legge regionale n. 1 del 1981, risultando del pari illegittimo il mancato riconoscimento di ogni effetto, ai fini di carriera, il periodo 1.9.1986 – 31.12.1991;

4) violazione dell’art. 1 della legge regionale n. 12 del 1991 e dell’art. 2 della legge n. 14 del 1991 in quanto con i provvedimenti impugnati per il periodo 1.1.1991 – 31.12.1991 si è erroneamente applicato un accordo nazionale la cui validità era limitata al triennio 1.1.1988 – 31.12.1990;

5) che, infine a diversamente opinare, le leggi regionali n. 14 del 1991 e n. 32 del 1984 sarebbero incostituzionali per contrasto con gli articoli 3, 97, 117 e 118 della Costituzione.

Si sono costituiti la Regione e la Commissione di Controllo sugli atti della Regione chiedendo il rigetto del ricorso.

Alla pubblica udienza del 24 febbraio 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e pertanto deve essere respinto.

La ricorrente impugna i decreti in epigrafe indicati e la delibera della giunta regionale n. 5331 del 25 luglio 1991 nella parte in cui fissano la decorrenza dell’inquadramento nei ruoli regionali dall’1.1.1992 sostenendo di avere diritto ad un inquadramento con decorrenza anteriore.

L’istante, proveniente dai centri di formazione professionale, è risultata idoneo all’esito della partecipazione al concorso indetto a mente della legge regionale 9 luglio 1984, n. 32. In attesa del definitivo inquadramento nel ruolo speciale ad esaurimento previsto da tale legge, il personale risultato idoneo è stato assunto temporaneamente dalla regione, in forza della delibera di Giunta regionale n. 3279 del 1986, con attribuzione del relativo trattamento economico a far data dalla assunzione effettiva in servizio (1 settembre 1986).

Perdurando la situazione di precarietà giuridica ed economica ed in mancanza dei formali provvedimenti di inquadramento ai sensi della legge regionale n. 32 del 1984, veniva emanata la legge regionale 18 luglio 1991, n. 14 – Modifiche ed integrazioni alla Legge Regionale 9 luglio 1984, n. 32 – che:

a) sopprimeva il ruolo regionale speciale ad esaurimento; b) inseriva il relativo personale nel ruolo ordinario del personale della Giunta regionale, anche se in soprannumero; c) individuava la decorrenza giuridica ed economica del nuovo inquadramento dal 1 gennaio 1992; d) sanava la situazione provvisoria dal 1 settembre 1986 al 31 dicembre 1991, con l’attribuzione del trattamento giuridico ed economico sancito dalla l. r. 16 novembre 1989, n. 23 sulla scorta della corrispondenza tra le qualifiche funzionali ed i relativi livelli funzionali.

Con la delibera n. 5331 del 1991, la Regione Campania ha inquadrato detto personale nei propri ruoli specificando che per il periodo 1.9.1986 al 31.12.1991 si trattava di attribuzione di posizione giuridica ed economica del personale in questione e non di inquadramento nei ruoli regionali, inquadramento che decorrerà dal 1.1.1992, secondo le prescrizioni della L.R. n. 14 del 1991.

La Corte Costituzionale, con sentenza del 20 aprile 2000, n. 109, ha dichiarato l’incostituzionalità, per contrasto con gli art. 3 e 97 Cost., dell’art. 2 commi 1 e 2 l. reg. Campania 18 luglio 1991 n. 14, in quanto irragionevolmente stabilisce, con efficacia retroattiva, una arbitraria equiparazione, "a tutti gli effetti", cioè sia quelli retributivi, sia quelli relativi all’anzianità pregressa, tra il complessivo trattamento giuridico ed economico spettante al personale che era già di ruolo e quello spettante a coloro che, nello stesso periodo di tempo, erano invece titolari di rapporti di lavoro di diversa natura.

