Cass. civ. Sez. III, Sent., 09-06-2011, n. 12713 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso 13 gennaio 2003 il Santuario della Beata Vergine di Valle di Pompei, ha convenuto in giudizio, innanzi al tribunale di Torre Annunziata, sezione specializzata agraria, L.R. chiedendo fosse pronunciata la cessazione, alla data del 12 novembre 2001 o a quella diversa ritenuta di giustizia, del contratto di affitto agrario inter partes stipulato per la durata di cinque anni in data 10 ottobre 1996 con la assistenza delle associazioni sindacali di categoria.

Costituitasi in giudizio la convenuta ha resistito alla domanda, deducendone la infondatezza e svolgendo – in via riconvenzionale – domanda riconvenzionale, vuoi per la restituzione della quota di canone pagata oltre il dovuto, vuoi per il conseguimento dell’indennizzo del caso per i miglioramenti apportati al fondo, vuoi, infine, per l’annullamento del contratto per vizio del consenso nonchè per la declaratoria di nullità delle clausole in deroga per viziata partecipazione delle associazioni categoria.

Svoltasi la istruttoria del caso l’adita sezione ha accolto la domanda attrice e rigettato quella riconvenzionale.

Gravata tale pronunzia in via principale dalla soccombente L. e in via incidentale dal Santuario della Beata Maria Vergine di Valle di Pompei la Corte di appello di Napoli, sezione specializzata agraria, con sentenza 8 maggio – 8 giugno 2005 ha rigettato entrambi gli appelli, compensate le spese del grado.

Per la cassazione di tale pronunzia, non notificata, ha proposto ricorso la L., affidato a due motivi, con atto 31 maggio 2006.

Non ha svolto attività difensiva in questa sede l’intimato Santuario.
Motivi della decisione

1. Il proposto ricorso è inammissibile, per la mancanza del requisito dell’esposizione del fatto di cui all’art. 366 cod. proc. civ., n. 3.

Questa norma, com’è noto, prevede tale requisito come requisito di c.d. contenuto – forma del ricorso per Cassazione, nel senso che, in ossequio al principio della libertà delle forme e conforme alla necessità che l’atto processuale venga compiuto con forme idonee al raggiungimento dello scopo:

a) il ricorso deve contenere una parte apposita dedicata all’adempimento della funzione dell’esposizione, pur sommaria dei fatti della causa, i quali, atteso che il processo civile riguarda una vicenda sostanziale ed il suo svolgimento nel giudizio, sono costituiti dal c.d. fatto sostanziale oggetto del processo, cioè dalla situazione sostanziale dedotta in giudizio secondo le prospettazioni delle parti e dal c.d. fatto processuale, cioè dalla svolgimento dinamico del processo nelle fasi di merito;

b) oppure, pur in assenza di detta parte apposita, deve permettere in via immediata, pur attraverso la stessa esposizione dei motivi, la percezione del detto fatto sostanziale e processuale.

La giurisprudenza della Corte in proposito rileva che per soddisfare il requisito imposto dall’art. 366 cod. proc. civ., comma 1, n. 3, il ricorso per Cassazione deve contenere l’esposizione chiara ed esauriente, sia pure non analitica o particolareggiata, dei fatti di causa, dalla quale devono risultare le reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le giustificano, le eccezioni, le difese e le deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, lo svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni, le argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si fonda la sentenza impugnata e sulle quali si richiede alla Corte di Cassazione, nei limiti del giudizio di legittimità, una valutazione giuridica diversa da quella asseritamene erronea, compiuta dal giudice di merito.

Il principio di autosufficienza del ricorso impone che esso contenga tutti gli clementi necessari a porre il giudice di legittimità in grado di avere la completa cognizione della controversia è del suo oggetto, di cogliere il significato e la portata delle censure rivolte alle specifiche argomentazioni della sentenza impugnata, senza la necessità di accedere ad altre fonti ed atti del processo, ivi compresa la sentenza stessa, (ex multis, Cass. 4 aprile 2006, n. 7825).

