Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 01-02-2011) 23-03-2011, n. 11521 Abuso di ufficio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

I.C., tramite difensore, ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza, in data 22.1.2010, con cui la Corte d’Appello di Roma, decidendo in sede di rinvio della Corte di Cassazione (sentenza 24.5.2006), in riforma della sentenza 22.10.2002 del Tribunale di Roma, appellata dallo I., dichiarava non doversi procedere in ordine al reato di cui agli artt. 56 e 323 c.p., così modificata l’originaria imputazione, perchè estinto per prescrizione, con conferma della statuizioni civili. La Suprema Corte, con la sentenza di annullamento, rilevava che era stata omessa la motivazione in ordine ai motivi di appello attinenti ai profili penalistici della prescrizione (eventuali sospensioni ed interruzioni), alle statuizioni civili ed agli estremi del reato comportanti il diritto al risarcimento del danno in favore della parte civile.

Il ricorrente chiedeva l’annullamento della sentenza impugnata deducendo:

1) nullità della sentenza(ex art. 522 c.p.p., in relazione all’art. 521 c.p.p., per violazione del principio di correlazione tra l’imputazione contestata e la sentenza, stante la diversità del fatto originariamente contestato (abuso di ufficio mediante l’emissione dell’ordinanza del 5.7.2005 con cui era stata concessa l’occupazione di suolo pubblico alla società Blackout al fine di procurare un ingiusto profitto al F.); la revoca di tale ordinanza, quale elemento fondante dell’accusa originaria, comportava il difetto di un vantaggio in capo al F. e l’insussistenza del tentativo di abuso di ufficio;

2) mancanza e manifesta illogicità della motivazione, laddove la Corte territoriale aveva omesso di considerare il cd. "rescritto" apposto dallo I. per il D.M. che aveva riconosciuto la correttezza del comportamento tenuto dall’imputato, nonchè omessa considerazione dell’interrogatorio reso dallo stesso;

3) inammissibilità della costituzione di parte civile per violazione dell’art. 78 c.p.p., comma 1, lett. c), d) ed e) in quanto formulata genericamente e proveniente dalla parte personalmente anzichè dal difensore;

4) mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla mancata revoca della provvisionale ed alla sospensione della sua immediata esecutività, pur in difetto della prova del danno.
Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato.

Il ricorrente si limita a riproporre questioni già esaminate dalla Corte territoriale e risolte con corretta e logica motivazione, laddove è stato dato atto che la qualificazione del tentativo di abuso di ufficio dipendeva dal mancato conseguimento di un ingiusto profitto da parte di F.M." perchè il concessionario gli negò l’apertura dello stand". Peraltro il fatto contestato, sia pure qualificato come tentativo, non ha comportato una diversità della condotta originariamente contestata, rapportata, in ogni caso, alla occupazione di suolo pubblico sulla base di ordinanza illegittima in quanto sfornita della firma del direttore, ordinanza la cui revoca era stata determinata non nell’ambito del procedimento di autotutela della P.A., ma "per l’interposizione del concessionario che non aveva consentito il raggiungimento di detto ingiusto profitto"; tale circostanza, come evidenziato nella sentenza impugnata, non escludeva, quindi, la illiceità della condotta sia pure nella forma del tentativo.

Il giudice di appello ha, in conformità della giurisprudenza della S.C.(Cass. n. 645/2006; n. 24018/2002; n. 22671/02) ritenuto ammissibile la costituzione di parte civile rilevando che, nella specie, la sottoscrizione del difensore apposta esclusivamente in calce alla procura speciale rilasciata dalla persona offesa e non alla dichiarazione di costituzione sottoscritta dal solo interessato, era sufficiente ad integrare il requisito della sottoscrizione del difensore in calce all’atto di costituzione, ex art. 78 c.p.p., comma 1, lett. e).

Il quarto motivo è del tutto generico,in assenza di specifiche contestazioni sulla richiamata motivazione della sentenza di primo grado in ordine alla concessa provvisionale ed alla prova del danno, sulla base, essenzialmente, di quanto sostenuto dalle parti offese.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, nonchè alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalle parti civili, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende nonchè alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalle parti civili, D.M.E. e P. I., liquidate in complessivi Euro 1.600,00, oltre spese generali, IVA e CPA..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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