La questione oggetto del presente giudizio è già stata risolta in senso negativo dalla giurisprudenza amministrativa (Consiglio di stato, Sez. IV, 8 maggio 2000, n. 2637 e sent. n. 2542 del 2004) anche di questa stessa sezione (T.A.R. Campania Napoli, sez. III, 25 gennaio 1999, n. 116) con argomentazioni che questo collegio condivide pienamente e che sono ulteriormente confermate dalla citata pronuncia di incostituzionalità.

Pertanto la pretesa dela ricorrente ad essere inquadrato nei ruoli regionali a far data dal trasferimento delle funzioni amministrative alla Regioni ovvero dalla data di iniziale assunzione presso il Centro di formazione professionale o in via subordinata dal 29.9.1981 deve essere respinta.

Come si è detto, in vigenza della legge reg. n. 32 del 1984, i relativi inquadramenti del personale proveniente dai centri di formazione professionale non furono mai attuati e successivamente la legge n. 14 del 1991 ha abrogato il ruolo speciale. Non può ritenersi pertanto, come sostenuto nel ricorso, che l’abolizione del ruolo speciale ad esaurimento debba essere intesa con effetti ex nunc, dal momento che il palese intendimento della legge regionale n. 14 del 1991 era proprio quello di ridisciplinare ex novo fattispecie alle quali la previgente normativa non aveva potuto essere applicata.

Infondata è anche la censura con la quale la parte ricorrente deduce la violazione della legge n. 1369 del 1960.

Essa sostiene, in sostanza, la violazione del divieto di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro, al fine di vedersi riconosciuto il rapporto di pubblico impiego con la Regione anche prima dell’1.9.1986 (sin dalla data del trasferimento delle funzioni amministrative alle Regioni ovvero dalla data di assunzione presso i Centri di formazione professionale) e quanto meno dal 29.9.1981, data alla quale il personale interessato all’inquadramento nel ruolo speciale ad esaurimento doveva esser già titolare di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con i Centri di formazione professionale di cui alle lettere b) e c) dell’art. 6 della l.r.c. n. 40 del 1977.

Si osserva al riguardo che, secondo la costante giurisprudenza, l’art. 1 della legge n. 1369 del 1960, a norma del quale i prestatori di lavoro occupati in violazione dei divieti posti in materia di intermediazione di mano d’opera sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze dell’imprenditore che abbia utilizzato effettivamente le loro prestazioni, pur applicandosi nei confronti della generalità degli Enti pubblici, deve intendersi riferito alle sole attività che presentino i tipici contenuti sostanziali dell’esercizio d’impresa: e, pertanto, non è invocabile quando, come nel caso di specie, venga in considerazione l’esercizio di funzioni istituzionali (Cfr. Cons. Stato, Sez. IV, sent. n. 968 del 1994).

D’altra parte, la legge quadro in materia di formazione professionale n. 845 del 1978 e la l.r. n. 40 del 1977 hanno previsto l’attuazione della formazione professionale, oltre che direttamente per mezzo di strutture pubbliche, anche mediante convenzioni con Enti privati dotati di particolari requisiti per l’accesso ai finanziamenti regionali. Ora, l’espressa previsione di un sistema misto pubblico e privato esclude che possa configurarsi un rapporto di pubblico impiego simulato: essendo l’interposizione espressamente ammessa dalla legge, come tale non può essere considerata fittizia (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, sent. n. 215 del 1991, confermata dal C.d.S., Sez. IV, con sent. n. 88 del 1992).

Con riferimento, poi, al preteso riconoscimento del servizio prestato presso gli Enti gestori della formazione professionale di provenienza, deve rammentarsi che con d.P.R. n. 10 del 15 gennaio 1972, le funzioni amministrative degli organi centrali e periferici dello Stato in materia di istruzione professionale sono state trasferite alle Regioni a statuto ordinario.

La competenza regionale in materia di formazione professionale non importa peraltro che il relativo servizio debba essere necessariamente imputato alla Regione, della quale sarebbero organismi dipendenti o strumentali quelli preordinati ad erogare lo stesso servizio.

