Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 15-02-2011) 23-03-2011, n. 11566 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

A.N., tramite difensore, ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza, in data 6.5.2010, con cui la Corte d’Appello di Torino, in parziale riforma della sentenza 29.3.2006 del Tribunale di Aosta, riconosciute le attenuanti generiche, riduceva a mesi 9 di reclusione ed Euro 300,00 di multa la pena inflitta all’ A. per il reato di truffa (perchè, in concorso con persona rimasta sconosciuta, presentandosi come socio della "Massucco e Company s.n.c", risultata inesistente e fornendo una inesistente partita IVA, consegnava a C.G., come prezzo per il pagamento di capi di abbigliamento, due assegni bancari non pagabili, perchè rispettivamente emessi su conto estinto e su conto mancante di provvista, così procurandosi l’ingiusto profitto per l’importo di circa Euro 6.300,00). Il ricorrente chiedeva l’annullamento della sentenza impugnata deducendo:

1) mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, laddove la Corte territoriale aveva ritenuto l’imputato partecipe dell’accordo criminoso, mentre dalla ricostruzione oggettiva dei fatti emergeva che tale accordo si era già concluso nel momento della sua presenza nel negozio della p.o., verificatasi solo per la determinazione della data di consegna della merce;

peraltro la p.o. aveva ricevuto l’assegno di Euro 1.800,00, sottoscritto dall’ A., nella consapevolezza che fosse stato emesso a favore di un precedente beneficiario con la firma di girata;

2) illogicità della motivazione in merito alla subordinazione del beneficio della sospensione condizionale della pena al risarcimento dei danni partiti dalla p.c.; nonostante fosse stato ribadito nella sentenza impugnata che l’imputato non "offre alcuna garanzia di essere solvibile" detto beneficio era stato ugualmente subordinato al pagamento della provvisionale liquidata, così da negare, in concreto e de plano, la sospensione condizionale della pena;

3) illogicità della motivazione sulla mancata concessione delle attenuanti generiche nella loro massima estensione, considerato che era stato ritenuto prevalente il parametro soggettivo della limitata capacità a delinquere dell’agente.
Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato.

Il ricorrente si è limitato a reiterare, sotto il profilo del vizio di motivazione, questioni già risolte dalla Corte territoriale con corretta e logica motivazione, come tale, incensurabile in sede di legittimità. In particolare, sulla base dei fatti accertati e della valutazione delle prove effettuata dal primo giudice, con la sentenza impugnata è stato dato conto del ruolo attivo svolto dall’imputato nella vicenda in esame, laddove è stato evidenziato che lo stesso assieme al coimputato M., aveva visionato la merce ed aveva contribuito a rafforzare l’affidamento della persona offesa "convinta della affidabilità della Massucco & Company s.n.c. indicata come acquirente della merce"; i giudici di appello hanno, poi, motivato la irrilevanza della firma di girata apposta sul retro di un titolo prima della girata per l’incasso, dal momento che si trattava di uno scarabocchio illeggibile in merito al quale l’ A., in sede dibattimentale, non aveva fornito alcuna spiegazione. Il diniego della concessione delle attenuanti generiche nella massima estensione è stata pure adeguatamente motivato in relazione alla gravità del fatto sicchè, sul punto, è inammissibile la censura del ricorrente, risolvendosi la stessa in una valutazione di merito, in tema di congruità della pena irrogata, esulante dal sindacato di legittimità.

Quanto alla doglianza sub 2) va ribadita la corretta applicazione dell’art. 165 c.p., posto che la conferma della subordinazione del beneficio della sospensione condizionale della pena al pagamento; in favore della parte civile; delle somme liquidate in sentenza, è stato correttamente motivata col fatto che l’imputato non ha spontaneamente adempiuto agli obblighi risarcitori derivanti dal reato, nè ha offerto alcuna garanzia di essere solvibile. In materia è stato affermato dalla S.C. che il Giudice non è tenuto a compiere alcuna indagine in ordine alle condizioni economiche dell’imputato, rientrando nella competenza del giudice dell’esecuzione valutare l’assoluta impossibilità di adempiere (il cui onere probatorio incombe sul condannato), preclusiva della revoca del beneficio (Cfr.

Cass. n. 3197/2008; n. 10108/95) Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 c.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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