Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 09-02-2011) 23-03-2011, n. 11633

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ordinanza del 13 aprile 2010 il GIP del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, giudicando in ordine alle relative richieste del Procuratore della Repubblica della stessa sede, negava la convalida dell’arresto di R.A. perchè non eseguito in flagranza di reato e, nel contempo, rigettava la richiesta di misura cautelare perchè non riscontrabili, nella fattispecie concreta all’esame del giudicante, i necessari gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato del quale era egli accusato, quello di cui all’art. 424 c.p., comma 2 e art. 99 c.p., commi 1, 2 e 3, in quanto, in concorso con persone non identificate, al fine di danneggiarla, avrebbe appiccato il fuoco all’autovettura di S. G., sindaco in carica del Comune di Pace del Mela; fatto avvenuto poco prima delle ore 4 del mattino ed aggravato dalla circostanza che la condotta avrebbe provocato, altresì, un incendio.

A sostegno della decisione il giudice a quo argomentava che:

– i fatti delittuosi si erano verificati tra le ore 3.45 e le ore 4.00 del mattino, all’interno di un cortile condominiale a servizio, altresì, dell’abitazione della p.l.;

– intorno alle 5.20 militari dei CC. avevano notato, a circa 50 metri dal luogo del danneggiamento, una persona che si muoveva nel buio e che tentava di darsi alla fuga nonostante l’intimazione di fermarsi;

– tale persona veniva comunque inseguita e facilmente raggiunta, trattandosi del settantacinquenne R.A., del luogo, ed al personale di P.G. lo stesso opponeva di essersi spaventato e che si trovava sul posto per cacciare conigli selvatici (il luogo è contraddistinto da una fitta vegetazione a ridosso di una linea ferroviaria);

– in seguito alla perquisizione dell’autovettura del R. erano stati trovati un tubo di gomma lungo circa 1,60 metri ed un guanto in lattice, entrambi emananti odore di benzina;

– il R. aveva giustificato gli oggetti ed il loro odore affermando che gli stessi gli erano serviti per travasare gasolio (e non benzina) nella sua autovettura traendolo dall’imbarcazione di tale G.M., che gliene aveva fatto dono;

– nè la parte lesa, nè l’arrestato avevano dichiarato motivi di astio reciproco e la p.l., in particolare, aveva chiarito di conoscere da tempo il R., guardiano notturno, con il quale aveva da sempre ottimi rapporti;

– le acquisizioni istruttorie erano insufficienti a supportare secondo gravità indiziaria le accuse mosse al R.;

– questi svolge attività di guardiano notturno e ciò rende verosimile la sua versione dei fatti ed, in particolare, la circostanza di essere stato trovato nelle vicinanze della sua abitazione alle 5.20 del mattino;

– il R. è stato fermato a 50 metri dal luogo del danneggiamento circa un’ora e mezza dopo i fatti, circostanza questa francamente anomala per un colpevole dei fatti di causa;

– la giustificazione del possesso del tubo e del guanto, anch’essi stranamente a disposizione degli inquirenti, è stata fatta coinvolgendo terze persone precisamente indicate (tale G. M.) di guisa che agevole si appalesava di esse il necessario (e risolutivo) riscontro;

– manca del tutto un abbozzo di movente dell’azione delittuosa, attesi gli "ottimi" rapporti tra vittima ed accusato secondo quanto dichiarato dalla stessa p.o.;

– le ipotesi investigative secondo le quali il R. avrebbe agito su commissione a scopo intimidatorio per ottenere dal Sindaco provvedimenti favorevoli si dimostra all’evidenza generica e non apprezzabile;

– la condotta consumata va qualificata ai sensi dell’art. 635 c.p., e non già a mente dell’art. 424 c.p., comma 2, non essendosi concretamente verificato alcun incendio, fatto di per sè non grave nella direzione di giustificare l’intervento coercitivo;

– lo stesso accusato non può definirsi, tenuto conto dell’età, persona pericolosa;

– non ricorre nella fattispecie neppure lo stato di quasi-flagranza, giacchè non colto l’accusato dagli operanti con tracce e cose dalle quali desumere la consumazione da parte sua di fatti delittuosi;

– di qui l’insussistenza, infine, degli stessi requisiti giustificativi dell’arresto facoltativo in flagranza di reato.

2. Si duole di tale ordinanza, nella parte relativa alla mancata convalida dell’arresto, il Procuratore della Repubblica di Barcellona Pozzo di Gozzo, che ricorre a questa istanza di legittimità ai sensi dell’art. 391 c.p.p., comma 4, chiedendone l’annullamento in parte qua per difetto di motivazione e violazione di legge. Denuncia in particolare il procuratore ricorrente che:

– avrebbe confuso il giudicante requisiti del fermo e requisiti necessari per un provvedimento cautelare;

– il giudicante avrebbe acriticamente aderito alla versione difensiva nonostante l’inverosimiglianza di essa sotto più profili;

– in particolare avrebbe dato credito al tentativo di fuga ed alle giustificazioni per questo addotte, nonostante non avesse commesso alcunchè di rilevante, se veritiera la sua versione di essere stato colto mentre cacciava conigli selvatici, peraltro non catturati;

– incredibile appare, altresì, l’affermazione difensiva di non aver percepito rumori e chiasso provocati dall’incendio;

– incongrue appaiono, altresì, le motivazioni del giudicante in ordine alla scarsa gravità del fatto ed alla non pericolosità dell’arrestato, gravato da numerosi "pregiudizi penali". 3. Con motivata requisitoria scritta il P.G. in sede chiedeva dichiararsi la inammissibilità del ricorso, tenuto conto della mancata contestazione circa l’assenza di una situazione di quasi- flagranza valutata dal giudicante e non contestata espressamente dal l’impugnante.

4. Il ricorso è manifestamente infondato.

Va in primo luogo osservato che le censure della pubblica accusa involgono precipuamente e pressocchè esclusivamente ragioni di merito, in quanto volte a valorizzare circostanze fattuali ben individuate dal giudicante, che di esse accredita, motivatamente e con logica coerente, un contrario peso indiziario. A parte ciò non può non convenirsi con le argomentazioni offerte dal P.G. in sede, giacchè nella fattispecie il giudice territoriale ha, sul piano giuridico, riqualificato la condotta a termini dell’art. 635 c.p. aggravato dall’esposizione dell’autovettura danneggiata alla pubblica fede, e negato nel contempo la riconoscibilità nella vicenda delibata dei requisiti della quasi-flagranza. Nè sul primo nè sull’altro argomento il procuratore ricorrente svolge specifiche censure, con la conseguenza processuale che il suo gravame si espone a rilievi di palese genericità ed al conseguente giudizio di inammissibilità.
P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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