Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 02-02-2011) 23-03-2011, n. 11535

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

C.M., tramite difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma, in data 21.5.2010, confermativa della sentenza 22.12.2006 del Tribunale di Roma che aveva condannato il C., all’esito di giudizio abbreviato, per il reato di cui all’art. 628 c.p.p., comma 2 (per essersi impossessato di un telefono cellulare sottraendolo a M.V. che colpiva con un pugno al volto, al fine di assicurarsi il possesso di quanto sottratto e per procurarsi l’impunità).

Il ricorrente chiedeva l’annullamento della sentenza impugnata deducendo:

1) inosservanza o erronea applicazione della legge penale in ordine alla sussistenza dei requisiti della rapina impropria ed alla configurabilità della legittima difesa putativa, posto che non era provato che l’imputato avesse sottratto il cellulare alla p.o. e che il C. aveva colpito con un pugno il M. per difendersi dall’aggressione di quest’ultimo che gli si era avventato contro, apostrofandolo "ladro", circostanza ammessa dalla stessa p.o. all’udienza del 12.12.2006; 2) difetto di motivazione sulla omessa derubricazione del reato di rapina in quello di furto e lesioni, come pure richiesto in primo grado dal P.M. e dal P.G. in fase di appello, non essendo nella specie ravvisatale il dolo specifico del reato contestato alla luce della ricostruzione dei fatti;

3) mancanza e manifesta illogicità della motivazione sulla conferma della penale responsabilità dell’imputato in ordine al creato ascrittogli, stante la mancata indicazione di tutti gli elementi di fatto e di diritto posti a fondamento della decisione anche in relazione alla ricostruzione della vicenda prospettata nell’atto di appello.
Motivi della decisione

Con l’atto di appello il ricorrente lamentava, fra l’altro, la mancata derubricazione del reato contestato di rapina impropria in quello di lesioni e furto, sostenendo che l’aggressione della parte offesa, M.V., sarebbe derivata dal fatto che quest’ultimo lo aveva apostrofato con l’epiteto "ladro". Orbene, la Corte territoriale, pur avendo dato atto che, a seguito del rinvenimento del telefono cellulare sottratto, il C., "vistosi scoperto e resosi conto che erano stati chiamati i CC, si avventava contro il M. che lo stava chiamando ladro", aggredendolo con un pugno al volto, ha omesso di motivare e di accertare se tale comportamento violento fosse da rapportarsi al fatto che l’imputato era stato apostrofato dalla parte offesa, come già detto.

Sul punto il Giudice di appello si è limitato ad affermare, apoditticamente, che "le lesioni erano conseguenti all’impossessamento, poste in essere al fine di assicurarsi l’impunità", non valutando se la sequenza causale fra le lesioni subite dal M. e l’epiteto offensivo (ladro) da questi rivolto al C., potesse comportare una diversa qualificazione giuridica del fatto, come richiesto in sede di appello.

La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata limitatamente alla qualificazione giuridica del fatto, con rinvio, per nuovo giudizio sul punto, ad altra sezione della Corte di Appello di Roma perchè motivi, sulla base delle modalità dei fatti e delle prove acquisite, se la sottrazione del bene e l’uso della violenza siano configurabili come un’azione unitaria, sorretta dalla finalità del conseguimento dell’impunità da parte dell’imputato ovvero se le lesioni personali contestate siano rapportabili, sotto il profilo soggettivo, alla reazione del C. per essere stato chiamato "ladro". Le altre doglianze sono inammissibili, essendo stato motivata adeguatamente l’avvenuta sottrazione del cellulare da parte del C., sulla base della sequenza temporale delle modalità del fatto, posto che risulta accertato il rinvenimento del cellulare "proprio nel cassonetto e nel cartone buttato pochi minuti prima dal C.".

Tale circostanza, secondo la sentenza di primo grado, le cui motivazioni integrano quelle di secondo grado, trattandosi di c.d. doppia conforme, è stata ritenuta, con motivazione esente da vizi di manifesta illogicità, come tale incensurabile innanzi alla S.C., idonea a smentire l’assunto difensivo dell’imputato, di aver fatto pulizia nel furgone proprio in concomitanza con il rinvenimento del cellulare nel cassonetto della spazzatura.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla qualificazione giuridica del fatto.

Rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di Appello di Roma. Dichiara nel resto inammissibile il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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