Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 15-02-2011) 23-03-2011, n. 11567

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persona del Dott. MONETTI Vito che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo

Con sentenza 7.10.2008 il Tribunale monocratico di Mondovì dichiarava non doversi procedere per intervenuta remissione di querela, nei confronti di M.A., imputato del reato di cui all’art. 646 c.p., art. 61 c.p., n. 11 (per essersi appropriato della somma di Euro 500,00, appartenente a Q. A., di cui aveva il possesso a titolo di acconto per la mediazione ralativa all’affitto di un appartamento; con l’aggravante di aver commesso il fatto con abuso di prestazione d’opera).

In riforma di tale sentenza, la Corte d’Appello di Torino, con sentenza 5.5.2010, in accoglimento dell’appello del P.G., rilevato che l’aggravante contestata di cui all’art. 61 c.p., n. 11, non esclusa dal primo giudice, rendeva il reato procedibile di ufficio e, quindi, inefficace la remissione di querela presentata dalla parte lesa, condannava l’imputato alla pena di un mese di reclusione ed Euro 100,00 di multa, concessa l’attenuante dell’art. 62 c.p., n. 6 equivalente alla recidiva ed all’aggravante.

Il M., tramite difensore, ha proposto ricorso per cassazione avverso quest’ultima sentenza deducendo: 1) in relazione alla domanda principale di assoluzione dell’imputato "perchè il fatto non sussiste e/o non costituisce reato", la Corte d’Appello aveva erroneamente applicato l’art. 646 c.p., posto che, nella specie, non vi era stata " interversio possessionis" della somma in questione (consegnata dal Q. all’imputato per un contratto di affitto che non si era poi concluso) e che il M. aveva assicurato il Q. che avrebbe restituito il denaro, come avvenuto, in data 12.2.2007, allorchè aveva potuto disporre dei dati per il bonifico della somma in favore del querelante;

sul punto, sull’elemento soggettivo del reato contestato e sulla configurabilità del fatto come mero illecito civile, la sentenza impugnata era priva di ogni motivazione; peraltro, erroneamente era stata applicata l’aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 11 in relazione alla qualità di agente immobiliare dell’imputato, in assenza di un rapporto fiduciario con la persona offesa; 3) mancanza, insufficienza e contraddittorietà della motivazione sulla sussistenza del reato ascritto, per le ragioni suddette, nonchè sull’aggravante contestata, esclusa dal giudice di primo grado, benchè "per mera dimenticanza materiale" non ne avesse fatto menzione in sentenza.
Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato. La Corte territoriale ha correttamente dato conto della sussistenza del reato di appropriazione indebita aggravata ex art. 61, n. 11, sulla base della testimonianza dettagliata della persona offesa e della documentazione prodotta, comprovanti la dazione della somma in questione, in data 12.10.06, a titolo di acconto per il pattuito procacciamento, al Q., di un appartamento in affitto, somma indebitamente trattenuta dal M. fino al 12.2.07.

In particolare, secondo la ricostruzione della vicenda, accertata dai giudici di merito e riportata in sentenza, l’imputato aveva omesso di restituire la somma ricevuta a titolo di anticipo, non presentandosi all’appuntamento a tal fine concordato con il Q. e non rispondendo ai numeri di telefono che aveva fornito a quest’ultimo, comportamento che avevano indotto il Q. stesso a denunciare, in data 11.11.06, il M. per il reato di appropriazione indebita.

La configurabilità della intervenuta "interversio possessionis" della somma in questione è stata correttamente rapportata a detta condotta dell’imputato, significativa della volontà di far proprio l’acconto ricevuto, restituita solo a seguito della presentazione della denuncia – querela della parte offesa.

La ricorrenza di detta aggravante risulta congruamente motivata con riferimento all’abuso di prestazione d’opera, derivante dall’attività di mediatore svolta dal M.. Secondo la giurisprudenza della S.C., ai fini della ricorrenza dell’aggravante stessa, è sufficiente l’esistenza di un qualsiasi rapporto, anche di mero fatto, da cui sia derivato, in capo all’agente, il possesso della cosa e che ne abbia consentito l’appropriazione mediante con approfittamento della particolare fiducia in lui riposta (Cass. n. 3924/2004; n. 11655/99).

Alla stregua di quanto osservato va dichiarata l’inammissibilità del ricorso.

Consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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