Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 08-02-2011) 23-03-2011, n. 11588 ricusazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 27 maggio 2010 la Corte di appello di Napoli ha dichiarato inammissibile, per tardività, la dichiarazione di ricusazione proposta dai legali rappresentanti delle società Fisia Italimpianti S.p.a e Fibe S.p.a., nei confronti dei giudici del Tribunale per il riesame, dott.ssa P.A., dott.ssa M. R. e dott.ssa Me.Ba., condannando le società proponenti al pagamento di una ammenda.

Avverso tale provvedimento propongono ricorso le due società per mezzo dei rispettivi difensori e procuratori speciali, deducendo l’illegittimità dell’ordinanza impugnata per violazione dell’art. 38 cod. proc. pen..

Al riguardo rilevano che i difensori non erano presenti all’udienza del Tribunale per il riesame del 19 maggio 2010 e che hanno avuto effettiva conoscenza della composizione del collegio soltanto nel pomeriggio dello stesso giorno, all’esito dell’udienza, in quanto notiziati dai colleghi napoletani presenti per altre posizioni.

Eccepiscono, quindi, che l’istanza, presentata in data 21 maggio 2010 doveva ritenersi tempestiva in quanto depositata entro il terzo giorno successivo a quello in cui i difensori avevano avuto l’effettiva conoscenza della causa di ricusazione.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

In punto di rito, l’art. 38, comma 2, ultima parte, prevede che se la causa di ricusazione è sorta o è divenuta nota durante l’udienza, la relativa dichiarazione deve essere in ogni caso proposta prima del termine dell’udienza.

Nell’ambito di questa previsione normativa, la questione sollevata dalle società ricorrenti è stata già esaminata da questa Sezione che, con la sentenza n. 17280/2002 ha rilevato che:

"Gli istituti dell’incompatibilità, astensione e ricusazione del giudice – inseriti nel titolo primo del libro primo del codice di rito (SOGGETTI/Giudice) – non attengono al diritto di difesa, ma all’imparzialità del giudice. Nel bilanciamento delle esigenze di immutabilità del giudice naturale, se non per ragioni specifiche ed insuscettibili di interpretazione estensiva; di speditezza dei processi; di esercizio della facoltà di ricusazione, il legislatore ha previsto, fra l’altro, un sistema di termini e di conoscenza dei fatti, volto ad eliminare ogni possibilità di inserire nel processo elementi di incertezza che possano minarne il corretto andamento.

Deve quindi ritenersi che con l’espressione "divenire noto", contenuta nell’art. 38 citato, il legislatore abbia inteso prendere in considerazione una situazione obbiettiva di pubblicità, collegata non alla reale conoscenza del fatto, ma soltanto alla conoscibilità mediante l’uso dell’ordinaria diligenza. Ne consegue che l’imputato, il quale per sua libera scelta, abbia rinunciato a presenziare all’udienza, abbia nel contempo accettato tutte le conseguenze della sua assenza, che non attengono al diritto di difesa, ma proprio all’ordinario andamento dell’udienza stessa e del processo.

Diversamente opinando si verrebbe a delineare una sorta di remissione in termini, in favore dell’imputato assente – non espressamente prevista, nè deducibile dal sistema – per fatti verificatisi in udienza" (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 17280 del 15/02/2002 Cc. (dep. 08/05/2002) Rv. 221715). Tale indirizzo giurisprudenziale è stato ulteriormente ribadito da questa Sezione (Sentenza n. 18210 del 30/04/2010 Cc. (dep. 13/05/2010) Rv. 247049). Il Collegio non intende discostarsi da tale orientamento, che condivide.

Di conseguenza il ricorso deve essere respinto.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che respinge il ricorso, chi che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna le società ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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