Cass. civ. Sez. I, Sent., 09-06-2011, n. 12644 Effetti del fallimento per i creditori

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il curatore del fallimento della società Iacovitti Costruzioni Srl dichiarato con sentenza 6 maggio 1999 convenne con atto 1 febbraio 2000 dinanzi al tribunale di Vasto la società Prominvest Srl e chiese che fosse dichiarata la inefficacia a norma della Legge fallimentare della vendita compiuta dalla fallita il 6 aprile 1998, un mese prima che fosse ammessa all’amministrazione controllata, di due appartamenti al rustico per L. 300 milioni, con la consapevolezza da parte dell’acquirente dello stato di insolvenza della venditrice.

La convenuta resistette deducendo la congruità del prezzo e la sua inscientia decoctionis.

Nel giudizio intervenne S.M.N., fideiussore della fallita.

Il tribunale respinse la domanda, che la Corte di appello dell’Aquila ha invece accolto, sull’impugnazione del fallimento, con sentenza 12 aprile 2005/30 maggio 2005, con cui ha revocato la vendita e condannato la appellata al pagamento delle spese processuali del doppio grado.

Ha ritenuto la corte di merito che le modalità dell’operazione – con cui la acquirente era divenuta nella stessa data dell’atto di vendita cessionaria del credito di L. 250 milioni dalla società Serfina S.p.A. credito vantato nei confronti della venditrice, con il quale era stato in parte compensato il prezzo della vendita – unitamente alla prossimità dell’atto rispetto alla procedura di amministrazione controllata, cui erano seguiti il concordato preventivo e il fallimento, alla circostanza che gli immobili erano stati ceduti al rustico, contrariamente alla prassi seguita dai costruttori edili, alla esistenza di numerose trascrizioni di preliminari di vendita e numerosi ricorsi per fallimento a carico della venditrice sin dal 1977, nonchè al fatto che il cantiere fosse chiuso, allorchè lo stimatore vi era acceduto per incarico della acquirente, convergono in modo palese verso la anomalia dell’atto e la conoscenza dello stato di decozione, posto che la Serfina era un società finanziaria che aveva scontato cambiali emesse dalla società venditrice e aveva poi quel credito cambiarlo ceduto alla acquirente.

Propone ricorso con un motivo la società Prominvest;

resiste con controricorso il fallimento.
Motivi della decisione

Con l’unico motivo si deducono violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.; art. 67, L. Fall. e vizio di motivazione.

Rileva la ricorrente che le modalità di pagamento del prezzo debbono considerarsi irrilevanti ai fini della prova della scientia decoctionis, e che la curatela non aveva provato gli elementi previsti dall’art. 67, comma 1, nn. 1 e 2, nè dal comma 2, in ordine alla sproporzione delle prestazioni, essendo il prezzo contrattuale conforme ai valori di mercato, ovvero al collegamento della cessione del credito con la estinzione del prezzo, alla scientia decoctionis, prospettata con riferimento alle normali trascrizioni immobiliari, essendo la Iacovitti normalmente dedita all’attività di compravendita.

Il ricorso è infondato.

La sentenza impugnata ha posto a base dell’accoglimento dell’appello numerosi elementi utili a evidenziare la fattispecie revocatoria dedotta in giudizio, che nei termini in cui è stata rappresentata attraverso la esposizione in fatto, rimasta incontroversa nelle opposte difese delle parti, è risultata idonea a coprire l’intera area del art. 67, L. Fall., nella quale la corte territoriale ha ritenuto di identificare, come la più appropriata, quella dell’atto anomalo, inserita tra le ipotesi del comma 1 della legge, avuto anche riguardo agli assunti difensivi in primo grado della convenuta, che, per ciò che la stessa odierna ricorrente espone nell’atto di impugnazione, erano stati diretti a contestare la anomalia, attraverso la deduzione che la venditrice "fosse normalmente dedita alla compravendita di immobili e che pertanto l’acquisto degli appartamenti da parte della Prominvest rientrasse nella abituale attività svolta dalla Iacovitti Costruzioni e mancasse "qualsivoglia sproporzione tra le reciproche prestazioni, poichè la convenuta ebbe modo di farsi stimare i beni oggetto della compravendita precedentemente all’acquisto degli immobili, anche in considerazione del fatto che gli immobili erano e sono tuttora da completare per un importo di lavori di L. 185.120.000, pervenendo alla conclusione di una assoluta conformità del prezzo pattuito ai valori di mercato".