Infatti, la formazione professionale potrebbe essere organizzata mediante lo schema del servizio pubblico oggettivo; questo potrebbe essere costituito da organismi costituiti secondo scelte autonome, individuali o associative, e programmati nonché controllati dalla Regione (cfr. Cons. Stato, Sez. V, sent. n. 88 del 1996 cit.).

Tale tipologia è stata scelta dalla Regione Campania con l.r. n. 40 del 1977, il cui art. 1 (come sostituito con l.r. n. 62 del 1981) dispone nel senso della libertà di esercizio dell’attività di formazione professionale, sia pure sotto il controllo e direzione della Regione, in piena adesione ai principi posti dalla legge cornice 21 dicembre 1978 n. 845 (cfr. artt. 2, 3, e 5).

In particolare, l’art. 6 della l.r. n. 40 del 1977 ha individuato quali strutture formative, per il tramite delle quali attuare i programmi regionali di formazione professionale, le seguenti:

a) centri regionali di formazione professionale;

b) organismi di addestramento professionale, costituiti in base a decisioni espressione di autonomia privata o associativa (organismi di origine sindacale, imprenditoriale, consorziale, etc.).

Solamente per i centri sub a) la l.r. n. 40 del 1977 ha disciplinato l’organizzazione (art. 14), demandando alla G.R. la determinazione dell’organico del personale, e (art. 25) il (re)inquadramento (cfr., anche, l’articolo unico della l.r. 4 maggio 1979 n. 20) del personale già posizionato nei livelli funzionali della carriera esecutiva e di quello docente tecnicopratico, in possesso di licenza media o titolo equipollente, inquadrato nel livello esecutivo.

Per il personale dipendente dagli organismi privati di formazione professionale, la l.r. n. 40 del 1977 ha, invece, previsto la formazione di un Albo regionale (poi istituito con l.r. 22 aprile 1982 n. 24, art. 1), avente essenzialmente una funzione di garanzia della competenza degli operatori e la cui appartenenza non dimostra assolutamente l’esistenza di un rapporto di impiego con la Regione, ma costituisce tramite necessario, nel rispetto delle leggi sul collocamento, per l’assunzione presso gli Enti gestori della formazione professionale.

Ne discende, pertanto, l’eterogeneità del rapporto d’impiego con i Centri di formazione professionale rispetto a quello instaurato con la Regione (recte: con i centri regionali di formazione professionale). Il primo rapporto fu costituito con i centri, espressione di autonomia privata o associativa in genere; il secondo concerne invece l’amministrazione pubblica a livello regionale.

Tutta la normazione regionale sopravvenuta alla legge n. 40 del 1977 non crea alcun processo di omogeneizzazione, ma lascia nettamente distinte le posizioni dei due tipi di personale sopracitato; mentre è solamente con il superamento del concorso previsto dall’art. 2 della l.r. n. 32 del 1984, che i dipendenti dei centri gestiti dagli organismi di cui alle lett. b) e c) della l.r. n. 40 del 1977, conseguono lo status di dipendenti regionali, con applicazione del relativo trattamento giuridico ed economico (art. 3, comma 2, l.r. n. 32 del 1984; art. 2, comma 1, l.r. n. 14 del 1991).

Non possono pertanto essere invocati, ai fini della legittimazione al riconoscimento dell’anzianità di servizio maturata presso i centri di addestramento professionale di provenienza, le disposizioni della l.r. n. 40 del 1977 e della l.r. n. 19 del 1981. Difatti:

1) l’art. 25 della l. n. 40 del 1977 riguarda il personale docente ed amministrativo dei Centri regionali di formazione professionale già inquadrato nella carriera esecutiva (comma 1), ovvero nel livello esecutivo ed in possesso di licenza media o titolo equipollente (comma 2);

2) la l.r. n. 19 del 1981 prevede l’ipotesi che venga revocato, per inadempimento dell’organismo associativo gestore, l’affidamento dei corsi di addestramento professionale, stabilendo, per tale evenienza, che l’analogo Ente subentrante nelle attività formative deve assorbire il personale già operante nelle attività trasferite, il quale personale conserva i diritti giuridicoeconomici già quesiti; la norma, dunque, esclude ogni soluzione di continuità nel rapporto lavorativo dei citati dipendenti in occasione del mutamento del relativo datore di lavoro che, come il precedente, non ha natura di soggetto pubblico.

