Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 08-06-2011, n. 12409 Beni di interesse storico, artistico e ambientale Bellezze naturali e tutela paesaggistica Giurisdizione del giudice ordinario e del giudice amministrativo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

so.
Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 5.11.2002 il Comune di Venezia esponeva:

che il Demanio dello Stato (Ministero della Difesa) era proprietario dell’isola (ex polveriera) del (OMISSIS), già dimessa dall’uso governativo in virtù della L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 112, in vista della sua successiva vendita all’asta;

che i relativi adempimenti erano stati curati dalla "Concessionaria servizi assicurativi pubblici, Consap s.p.a.", società a prevalente capitale pubblico, a ciò incaricata dal Ministero della Difesa secondo quanto stabilito dalla L. n. 662 del 1996;

che la Consap s.p.a., avvalendosi delle procedure di legge ed applicando, in particolare, la normativa dettata della L. n. 488 del 1999, art. 4, comma 11, la quale consente agli enti locali territoriali, e in primis ai comuni, di acquisire i beni al prezzo base d’asta mediante l’esercizio del diritto di prelazione, con raccomandata del 13 giugno 2001 aveva comunicato di aver posto in vendita l’isola (ex polveriera) del (OMISSIS) al prezzo di L. 2.500.000.000 (prezzo determinato con le procedure stabilite dalla L. n. 662 del 1996) da pagarsi in due rate, delle quali la prims di L. 500.000.000 contestualmente al preliminare, e la seconda, pari al saldo, entro e non oltre la data del contratto, ed aveva conseguentemente invitato il Comune ad esercitare il diritto di prelazione entro il termine di giorni 45 dall’arrivo della raccomandata;

che il Consiglio comunale, con Delib. 27/28 luglio 2001, n. 84 aveva deliberato di acquisire l’isola al patrimonio comunale sia per la sua rilevanza paesaggistica e monumentale, atteso che essa era già inserita negli itinerari educativi del Comune, ma soprattutto allo scopo di promuovere il suo recupero nell’ambito del progetto di salvaguardia delle isole abbandonate dalla laguna;

che con nota n. 83222/2001 del 31 luglio 2001 (pervenuta alla Consap in data 3 agosto 2001) e quindi entro il termine di 45 giorni stabilito dalla legge, il Comune di Venezia aveva comunicato A alla società proponente e, per conoscenza, alla Provincia di Venezia e alla Regione Veneto, la decisione di acquistare l’isola al prezzo richiesto;

che in data 19 settembre 2001 il Comune di Venezia aveva dato incarico al Notaio Chiaruttini di Venezia di rogare il contratto preliminare e successivamente quello definitivo, con preghiera di fissare di comune accordo con la Consap la data di sottoscrizione;

che la Consap non aveva inviato la documentazione istruttoria necessaria, ed anzi in data 17 ottobre 2001 aveva comunicato al Comune di Venezia che, trattandosi di bene vincolato ed avendo manifestato interesse all’acquisizione anche la Sopraintendenza Archeologica per il Veneto, la pratica era all’esame del Ministero della Difesa per le determinazioni in ordine al prosieguo della stessa;

che a tutt’oggi la situazione non aveva trovato una soluzione.

Ciò premesso il Comune di Venezia conveniva in giudizio avanti il Tribunale di Venezia la Consap s.p.a. e il Ministero della Difesa per sentir accertare e dichiarare l’avvenuto trasferimento in suo favore del diritto di proprietà dell’isola (OMISSIS) in data 3 agosto 2001 e, in adempimento del medesimo, il suo diritto alla immediata consegna del bene con il contestuale pagamento del prezzo di Euro 1.291.142,25 da parte del Comune di Venezia e, in via subordinata ed alternativa, per sentir dichiarare trasferito in suo favore ex art. 2932 c.c., il diritto di proprietà dell’isola, con la conseguente obbligazione di consegnare l’immobile verso il corrispettivo del prezzo che sarebbe stato versato al momento della sua consegna e per sentir condannare in ogni caso, le parti convenute al risarcimento dei danni patiti dal Comune di Venezia, per la mancata ripetizione del contratto in forma pubblica, per la ritardata consegna del bene acquistato, per la mancata trascrizione tempestiva dell’acquisto nei pubblici registri immobiliari, e, comunque, per il comportamento tenuto da parte convenuta, in palese violazione dei principi di correttezza e buona fede.

