T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., 18-03-2011, n. 751

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ricorso depositato il 10 febbraio 2011, il ricorrente ha impugnato il decreto del Prefetto di Milano del 10.11.2010, notificatogli il giorno 24 novembre 2010, con il quale è stato respinto il ricorso gerarchico presentato contro il decreto di ammonimento adottato del Questore di Milano, ex artt. 7 e 8 della Legge 38/2009, in ragione del compimento di atti persecutori nei confronti della sig.ra P.D.M.. Il ricorrente ha chiesto al Tribunale di disporne l’annullamento, previa sua sospensione incidentale, perché viziato da eccesso di potere e violazione di legge.

Si è costituito in giudizio il MINISTERO DELL’INTERNO, chiedendo il rigetto del ricorso.

2. Preliminarmente, ritiene il Collegio che il giudizio possa essere definito con sentenza in forma semplificata, emessa ai sensi dell’art. 26 l. 6.12.1971 n. 1034, come modificato dall’art. 9 l. 21.07.2000 n. 205, adottata in esito alla camera di consiglio per la trattazione dell’istanza cautelare, stante l’integrità del contraddittorio, l’avvenuta esaustiva trattazione delle tematiche oggetto di giudizio, nonché la mancata enunciazione di osservazioni oppositive delle parti, rese edotte dal Presidente del Collegio di tale eventualità.

3. Il ricorso è infondato.

3.1. Ritiene il Collegio che sussistano, nella specie, i presupposti per le misure amministrative introdotte dal d.l. 23 febbraio 2009 n. 11 (convertito, con modificazioni, in legge 23 aprile 2009 n. 38), al fine di assicurare una maggiore tutela della sicurezza della collettività, a fronte dell’allarmante crescita degli episodi collegati alla violenza sessuale, attraverso l’introduzione di una disciplina organica in materia di atti persecutori.

3.2. In particolare, ai sensi dell’art. 8, fino a quando non è proposta querela per il reato di atti persecutori di cui all’articolo 612bis del codice penale (introdotto dall’articolo 7 dello stesso decreto legge), la persona offesa può avanzare richiesta al Questore di ammonimento nei confronti dell’autore di condotte persecutorie. Sono considerate tali quelle reiterate con cui chiunque minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.

3.3. La richiesta è trasmessa senza ritardo al questore il quale, assunte se necessario informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti, ove ritenga fondata l’istanza, ammonisce oralmente il soggetto nei cui confronti è stato richiesto il provvedimento, invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge e redigendo processo verbale. Copia del processo verbale è rilasciata al richiedente l’ammonimento e al soggetto ammonito. Il questore valuta anche l’eventuale adozione di provvedimenti in materia di armi e munizioni. Si prevede che la pena per il delitto di cui all’articolo 612bis del codice penale sia aumentata se il fatto è commesso da soggetto già ammonito e che si proceda d’ufficio al suo accertamento.

3.4. La finalità dell’ammonimento è di dissuadere il persecutore dal persistere nel suo atteggiamento in una fase prodromica in cui, pur non attingendo la sua condotta la soglia della rilevanza penale, tuttavia, già si intravedono elementi di rischio di una possibile escalation criminale; ovvero ancora, per dare alla vittima, familiare del persecutore o comunque ad egli legata da vincolo affettivo, restia ad una denuncia penale per motivi di solidarietà ed affetto, la possibilità di richiamare l’aggressore ad una condotta più prudente e non lesiva.

3.5. Con riguardo ai rapporti con il procedimento penale, è stato sottolineato come il ben diverso peso delle conseguenze dell’ammonimento e dei provvedimenti del giudice penale giustificano il diverso spessore dell’attività investigativa che si richiede nelle due ipotesi. Non è necessario, ai fini dell’ammonimento, che si sia raggiunta la prova del reato, essendo sufficiente fare riferimento ad elementi dai quali è possibile desumere un comportamento persecutorio o gravemente minaccioso che ha ingenerato nella vittima un forte stato di ansia e di paura. Diversamente opinando, ovvero se si richiedesse alla vittima di fornire prove tali da poter resistere in un giudizio penale, la previsione dell’ammonimento avrebbe scarse possibilità di applicazione pratica, atteso che le condotte integranti lo stalking, per loro natura, si consumano spesso in assenza di testimoni. La disciplina normativa è, infatti, chiara nel delimitare i poteridoveri del Questore in materia, prescrivendo che questi assuma "se necessario informazioni dagli organi investigativi" e senta "le persone informate dei fatti", al fine di formarsi un prudente convincimento circa la fondatezza dell’istanza (TAR SICILIA – CATANIA, SEZ. IV – sentenza 29 aprile 2010 n. 1289). In definitiva, il Questore deve soltanto apprezzare discrezionalmente, sulla base dei fatti esposti e degli elementi probatori forniti dal richiedente e degli altri che ritiene di acquisire dagli organi investigativi e dall’audizione delle persone informate sui fatti, la fondatezza dell’istanza, raggiungendo una ragionevole certezza sulla plausibilità e verosimiglianza delle vicende ivi esposte, senza che sia necessario il compiuto riscontro dell’avvenuta lesione del bene giuridico tutelato dalla norma penale incriminatrice (nel caso in esame, la libertà morale, compromessa dallo stato di ansia e timore che impedisce alla vittima di autodeterminarsi senza condizionamenti).

