Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 08-06-2011, n. 12465 U. S. L. trattamento economico

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 23,6/24.8.2006 la Corte di appello di Ancona confermava la sentenza resa dal Tribunale di Fermo il 19.12.2003, impugnata da I.L. e M.A., che aveva rigettato la domanda da questi proposta nei confronti dell’Azienda Sanitaria Unica Regionale per il riconoscimento ed il pagamento dell’indennità di piena disponibilità di cui al D.P.R. n. 270 del 2000, art. 45, lett. b). Osservava la corte territoriale che i ricorrenti non avevano diritto all’indennità, in quanto l’attività di medici convenzionati di assistenza privata non era dagli stessi svolta in via esclusiva, per essere titolari anche di un rapporto di lavoro dipendente con l’Azienda in qualità di ex medici condotti.

Per la cassazione della sentenza propongono ricorso L. I. e M.A. con tre motivi. Resiste con controricorso l’Azienda Sanitaria Unica Regionale.
Motivi della decisione

Con il primo motivo, svolto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, i ricorrenti lamentano violazione di norme di diritto ( art. 97 Cost., del D.P.R. n. 270 del 2000, artt. 25, 44 e 45) rilevando che l’esclusività del rapporto di lavoro del medico convenzionato trova giustificazione nell’esigenza di evitare concreti conflitti di interesse fra il medico e l’azienda sanitaria, con riferimento ad ulteriori attività dallo stesso svolte, laddove, nel caso, l’intera attività lavorativa era stata svolta, seppur a diverso titolo, in favore esclusivamente dell’azienda.

Con il secondo motivo i ricorrenti prospettano ancora violazione di norme di diritto ( art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione al D.P.R. n. 270 del 2000, artt. 35, comma 1 e art. 2 Cost. e D.P.R. n. 270 del 2000, artt. 44 e 45) ed, al riguardo, osservano che una interpretazione costituzionalmente orientata dal favor lavoratoris avrebbe dovuto indurre al riconoscimento dell’indennità di piena disponibilità.

Con l’ultimo motivo, infine, i ricorrenti denunciano violazione del D.P.R. n. 270 del 2000, artt. 44 e 45 e del D.P.R. n. 484 del 1996, art. 45, comma b, lamentando la mancanza di qualsiasi accertamento in ordine alle modalità di svolgimento delle ulteriori prestazioni svolte e della loro concreta compatibilità con l’impegno professionale in favore del servizio sanitario nazionale.

Il ricorso è inammissibile per mancanza dei quesiti prescritti dall’art. 366 bis c.p.c.. La sentenza impugnata è stata pubblicata, infatti, successivamente al 2 marzo 2006, e, quindi, risulta soggetta ratione temporis alla disposizione in esame, introdotta dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 2 la quale, come noto, è stata successivamente abrogata dalla Legge di Riforma 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1, lett. d), con effetto a decorrere dal 4 luglio 2009. Ai sensi, tuttavia, della stessa legge, art. 58, comma 5 tale ultima disposizione si applica solo "alle controversie nelle quali il provvedimento impugnato con il ricorso per cassazione è stato pubblicato ovvero, nei casi in cui non sia prevista la pubblicazione, sia stato depositato successivamente all’entrata in vigore della legge" stessa. Ne deriva che nel periodo ricompreso fra l’introduzione dell’art. 366 bis c.p.c. e la sua abrogazione, risulta rilevante, ai fini della permanenza, in via transitoria, del precetto, la data di pubblicazione del provvedimento impugnato col ricorso per cassazione, che, ove anteriore al 4 luglio 2009, comporta l’obbligo per la parte ricorrente della formulazione del quesito di diritto, a pena di inammissibilità, rilevabile d’ufficio. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese che liquida in Euro 24,00 per esborsi ed in Euro 2.000,00 per onorari, oltre a spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 28 aprile 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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