Cass. civ. Sez. III, Sent., 09-06-2011, n. 12721 Responsabilità civile

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

P.L. ha convenuto in giudizio innanzi al giudice di pace di Bari V.A. e la Assicurazione Assitalia s.p.a. chiedendone la condanna in solido al risarcimento del danno patito dalla sua vettura (Lancia Thema (OMISSIS)) in un incidente stradale verificatosi il 23 novembre 1998 per fatto e colpa esclusiva del V., proprietario e conducente della vettura Fiat Uno (OMISSIS) (che non aveva rispettato la dovuta precedenza nell’attraversare l’incrocio in (OMISSIS)).

Costituitosi in giudizio il V. ha eccepito che il P. non era il proprietario del mezzo incidentato.

Svoltasi la istruttoria del caso l’adito giudice ha rigettato la domanda attrice, atteso che dalla documentazione del PRA risultava che proprietario del veicolo condotto dal P. risultava, al momento del sinistro, certo M.A..

Gravata tale pronunzia dal soccombente P., nel contraddittorio del V. che, costituitosi in giudizio, ha chiesto il rigetto della avversa impugnazione e della Assitalia Assicurazioni s.p.a., rimasta contumace, il tribunale di Bari con sentenza 11 aprile – 20 maggio 2005 ha rigettato l’appello.

Per la cassazione di tale pronunzia, non notificata, ha proposto ricorso, affidato a due motivi e illustrato da memoria, P. L..

Non hanno svolto attività difensiva in questa sede gli intimati.
Motivi della decisione

1. Assumendo l’appellante che il giudice di pace con una ordinanza resa nel corso del giudizio aveva espressamente dichiarato sussistente la legittimazione attiva di esso concludente sì, per l’effetto, che nella sentenza conclusiva non poteva – modificando la precedente statuizione – negarla, sì che era incorso nella violazione del giudicato, il giudice di appello ha rigettato la censura, atteso che la ordinanza in questione (resa il 29 gennaio 2001) non è in alcun modo qualificabile quale sentenza non definitiva di accertamento della legittimazione attiva dell’attore, atteso che il provvedimento – se pure assunto dopo che la causa era stata introitata per la decisione – ha non solo la forma, ma anche la sostanza di una ordinanza istruttoria pronunciata contestualmente alla rimessione della causa sul ruolo al fine di sentire le parti e eventualmente anche il consulente di ufficio a chiarimenti su un punto ritenuto non adeguatamente istruito.

Quanto al merito dell’appello (censurando il P. la sentenza del primo giudice, ritenendo di avere fornito piena prova della qualità di proprietario dell’auto sulla scorta di quattro elementi) il tribunale ha osservato che questi appaiono tutt’altro che significativi, pur non essendo controverso che per la vendita dei beni mobili registrati non è richiesto l’atto scritto.

In particolare, ha osservato il giudice di appello:

– nessun elemento può trarsi dalla deposizione del teste Di., essendo di tutta evidenza che alcuna conclusione può tarsi con riferimento alla esi-stenza di un valido atto di acquisto in capo all’attore dal fatto che questi ha detto testualmente io ero sull’autovettura del V., trattandosi di affermazione che non può avere alcun altro rilievo, anche in ragione dei capitoli di prova che non vertevano sulla proprietà, se non ai fini di ricostruire la dinamica del sinistro;

– è irrilevante che il V. avesse stipulato una polizza auto relativo al detto mezzo, non trattandosi di contratto riservato ai soli proprietari e non essendo nemmeno in dubbio che l’attore ne avesse la disponibilità;

– non è significativo il mancato esperimento da parte del legittimo proprietario di alcun azione di revindica o di spoglio, nulla potendosi dedurre con riferimento al titolo di proprietà.

A fronte di quanto precede è in atti procura speciale autenticata 26 novembre 1998 – in data successiva al sinistro – con la quale l’intestatario della vettura, M.A. ha conferito all’odierno appellante procura a vendere anche a se stesso del veicolo oggetto di giudizio: da tale documento correttamente il primo giudice ha tratto l’argomento che al momento del sinistro proprietario del veicolo era il M..

2. Il ricorrente censura nella parte de qua la sentenza impugnata con il primo motivo, con il quale de-nunzia violazione degli artt. 1140, 1141,1147 e 1153 e, in definitiva, della regula iuris possesso vale titolo, in relazione all’art. 2043 cod. civ., assumendo -in buona sostanza – che il possessore, ovvero il detentore qualificato di un autoveicolo, sia pure in assenza di idonea iscrizione al PRA dell’intestazione in suo favore, ha titolo per agire in giudizio al fine di chiedere il risarcimento del danno subito a seguito di un sinistro stradale che ha visto coinvolto il veicolo suddetto.

Con il secondo motivo il ricorrente censura, ancora, la sentenza impugnata denunziando violazione dell’art. 2054 cod. civ., in relazione agli artt. 2967 c.c., art. 2121 c.c. e segg., assumendo che ai fine di escludere la responsabilità del sinistro, ai sensi dell’art. 2054 cod. civ., in capo a uno dei protagonisti non è sufficiente la prova di avere eseguito una manovra di arresto o di fortuna quale che sia, occorrendo, al contrario, dimostrare in concreto di avere fatto tutto il possibile, in relazione alle circostanze di tempo e di luogo, per evitare il danno.

3. Il ricorso è inammissibile.

Alla luce delle considerazioni che seguono.