4. Tanto premesso, ritiene il Collegio che il caso concreto qui in discussione sia pienamente sussumibile nella fattispecie legale. Il provvedimento impugnato (motivato in ragione delle "manifestazioni vessatorie iniziate approssimativamente del mese di marzo 2009 e proseguite sino ad oggi, caratterizzate mediante l’invio di numerosi messaggi SMS, appostamenti sotto casa dell’esponente, ingiurie e minacce avvenute anche in presenza della loro figlia di anni 13 nonché atti di violenza fisica nei confronti dell’esponente"; e anche sulla circostanza che "a causa di tali comportamenti la ricorrente è stata costretta a modificare le proprie abitudini di vita"), adottato dal Questore e confermato dal Prefetto, trova origine nell’esposto depositato dalla sig.ra P.D.M., moglie del ricorrente da lui separata e con lui non più convivente (cfr. doc. 4 – all. resistente), nel quale si rappresentava che, a partire dalla gennaio 2010, quando la stessa aveva comunicato l’intenzione di separarsi legalmente a causa dell’eccessiva gelosia del marito, quest’ultimo aveva iniziato a picchiarla ed ingiuriarla pesantemente anche in presenza della figlia minore; la ricorrente aveva allora deciso, alla fine di febbraio 2010, di stabilirsi presso l’abitazione di un’amica e di recarsi ogni giorno presso il suo vecchio domicilio al solo fine di accudire la figlia, rimasta con il padre e di sbrigare le faccende domestiche; da quel momento, deduceva la signora MESQUITA, il ricorrente avrebbe iniziato a perseguitarla, telefonando ad ogni ora del giorno e della notte, minacciandola che, se non fosse tornata con lui, avrebbe chiamato gli assistenti sociali per farle togliere la bambina; l’atteggiamento aggressivo del marito avrebbe indotto la stessa a ritirare due atti presentati contro di lui presso il commissariato di Sesto San Giovanni, consistenti nell’esposto del 6 febbraio 1010 (in cui si riferisce di un’aggressione con un calcio al braccio ed ingiurie verbali), e nella querela per lesioni, minacce ed ingiuria sporta in data 18 febbraio 1010 (a seguito di una colluttazione tra il padre della moglie ed il ricorrente avvenuta alla presenza della figlia minore; si racconta, in particolare, che il ricorrente non voleva più ospitare in casa i genitori della moglie, giunti da Brasile in visita, e ciò causava una lite sfociata poi in una colluttazione tra il padre della richiedente ed il ricorrente: cfr. in atti, nota della Prefettura di Milano del 7 febbraio 2011, con relativi allegati).

L’attendibilità di tale condizione di estrema tensione, quale emerge nella predetta versione offertane dalla sig.ra M., è corroborata dalle precedenti querele sporte, dalle dichiarazioni raccolte dalla sig.ra S.R.A.M. escussa a sommarie informazioni dal personale delle forze dell’ordine (la quale, pur non essendo testimone diretta delle condotte persecutorie, ha riportato le confidenze raccolte in più occasione dalla ricorrente circa gli episodi di morbosa gelosia, le prevaricazioni e gli insulti subiti dal marito), dalle annotazioni del caposcorta della volante che aveva fermato la ricorrente dopo averla vista attraversare con la macchina un incrocio semaforico con luce rossa (quest’ultima giustificandosi per la necessità di accompagnare il di lei padre presso il pronto soccorso, a seguito della lite con il marito: cfr. in atti, nota della Prefettura di Milano del 7 febbraio 2011, con relativi allegati).

4.1. Quelle ascritte al ricorrente, senza dubbio, sono condotte che, per numero e modalità, sono verosimilmente suscettibili di comportare un "perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero il fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva". Sussistono, dunque, sia il profilo della reiterazione ossessiva di condotte vessatorie, sia l’idoneità a ingenerare il fondato timore per l’incolumità propria e del prossimo congiunto. La decisione resa su ricorso gerarchico così come il provvedimento di ammonimento, oltre che adeguatamente motivati con la sintetica descrizione delle manifestazioni vessatorie ascritte, sono del tutto coerenti con le risultanze della scrupolosa istruttoria svolta dalle Forze dell’Ordine.

4.2. Tale quadro di pericolosità non è per nulla sconfessato dal provvedimento del Presidente del Tribunale di Monza che ha disposto l’affidamento congiunto della minore ed il suo collocamento presso il padre; difatti, il provvedimento impugnato si fonda sul timore per la sicurezza della moglie e non della figlia.

4.3. La carenza di contraddittorio procedimentale lamentata dal ricorrente per il fatto di non essere stato sentito personalmente, non può ridondare nella illegittimità dell’atto. Basti riflettere sulla circostanza che l’istante, nel corso del procedimento giudiziale, ha avuto ampia facoltà di portare a conoscenza dell’amministrazione tutti gli elementi idonei a rappresentare la diversa connotazione della situazione posta a base del provvedimento impugnato.

4.4. Sotto altro profilo, la natura cautelare e di immediato presidio alle condizioni di sicurezza, peculiare al provvedimento per cui è causa, esclude, per le ragioni di celerità peculiari al procedimento, l’obbligo di preventivo avviso previsto dall’art. 7, l. n. 241 del 1990.

4.5. Da ultimo, con riguardo alla ulteriore censura formulata, è sufficiente ricordare che l’art. 3 comma 3, l. 7 agosto 1990 n. 241, nel consentire la motivazione "per relationem", non impone la materiale messa a disposizione o la contestuale comunicazione degli atti richiamati, essendo sufficiente l’indicazione dei medesimi atti, visto che la legge concede all’interessato la possibilità di richiederne l’accesso.

5. Le spese di lite seguono la soccombenza come di norma, pur dovendo il Collegio, ai fini della liquidazione, tener doverosamente conto del fatto che la difesa erariale si è costituita con memoria di puro stile.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

RIGETTA il ricorso;

CONDANNA il ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore dell’amministrazione resistente che si liquida in Euro 350,00;

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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