Si costituiva in giudizio la Consap, chiedendo, a sua volta, in via riconvenzionale, dichiararsi che il Ministero della Difesa fosse tenuto a manlevare o restituire qualsiasi somma essa dovesse pagare al Comune di Venezia; si costituiva altresì il Ministero della Difesa (affermando che non potesse riconoscersi alla denuntiatio valore di proposta contrattuale).

Con sentenza in data 21.2.2005 il Tribunale adito disponeva il trasferimento del diritto di proprietà dall’isola (OMISSIS) in favore del Comune di Venezia, con condanna del Ministero della Difesa a consegnare al Comune l’isola verso il corrispettivo del prezzo di Euro 1.291.145,25; rigettava la domanda di risarcimento danni.

A seguito dell’appello del Ministero della Difesa, costituitosi in giudizio il Comune di Venezia (che a sua volta proponeva appello incidentale) e contumace la Consap, la Corte d’Appello di Venezia, con la decisione in esame in data 21.12.2009, rigettava l’appello del Ministero, confermando quanto statuito in primo grado.

Ricorre per cassazione il Ministero con sette motivi; resiste con controricorso il Comune.
Motivi della decisione

Con il primo e secondo motivo di ricorso si deduce difetto di giurisdizione del giudice ordinario con riferimento alla L. n. 662 del 1996, art. 3, commi 112 e 113, e della L. n. 488 del 1999, art. 4; si sostiene che la posizione giuridica del Comune non può qualificarsi come di diritto soggettivo e che in particolare il diritto di prelazione in questione "non segue lo schema civilistico alla luce della peculiarità dei soggetti del rapporto, dell’oggetto e del procedimento puntualmente delineato dalla legge".

Con il terzo motivo si deduce violazione dell’art. 112 c.p.c. in quanto "la Corte d’Appello non ha esaminato il 2^ motivo di appello, con il quale l’Amministrazione della Difesa ha eccepito l’inapplicabilità, al caso di specie, della disciplina di cui all’art. 2932 c.c.".

Con il quarto motivo si deduce violazione ancora della L. n. 662 del 1996, art. 3, e della L. n. 488 del 1999, art. 4 in riferimento all’art. 2932 c.c. in quanto, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di merito, "il diritto di prelazione gode di una tutela che non è l’esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c., ma è il diritto di riscatto che consente al "prelato" di ottenere la proprietà del bene riscattandolo con efficacia retroattiva dall’acquirente".

Con il quinto e sesto motivo si deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 283 del 2000, art. 21 e relativo difetto di motivazione; si censura in particolare l’affermazione della Corte di merito secondo cui l’autorizzazione di cui a detta norma è espressamente esclusa nei trasferimenti tra Stato, Regioni, Province e Comuni e si afferma che illogica è la motivazione sul punto:

Con il settimo motivo, infine, si deduce difetto di giurisdizione con riferimento alla ritenuta congruità del prezzo offerto.

Nel controricorso, in via preliminare, si eccepisce l’inammissibilità del ricorso "alla luce della genericità della domanda avanzata dal Ministero ricorrente. In sede di conclusioni, infatti, controparte chiede il mero annullamento della sentenza impugnata".

Preliminarmente è da rilevarsi l’infondatezza dell’eccezione in controricorso di inammissibilità del ricorso: quest’ultimo sviluppa in modo compiuto ed autosufficiente le relative censure e la richiesta conclusiva di annullamento della decisione impugnata non è di per sè determinante ai fini di un giudizio di mancanza di specificità del contenuto del ricorso.

Il ricorso non merita accoglimento.