Nello stesso ordine di idee si è, inoltre, sempre ribadendo lo stesso concetto, precisato che il requisito della esposizione sommaria dei fatti di causa, prescritto, a pena di inammissibilità del ricorso per Cassazione, dall’art. 366 cod. proc. civ., n. 3, postula che il ricorso per Cassazione, pur non dovendo necessariamente contenere una parte relativa alla esposizione dei fatti strutturata come premessa autonoma e distinta rispetto ai motivi o tradotta in una narrativa analitica o particolareggiata dei termini della controversia, offra, almeno nella trattazione dei motivi di impugnazione, elementi tali da consentire una cognizione chiara e completa non solo dei fatti che hanno ingenerato la lite, ma anche delle varie vicende del processo e delle posizioni eventualmente particolari dei vari soggetti che vi hanno partecipato, in modo che si possa di tutto ciò avere conoscenza esclusivamente dal ricorso medesimo, senza necessità di avvalersi di ulteriori elementi o atti, ivi compresa la sentenza impugnata.

In applicazione di tale principio si è dichiarato inammissibile il ricorso in cui risultavano omesse: la descrizione dei fatti che avevano ingenerato la controversia, la posizione delle parti e le difese spiegate in giudizio dalle stesse, le statuizioni adottate dal primo giudice e le ragioni a esse sottese, avendo, per tali fondamentali notizie, il ricorrente fatto rimando alla citazione in appello (Cass. 28 febbraio 2006, n. 4403).

Va, altresì, ricordato che costituisce principio altrettanto consolidato che, ai fini della detta sanzione di inammissibilità, non e possibile distinguere fra esposizione del tutto omessa ed esposizione insufficiente (Cass. 3 febbraio 2004, n. 1959).

2. E’ di tutta evidenza, alla luce di siffatti principi, che il requisito dell’art. 366 cod. proc. civ., n. 3, tanto nell’una quanto nell’altra delle due alternative di formulazione sopra indicate, è da assolvere comunque attraverso il contenuto dell’atto – ricorso, che è nient’altro che la domanda di impugnazione rivolta alla Corte di cassazione.

Trattandosi di domanda e, quindi, di atto di parte, è altrettanto chiaro che l’assolvimento del requisito in funzione di essa è immaginato dal legislatore come una attività di narrazione del difensore, che, in ragione dell’espressa qualificazione della sua modalità espositiva come sommaria, postula una narrazione volta a riassumere sia la vicenda sostanziale dedotta in giudizio sia lo svolgimento del processo.

3. Non controverso quanto precede è palese che il ricorso in oggetto non rispetta il requisito di cui all’art. 366 cod. proc. civ., n. 3.

Il ricorso, in particolare, è così strutturato:

– dopo una prima pagina in cui si indicano le parti, la sentenza impugnata ed il suo dispositivo, si passa ad enunciare il fatto, con testuale riproduzione del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado;

– di seguito, dopo aver precisato che essa concludente si è costituta in giudizio, si riproduce l’integrale contenuto della comparsa di costituzione di essa L., nonchè delle note difensive autorizzate, depositate dalla stessa;

– quindi, dopo avere trascritto una parte della motivazione della sentenza del primo giudice è riportato l’intero contenuto dell’atto di appello di essa concludente nonchè dell’atto, contenente l’appello incidentale, depositato da controparte;

sempre di seguito è trascritto il contenuto della replica della difesa di essa L. all’appello incidentale.

4. Non controverso quanto sopra è palese che l’assemblaggio degli atti del giudizio di merito – che dalla pagina 2 alla pagina 80, ove è esposto il primo motivo di ricorso esaurisce la prima parte del ricorso – è assolutamente inidoneo ad assolvere al requisito dell’esposizione sommaria de fatto, perchè pretende di assolvervi costringendo la Corte alla lettura integrale degli atti di parte attraverso i quali si è svolto il processo di merito.

In sostanza, detta singolare modalità di formulazione del ricorso equivale ad un mero rinvio alla lettura di lutti detti atti, cioè di tutti gli atti delle fasi di merito.

