Cass. civ. Sez. I, Sent., 09-06-2011, n. 12647 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

L’avv. G.M. chiese con atto 16 maggio 2008 alla Corte di appello di Brescia la condanna del Ministero della Giustizia al pagamento dell’equo indennizzo per la durata irragionevole del procedimento di esecuzione immobiliare – nel quale era intervenuto il 9 aprile 2002 – conclusosi con la assegnazione di somme in data 10 marzo 2008, dopo due incanti, il primo fissato il 6 aprile 2004 e il secondo il 31 gennaio 2006. La corte di merito ha ritenuto che la eccedenza rispetto alla durata ragionevole fosse di tre anni ed ha liquidato per danno non patrimoniale l’indennizzo di Euro 3000,00, negando per difetto di prova l’indennizzo per danno patrimoniale, richiesto sotto il profilo del credito bancario cui era ricorso.

Propone ricorso con quattro motivi il M.; resistere con controricorso il Ministero.

Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 6, paragrafo 1 della Convenzione Europea dei diritti umani e dell’art. Ili comma secondo costituzione, con riferimento alla durata del processo, apprezzata solo per tre anni anzichè per l’intero giudizio. Lamenta che si sia mancato di considerare il criterio liquidativo della Corte Europea, prevalente su quello nazionale della L. n. 89 del 2001.

Il motivo è infondato, atteso che il diritto controverso trova nella disciplina interna la fonte regolatrice, la quale non è incompatibile con l’art. 6 della Cedu, che riconosce il diritto ad un processo equo, per come vive nella interpretazione datane dalla Corte Europea ma non autorizza nemmeno il sospetto di incostituzionalità per contrasto della norma interna con l’art. 117 Cost., comma 1, nella nuova formulazione introdotta dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, laddove dispone che la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto dei vincoli derivanti dagli obblighi internazionali (Cass. 1351/2008). Nè la diversità del criterio di calcolo rispetto a quello della intera durata del procedimento tocca la complessiva attitudine della legge interna ad assicurare l’obiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto alla ragionevole durata, tale attitudine essendo stata riconosciuta dalla stessa Corte Europea nella decisione 27 marzo 2003 sul ricorso n. 36.813/1997, Scordino ci Italia.

Con il secondo mezzo analoga denuncia propone in relazione all’ammontare dell’ indennizzo, considerato che la misura così come determinata è inferiore a quella fissata dalla giurisprudenza della Corte Europea, attesa anche la natura della posta in gioco, che avrebbe dovuto portare alla liquidazione dell’indennizzo in Euro 2000 ad anno.

Infondato è anche tale motivo, essendo stato laconicamente riferito a generici parametri Cedu, senza che la pretesa indennitaria sia stata correlata a poste in gioco e a specifiche circostanze giustificatrici della elevazione, in deroga, del parametro minimo che la Corte Europea ha individuato in Euro 1000,00 (v. sul punto Cass. 8521/2008; 402/2009).

Il terzo mezzo ripropone la stessa denunzia normativa in riferimento al diniego di danno patrimoniale, invocato sotto forma di interessi bancari e di rivalutazione dell’importo liquidato Assume il ricorrente di avere esborsato somme superiori agli interessi legali all’istituto di credito presso il quale aveva il proprio conto, differenza provata "dai redditi dichiarati al fisco, come risultanti dalla documentazione scaricata dal sito web".

La censura non ha alcuna consistenza ed è dunque inidonea a superare i rilievi in fatto della corte di merito che non ha rinvenuto alcuna prova documentale del ricorso al credito bancario ed ha escluso la ipotesi del maggior danno – indennizzabile con la rivalutazione monetaria – in difetto di prova e in considerazione che gli interessi legali coprivano il tasso inflattivo.

E’ invece fondato il quarto mezzo, che denunzia la violazione delle norme predette con riguardo alla decorrenza degli interessi fissata alla data del decreto anzichè a quella della domanda, che era stata di quattro mesi e 23 giorni prima, trovando la decorrenza della condanna riferimento alla domanda, piuttosto che alla pronunzia, i cui effetti retroagiscono al momento della proposizione del giudizio.

La soccombenza sulla gran parte dei motivi giustifica la compensazione delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte accoglie il quarto motivo di ricorso; rigetta gli altri;

cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e decidendo nel merito condanna il Ministero della Giustizia al pagamento della somma di Euro 3000,00 oltre interessi della domanda al soddisfo e alle spese del giudizio di merito in Euro 800,00, altre spese generali accessori di legge; compensa le spese di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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