La premessa si appalesa utile da un lato ad identificare la ratio decidendi della sentenza impugnata, al di fuori delle articolazioni dell’art. 67, commi 1 e 2 considerati dalla ricorrente, e a contenere su tale ratio il tema in discussione, e dall’altro a verificare gli esatti termini dell’elemento soggettivo e del relativo onus probandi, che Prominvest ha ritenuto di riferire all’art. 67, comma 2 allorchè ha addebitato alla curatela di non aver dato la prova della scientia decoctionis, salvo subito dopo (f. 9 del ricorso) a precisare di avere fornito documentalmente e in corso di causa numerosi elementi a sostegno della propria inscientia, secondo la linea tracciata dalla corte abruzzese che sul comma 1, n. 2 ha concentrato la sua attenzione, lasciando fuori la ipotesi dell’atto a prestazioni sproporzionate, sulla quale il ricorso si è inutilmente soffermato, allo scopo di negarla.

Ciò posto va rilevato che la sentenza impugnata, dopo avere considerato che "è raro nella normale attività imprenditoriale" che i prodotti dell’impresa vengano scambiati con crediti vantati da società finanziarie nei confronti del venditore ceduto lo stesso giorno della compravendita ed avere osservato che "non è certamente normale comportamento dell’aspirante acquirente di mettersi in cerca, per pagare l’oggetto compravenduto, di crediti da acquistare e che cedente del credito, cessionario e venditore ceduto si trovino casualmente lo stesso giorno della stipula della compravendita e della cessione presso lo stesso studio notarile" ed avere infine preso atto che il prezzo di L. 360 milioni era stato pagato con accollo di mutuo per L. 110 milioni, tanto da rendere perfettamente conforme la differenza all’importo del credito ceduto, ha concluso, attraverso richiami giurisprudenziali di legittimità, che in tema di revocatoria fallimentare l’estinzione della precedente passività come scopo ulteriore rispetto alla causa tipica dei singoli negozi a tale fine utilizzati, secondo lo schema del "collegamento funzionale", conferisce all’operazione complessivamente realizzata un carattere anormale, in tali termini qualificandosi anche l’atto terminale, di per sè neutro, di estinzione del debito con conseguente presunzione semplice di conoscenza dello stato di insolvenza da parte del creditore così soddisfatto.

Se dunque la si colloca nella categoria dei mezzi indiretti per conseguire il risultato economico della datio in solutum, compiuta attraverso il collegamento dell’acquisto del bene e della compensazione del credito originario col pagamento del prezzo, sia pure parziale, nessun dubbio sussiste sulla fattispecie configurata dall’art. 67, comma 1, n. 2, L. Fall. (Cass. 193/2001; 3710/1984, 6675/1981; 5138/1980) – a nulla rilevando la ordinarietà dell’attività di impresa della Iacovitti Costruzioni, dal momento che ad assumere rilievo ai fini della decisione è invece la specificità in concreto dell’atto posto in essere – e sulla conseguente superfluità della indagine in ordine alla prova della scientia decoctionis, atteso che la ipotesi revocatoria configurata ribalta sull’accipiens l’onere della prova della inscientia, non assolto e persino superato dalle circostanze valutate dalla corte di merito (f. 4 della sentenza), che l’hanno indotta ad affermare che il collegamento dell’atto solutorio con la compravendita" e indice sicuro … di consapevolezza dell’acquirente dello stato di insolvenza in cui versava la società venditrice".

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in Euro 2.500,00 di cui 200 per esborsi e 2300,00 per onorari oltre alle spese generali e agli accessori di legge.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali in Euro 2.500,00, di cui 200 per esborsi e 2300,00 per onorari oltre alle spese generali e agli accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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