Essa è assolutamente equivalente a quella che potrebbe avere un ricorso che si limitasse ad elencare quegli atti e rinviasse alla loro lettura, o nel fascicolo di parte (in cui detti atti siano presenti in originale, se si tratti di atti di parte, o in copia se si tratti di atti di altra parte o di atti del processo come tale, come ad esempio processi verbali o provvedimenti), o nel fascicolo d’ufficio delle fasi di merito.

Si tratta di una forma assolutamente inidonea al raggiungimento dello scopo della previsione dell’art. 366 cod. proc. civ., n. 3, perchè rimanda per l’individuazione del requisito da esso previsto agli atti del giudizio di merito e, dunque, aliunde rispetto al ricorso.

La riproduzione in quello che si è chiamato ricorso di detti atti non toglie che si è in presenza di una situazione identica a quella che vi sarebbe stata se il ricorso avesse rimandato alla lettura degli atti e dei documenti nel fascicolo della ricorrente (ove colà prodotti) o in quello d’ufficio. Nell’uno come nell’altro caso il requisito di cui all’art. 366, n. 3, nei termini indicati dalla ricordata giurisprudenza e assolutamente mancante, perchè dovrebbe essere assolto da atti estranei al ricorso e, quindi, non si connoterebbe come requisito di contenuto – forma del ricorso.

Non solo: del tutto carente sarebbe la funzione riassuntiva.

In tale situazione non può essere invocato, per ritenere comunque raggiunto lo scopo della previsione normativa formale dell’art. 366 cod. proc. civ., n. 3, il principio generale di validità degli atti giuridici, secondo cui quod abundat non vitiat.

Invero, l’invocabilità di tale principio suppone sempre che l’atto di cui si tratti presenti il contenuto richiesto o quello idoneo all’assolvimento delle sua funzione e che ad esso si accompagni un dippiù.

In un caso come quello all’esame, viceversa, l’assemblaggio degli atti del processo di merito non è un dippiù ma un qualcosa d’altro rispetto all’esposizione sommaria del fatto, per come sopra delineata nei suoi profili di contenuto – forma.

Non solo: se si ammettesse che la Corte proceda alla lettura integrale degli atti assemblati per estrapolare la conoscenza del fatto sostanziale e processuale si delegherebbe alla Corte una attività che, inerendo al contenuto del ricorso quale atto di parte è di competenza di questa ultima.

Inoltre, si costringerebbe la Corte ad un’attività che – richiedendo tempo – sarebbe del tutto esiziale a petto del principio della ragionevole durata del processo, sia se apprezzato a tutela del jus costitutionis (cui assolve tipicamente il ricorso per Cassazione), sia se apprezzato a tutela dello stesso ius litigatoris (cui pure assolve il detto ricorso).

E’ da rilevare che le argomentazioni svolte non riguardano, naturalmente il caso in cui un ricorso sia redatto con l’assemblaggio degli atti del processo di merito, ma ad essi segua comunque una parte contenente l’esposizione sommaria del fatto, o autonoma o emergente in modo chiaro dall’esposizione dei motivi.

Il ricorso è, dunque, dichiarato inammissibile sulla base del seguente principio di diritto: "è inammissibile per inosservanza del requisito di cui all’art. 366 cod. proc. civ., n. 3, il ricorso per Cassazione che i pretenda di assolvere a tale requisito mediante l’assemblaggio in sequenza cronologica degli atti della causa, senza che ad essa faccia seguire una parte espositiva in via sommaria del fatto sostanziale e processuale nè in via autonoma prima dell’articolazione dei motivi nè nell’ambito della loro illustrazione. (Tra le tantissime, in questo senso, ad esempio, Cass. 22 settembre 2009, n. 20393; Cass. 17 luglio 2009 n. 16628, nonchè Cass., sez. un., 9 settembre 2010, n. 10255 e Cass. 30 giugno 2010, n. 15631).

Non è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di cassazione, non avendo la parte intimata svolto attività difensiva in questa sede.
P.Q.M.

LA CORTEA dichiara inammissibile il ricorso;

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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