3. 1. Giusta la testuale previsione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, – "le sentenze pronunciate in grado di appello in un unico grado possono essere impugnate con ricorso per cassazione" esclusivamente sotto uno dei profili tassativamente indicati nello stesso art. 360 c.p.c., comma 1.

E’ onere, pertanto, del ricorrente indicare, chiaramente, e senza possibilità di equivoci, per ogni motivo, sotto quale profilo del ricordato art. 360 c.p.c. è proposta la censura.

E’ inammissibile, quindi, il motivo di ricorso che non precisi se si intende censurare la sentenza "per motivi attinenti alla giurisdizione" ( art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1) o piuttosto "per violazione delle norme sulla competenza" ( art. 360 c.p.c., comma 1, n. 2) o, ancora, "per violazione o falsa applicazione di norme di diritto" ( art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) o – infine – "per nullità della sentenza o del procedimento" ( art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), o, per ipotesi, "per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia" ( art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) (tra le tantissime, cfr. Cass. 31 maggio 2010, n. 13222; Cass. 4 marzo 2010, n. 5207; Cass. 13 maggio 2009, n. 11094).

Pacifico quanto sopra si osserva che il ricorrente pur assumendo (come ribadito nella memoria ex art. 378 cod. proc. civ.) di fondare le proprie censure anche sul contenuto della ordinanza 29 gennaio 2001 del giudice di pace di Bari, non ha formulato alcun motivo per censurare la nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 4 sotto il profilo (ampiamente sviluppato invece con l’atto di appello) che sulla questione relativa alla propria legittimazione a agire si era formato il giudicato a seguito della ricordata ordinanza 29 gennaio 2001.

E’ palese – di conseguenza – che sono inammissibili tutte le argomentazioni svolte nel motivo in margine alla ordinanza 29 gennaio 2001 del giudice di pace (anche tenuto presente che non risulta in alcun modo censurata la statuizione del giudice di appello allorchè questi ha affermato che quanto ivi enunciato dal primo giudice lungi dall’essere una statuizione definitiva sulla questione era semplicemente finalizzata a dare conto del successivo corso che il giudice intendeva dare all’istruttoria).

3.2. Quanto alle doglianze sviluppate con il primo motivo si osserva che in sede di legittimità non è consentita la proposizione di nuove questioni di diritto, ancorchè rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, quando esse presuppongano o comunque richiedano nuovi accertamenti o apprezzamenti di fatto preclusi alla Corte di cassazione, salvo che nelle particolari ipotesi previste dall’art. 372 c.p.c. (Cass, 13 dicembre 2010, n. 25127; Cass. 1 dicembre 2010 n. 24382; Cass. 1 giugno 2010, n. 13431).

Non controverso quanto sopra si osserva che l’attore ha introdotto il presente giudizio sul presupposto di essere legittimato a chiedere il risarcimento dei danni patiti dalla vettura da lui condotta il giorno 2 3 novembre 1998 in quanto proprietario della stessa.

Certo quanto precede è evidente che integra una nuova questione – preclusa in questa sede di legittimità – quella prospettata con il primo motivo con il quale si invoca, a fondamento della invocata legittimazione a agire, non più la qualità di proprietario della autovettura al momento del sinistro (circostanza decisamente esclusa dai giudici del merito sulla base di molteplici concorrenti profili non ultimo il fatto che in epoca successiva al sinistro un terzo, certamente proprietario della vettura stessa al momento del sinistro, aveva rilasciato mandato a vendere all’odierno ricorrente la vettura in questione) ma di detentore qualificato della stessa, certo essendo che una pronuncia sulla fondatezza (o meno) di una tale nuova questione importa accertamenti, di fatto, mai compiuti in sede di merito e, per l’effetto, preclusi in questo giudizio di legittimità. 3.3. Parimenti inammissibile deve essere dichiarato il secondo motivo di ricorso.

Al riguardo si osserva che ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione – o il rigetto della impugnazione proposta contro una di esse – rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza (Cass. 11 febbraio 2011, n. 3386; Cass., 20 novembre 2009, n. 24540; Cass. 13 febbraio 2009, n. 3640).

Certo quanto sopra, non controverso che nella specie la domanda del P. è stata rigetta sia perchè lo stesso non aveva dato la prova di essere, al momento del sinistro, proprietario dell’autovettura infortunata (prima ratio decidendi) sia perchè, comunque, non era ascrivibile al convenuto V. la responsabilità del sinistro (seconda ratio decidendi) è palese che a seguito della dichiarata inammissibilità del primo motivo che investiva la prima delle ricordate rationes decidendi è divenuto inammissibile, per carenza di interesse ( art. 100 cod. proc. civ.) il secondo motivo.

Anche, infatti, nella eventualità dovesse pervenirsi alla conclusione che lo stesso è fondato non per questo potrebbe mai giungersi alla cassazione della sentenza impugnata che rimarrebbe comunque ferma in base alla prima, ricordata ratio decidendi di cui, con sentenza passata in giudicato, è stata accertata la correttezza.

4. Il proposto ricorso, in conclusione, deve essere dichiarato inammissibile.

Nessun provvedimento deve adottarsi in ordine alle spese di lite di questo giudizio di cassazione, non avendo gli intimati svolto attività, in questa sede.
P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso;

nulla sulle spese di lite di questo giudizio di legittimità.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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