Cass. civ. Sez. II, Sent., 08-06-2011, n. 12526 evizione

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Svolgimento del processo

Con citazione ritualmente notificata D.P.L.L. conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Pescara Pavoni A & C. snc riferendo che in data 23.1.1986 aveva acquistato l’autovettura Suzuki SI 410, (OMISSIS), già (OMISSIS), per il prezzo di L. 14.480.000, colpita da sequestro penale dei G.I. di Verbania nel procedimento penale n. 252/86 contro tal D.V., per contrabbando ed altro, sequestro eseguito l’11.12.1986, per cui chiedeva la restituzione del prezzo, con rivalutazione ed interessi.

La convenuta resisteva, dopo aver chiesto la sospensione del giudizio in attesa della definizione di quello penale, deducendo di avere acquistato l’autovettura con regolare fattura dalla ditta importatrice Angelo Ferrero di Borgonovo, con documenti regolari, riconosciuti dalla motorizzazione e dalla dogana, aggiungendo che il sequestro penale era solo una misura cautelare che non giustificava la risoluzione per inadempimento.

Il giudice adito, sezione stralcio, con sentenza n. 8/00 rigettava la domanda, che invece, veniva accolta dalla Corte di appello di L’Aquila, con sentenza n. 425/04, che rilevava come al sequestro era seguita la confisca, peraltro obbligatoria, e non aveva alcun rilievo lo stato soggettivo dell’appellata, attesa la totale evizione del mezzo acquistato.

Ricorre srl Pavoni già snc con quattro motivi, illustrati da memoria, non svolge difese controparte.
Motivi della decisione

Rileva in via preliminare la Corte che il ricorso è proposto dalla srl Pavoni già snc, senza produrre od indicare l’atto di trasformazione, al fine della prova della legittimazione all’impugnazione che, per giurisprudenza consolidata, deve essere proposta dalla parte indicata nella sentenza di appello.

L’identità del rappresentante legale e della partita Iva induce, tuttavia, a superare il rilievo formale ed a passare al merito del ricorso, col quale, nel primo motivo si lamenta violazione dell’art. 112 c.p.c. perchè con la comparsa di costituzione in appello si era eccepita la novità della domanda di risoluzione per evizione proposta in appello mentre in primo grado si era chiesta la restituzione del prezzo.

Col secondo motivo si lamenta violazione dell’art. 345 c.p.c. per le stesse ragioni del primo mezzo; col terzo motivo si deduce omessa o insufficiente motivazione, riportando la comparsa di risposta in appello e rilevando che in atti non vi è la prova del definitivo provvedimento di confisca.

Col quarto motivo si lamenta violazione dell’art. 240 c.p. e dell’art. 2697 c.c. perchè si ha evizione solo quanto la perdita del diritto avvenga dopo la vendita e nella specie la vendita era stata illegittimamente disposta dalla dogana senza la preventiva notifica del provvedimento di confisca e la Pavoni poteva essere chiamata a prestare la garanzia nel caso in cui l’appellante fosse stato in grado di dimostrare che, a seguito della confisca, si era effettivamente verificata l’evizione.

Le censure non meritano accoglimento essendo inidonee ad inficiare la decisione, sopra riportata.

Il giudizio di legittimità non può consistere nella riproposizione di quanto precedentemente dedotto ma deve specificamente indicare le violazioni di legge od i vizi logici della motivazione.

Perchè sia rispettata la prescrizione desumibile dal combinato disposto dell’art. 132 c.p.c., n. 4 e degli artt. 115 e 116 c.p.c., non si richiede al giudice del merito di dar conto dell’esito dell’avvenuto esame di tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettategli, ma di fornire una motivazione logica ed adeguata dell’adottata decisione evidenziando le prove ritenute idonee e sufficienti a suffragarla ovvero la carenza di esse.

Nella specie, per converso, le esaminate argomentazioni non risultano intese, nè nel loro complesso nè nelle singole considerazioni, a censurare le rationes decidendi dell’impugnata sentenza sulle questioni de quibus, bensì a supportare una generica contestazione con una valutazione degli elementi di giudizio in fatto difforme da quella effettuata dal giudice a qua e più rispondente agli scopi perseguiti dalla parte, ciò che non soddisfa affatto alla prescrizione di legge, in quanto si traduce nella prospettazione d’un’istanza di revisione il cui oggetto è estraneo all’ambito dei poteri di sindacato sulle sentenze di merito attribuiti al giudice della legittimità, onde le argomentazioni stesse sono inammissibili, secondo quanto esposto nella prima parte delle svolte considerazioni.

In particolare la sentenza impugnata riferisce che già in primo grado, rispetto ad una domanda di restituzione del prezzo, la convenuta aveva dedotto non potersi invocare la risoluzione per inadempimento, pagina tre, e, ne riportare le conclusioni delle parti, pagina due, riferisce della domanda dell’appellante al pagamento della somma di L. 14.480.000 oltre accessori, e della difesa del convenuto per l’inammissibilità od infondatezza.

Donde nessuna modifica in appello della domanda originaria, qualificata come risoluzione anche in primo grado dalla convenuta, ed il rigetto dei primi due motivi.

Sul terzo motivo l’asserita assenza di prova del provvedimento di confisca comporta la deduzione di un errore revocatorio in contrasto con quanto dichiarato dalla Corte di appello mentre il quarto motivo, sostanzialmente nuovo, deduce una tesi non condivisibile anche perchè la eventuale nullità degli atti precedenti la vendita non rileva ( art. 2929 c.c.).

In definitiva il ricorso va rigettato, senza pronunzia sulle spese, attesa la mancata costituzione di controparte.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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