Quanto al primo, al secondo, al terzo e al quarto motivo, da trattarsi congiuntamente, si osserva innanzitutto che, correttamente, la decisione impugnata ha affermato la giurisdizione del giudice ordinario, ritenendo, sulla base della normativa di riferimento (in particolare la L. n. 662 del 1996, art. 3 e la L. n. 488 del 1999, art. 4), che "la semplice lettura delle disposizioni di legge porta ad escludere che la posizione giuridica del comune possa qualificarsi come quella del titolare di un semplice interesse legittimo. L’ente territoriale ha il diritto di ricevere dal Ministero, al quale incombe il correlativo obbligo, la notifica del valore dei beni oggetto di dismissione situati nel suo territorio ed ha il diritto di poter acquistare tale immobile con preferenza di ogni altro soggetto, anche ente territoriale, purchè eserciti tale diritto entro il termine previsto dalla legge. La natura di diritto della posizione giuridica del Comune è dimostrata, oltre che dalla terminologia usata dal legislatore, che fa costantemente riferimento al diritto, anche dalla circostanza che ove il suo diritto di prelazione venga pretermesso egli ha il diritto di riscattare il bene dall’acquirente e da ogni successivo avente causa, secondo le modalità proprie del diritto comune di prelazione. E’ privo di pregio, a tal fine, il rilievo dell’appellante secondo cui la diversa natura della prelazione in questione risulterebbe evidente dal fatto che, diversamente dalla prelazione di diritto comune, l’esercizio della prelazione prevista dalla L. n. 662, art. 3 non determinerebbe alcuna sostituzione del comune in un preesistente rapporto contrattuale in quanto tale rapporto non sussiste. Il diritto di prelazione e il suo esercizio non richiedono l’esistenza di un precedente rapporto contrattuale con un terzo".

Tali affermazioni, che riconducono il diritto di prelazione in questione ed il relativo rapporto in uno schema prettamente civilistico, pur al di fuori degli atti prenegoziali proposta- accettazione riguardanti la conclusione di un accordo contrattuale ma tale da costituire legittimo presupposto per razionabilità dell’"esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto" ex art. 2932 c.c., trovano conferma in quanto già statuito da questa Corte (n. 20671/2009), secondo cui, in tema di prelazione di immobili locati ad uso diverso da quello abitativo, la comunicazione della volontà di trasferire il bene a titolo oneroso (onere gravante sul locatore nei confronti del conduttore, della L. n. 392 del 1978, ex art. 38) non ha natura di proposta contrattuale (ovvero di mera informativa di un generico intento di avviare trattative negoziali), ma riveste carattere di atto formale di interpello vincolato nella forma e nel contenuto, sicchè la corrispondente dichiarazione del conduttore di esercizio della prelazione non costituisce l’accettazione di una precedente proposta, e non comporta l’immediato acquisto dell’immobile, determinando invece la nascita dell’obbligo, a carico di entrambe le parti, di addivenire, entro un preciso termine, alla stipula del negozio di alienazione con contestuale pagamento del prezzo indicato dal locatore.

Ne consegue, da un lato, che la ricordata comunicazione deve necessariamente provenire dal proprietario dell’immobile, e, dall’altro, che ogni possibilità di libera trattativa tra le parti deve essere incondizionatamente esclusa, essendo interdetta al conduttore ogni facoltà di incidere sul contenuto del contratto già predeterminato dal proprietario, pena la declaratoria di invalidità della prelazione.

E l’ulteriore sussistenza nel caso di specie della giurisdizione del giudice ordinario, in relazione al thema decidendum riguardante proprio il richiamato art. 2932 c.c. quale norma applicabile nei confronti della Pubblica Amministrazione, è suffragata da quanto già deciso da queste S.U. (n. 834/1999), per le quali la domanda del promissario acquirente intesa ad ottenere la pronuncia, ai sensi dell’art. 2932 c.c., di una sentenza che produca gli effetti del contratto di vendita definitiva, che la Pubblica Amministrazione si era obbligata a concludere, appartiene, come in genere quella delle domande diretta ad una pronuncia nei confronti di un ente pubblico ai sensi di detta norma, alla giurisdizione del giudice ordinario, senza che possa aver rilievo in contrario la circostanza che l’Amministrazione contesti la stessa sussistenza del contratto, posto che tale questione attiene al merito del giudizio e non all’individuazione della giurisdizione, concernendo detta sussistenza una condizione per l’accoglimento della domanda.

Del resto la tesi del Ministero (di cui in particolare al quarto motivo), secondo cui la tutela del diritto di prelazione non può sfociare in una sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c. bensì nell’esercizio del riscatto del bene non tiene conto della vicenda in esame in cui vi è stata formale denuntiatio prelationis: se infatti è indubbio che al diritto di prelazione spetti come ulteriore tutela quello al riscatto è altrettanto certo che ciò avviene sol quando il diritto di prelazione prescinde da detta formale denuntiatio da parte del soggetto legittimato; per cui la tutela esperibile nel caso di specie come ritenuto dalla Corte d’Appello è proprio quella di cui all’art. 2932 c.c..

Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente (terzo motivo), detta Corte ha ampiamente e logicamente motivato su tale punto affermando, tra l’altro, che, "per quanto riguarda gli altri motivi d’appello si osserva che la normativa prevede che il procedimento per la dismissione dei bene di proprietà del Ministero della difesa segua il seguente iter: l’individuazione con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministero della difesa, sentiti i Ministri del tesoro e delle finanze, degli immobili da inserire in apposito programma di dismissioni; il conferimento di incarico a società a prevalente capitale pubblico (nel nostro caso la società Consap) al fine della determinazione del valore del bene;

l’approvazione della valutazione da parte del Ministero della difesa a seguito del parere di congruità espresso dalla apposita Commissione; la notifica agli enti territoriali aventi diritto di prelazione del valore dei beni come determinato dalla Consap ed approvato dal Ministero; l’esercizio del diritto di prelazione entro 45 giorni dalla notifica (tre mesi secondo il testo antecedente alla L. 23 dicembre 1999, n. 488). A questo punto, con il consenso manifestato dalle due parti deve ritenersi sorto a carico di entrambe l’obbligo di pervenire alla conclusione del contratto, con possibilità di tutela ex art. 2932 c.c.".

Riguardo, poi, al quinto e al sesto motivo è da rilevare che pienamente condivisibile, e quindi non censurabile, è quanto statuito dalla Corte di merito, secondo cui "come correttamente rilevato dal Giudice di primo grado, in applicazione dell’art. 21 Reg. di cui al D.P.R. 7 settembre 2000, n. 283 tale autorizzazione è espressamente esclusa nei trasferimenti di Stato, Regioni, Province e Comuni. In ogni caso, qualora si ritenesse inapplicabile tale norma va evidenziato che la disposizione in esame è inserita nella procedura che riguarda la comunicazione da parte del Ministero della difesa al Ministero dei beni culturali che concerne, quindi, l’elenco dei beni oggetti o di dismissione, e che impone al Ministero dei beni culturali di pronunciarsi entro e non oltre 90 giorni in ordine all’eventuale sussistenza dell’interesse storico artistico individuando, in caso positivo, le singole parti soggette a tutela degli immobili stessi. Solo per i beni riconosciuti di tale interesse si applicano le disposizioni di cui alla L. n. 1089 del 1939, art. 24 fissandosi il termine di centottanta giorni dalla ricezione della richiesta per il rilascio delle necessarie approvazioni ed autorizzazioni. Nel caso di specie si osserva che, avendo il Ministero dei beni culturali ed ambientali manifestato con lettera dell’8 luglio 1989 interesse per l’utilizzazione dell’isola, ed avendo la società Consap con lettera del 2 luglio 2001 chiesto a detto Ministero di voler confermare l’interesse all’acquisto dell’isola stessa, nessuna comunicazione risulta inviata al Ministero dei Beni culturali e ambientali". Inoltre, quanto ulteriormente affermato dal ricorrente, secondo cui, la disciplina di cui al D.P.R. n. 283 del 2000 vale solo per le alienazioni cd. normali e non per quelle previste dalla L. n. 662 del 1996, risulta privo di pregio e fondatezza, non essendo le alienazioni di cui a detta ultima legge dotate di particolarità tali da richiedere una specifica disciplina, non esplicitamente prevista dal legislatore. Nè è illogica la motivazione sul punto, avendo i giudici di secondo grado correttamente ritenuto che l’omessa autorizzazione di cui alla L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 112, lett. e), per essere scaduto il relativo termine perentorio per la pronuncia del Ministero dei Beni Culturali in ordine all’eventuale sussistenza di un interesse storico- artistico dei beni inclusi tra quelli da dismettere, deve ritenersi nella vicenda in esame equivalente alla implicita ritenuta mancanza di detto interesse storico-artistico.

Inammissibile, infine, è il settimo ed ultimo motivo: da un lato la questione è nuova e comunque prospettata in modo non autosufficiente (non essendo specificata, la fase del giudizio e l’atto processuale in cui tale rilievo risulta formulato), dall’altro, ne consegue che, ove sia configurabile una questione di giurisdizione, sul punto si è comunque formato giudicato in virtù di quanto recentemente statuito da questa Corte a S.U. (n. 24883/2008).

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo, mentre su tale punto non deve provvedersi nei confronti della Consap, non avendo svolto quest’ultima attività difensiva.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il Ministero ricorrente al pagamento delle spese della presente fase che liquida in favore del Comune di Venezia in complessivi Euro 7.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali ed accessorie come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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