Tale previsione normativa non è conseguentemente invocabile ai fini di supportare la pretesa azionata al riconoscimento dell’anzianità pregressa successivamente all’inquadramento nei ruoli regionali.

Né, in conseguenza, possono trovare accoglimento le dedotte censure di disparità di trattamento rispetto alle posizioni di dipendenti di altri enti poi assorbiti nei ruoli regionali, in quanto le diverse situazioni risultano regolate da diverse fonti primarie. Inoltre, la mancata applicazione dei contratti precedenti la data di immissione in ruolo costituisce il naturale effetto giuridico di quest’ultimo provvedimento.

Risultano manifestamente infondate, in relazione agli artt. 3, 36, 97, 117 e 118 Cost., le questioni di legittimità costituzionale delle leggi regionali campane 9 luglio 1984 n. 32 e 18 luglio 1991 n. 14 laddove non prevedono per il personale dipendente della formazione professionale un trattamento omogeneo con quanto in precedenza stabilito dal legislatore regionale in materia, e ciò in quanto, come detto, il raffronto è operato tra categorie non omogenee di dipendenti destinatarie di specifiche disposizioni e che versano in posizioni sostanzialmente diverse, sia per la natura giuridica del rapporto di lavoro che per la configurazione della personalità giuridica degli Enti datori di lavoro.

Il principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost., infatti, evolve nel principio di ragionevolezza delle leggi che costituisce un limite al potere discrezionale del legislatore al fine di impedirne un esercizio arbitrario ed esige che le disposizioni normative contenute in atti aventi valore di legge siano adeguate e congruenti rispetto al fine perseguito dal legislatore, sicché si ha violazione della ragionevolezza quando un trattamento discriminatorio, con questo intendendosi anche la parificazione di situazioni diverse, sia in contraddizione con il pubblico interesse perseguito; nel caso di specie, invece, non è dato rilevare né un trattamento discriminatorio, né tantomeno un contrasto con l’interesse pubblico cui è naturalmente preordinata l’attività legislativa.

Inoltre, come già rilevato da questa Sezione (cfr. la sent. n. 4206 del 2002), non è certamente in contrasto con il dettato costituzionale la previsione legislativa di procedere all’inquadramento in data non antecedente all’eventuale superamento della prova concorsuale.

Il valore preminente dell’accesso all’impiego pubblico mediante concorso è stato evidenziato, tra l’altro, dalla sentenza della Corte costituzionale n. 320 del 30 ottobre 1997 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, per violazione dell’art. 97 Cost., dell’art. 1, comma 1, della delibera legislativa della Regione Molise riapprovata il 7 maggio 1996 la quale, disponendo a favore dei dipendenti regionali il riconoscimento a fini giuridici ed economici, con la decorrenza da esso stabilita, del "servizio comunque prestato" anteriormente all’inquadramento in ruolo e sulla base di rapporti giuridici della più varia natura, finisce con lo stabilire un’equiparazione arbitraria ed irragionevole di situazioni disomogenee e si risolve in un ingiustificato privilegio, suscettibile di compromettere la posizione di chi sia stato fin dall’origine assunto a seguito di regolare concorso pubblico.

In definitiva il ricorso va interamente respinto.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

a)rigetta il ricorso:

b)condanna parte ricorrente al rimborso, in favore delle Amministrazioni resistente, delle spese di giudizio che liquida in complessivi euro 1.000,00# (euro mille/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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