Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 27-01-2011) 23-03-2011, n. 11515

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza del 19.11.2009 la Corte d’Appello dell’Aquila in parziale riforma della sentenza in data 15.6.2009 del Tribunale di Teramo, riconosciuta l’ipotesi di cui all’art. 56 c.p., comma 3 e qualificati gli atti ai sensi dell’art. 635 cpv c.p., n. 2 in relazione all’art. 625 c.p., n. 7 condannava G.G. alla pena di mesi 8 di recl.. Ai sensi dell’art. 168 c.p. revocava il beneficio della sospensione condizionale della pena concesso all’imputato con sentenza irrevocabile del GUP di Teramo irrevocabile il 22.4.2008, per essere il reato in argomento stato commesso il 4.5.2009 e quindi nel quinquennio dalla avvenuta concessione della sospensione condizionale. Riteneva la Corte territoriale emergere dagli atti, quanto meno a livello di dubbio – che ex art. 530 c.p.p., comma 3 doveva comunque giovargli – avere il G. desistito per sua scelta dal tentativo di portare a termine il furto e affermava residuare la penale responsabilità per danneggiamento aggravato, in quanto non vi era dubbio che l’imputato aveva causato il danneggiamento del dispositivo di apertura della porta basculante installato sulla parete esterna del fabbricato, esposto per necessità alla pubblica fede.

Ricorre per Cassazione il difensore di G.G. deducendo che la sentenza impugnata:

– è incorsa in violazione di legge in quanto per il danneggiamento era necessaria una rottura dell’interruttore che nel caso di specie non vi è stata e comunque non può ritenersi sussistente l’aggravante ritenuta in sentenza non essendo l’oggetto danneggiato necessariamente esposto alla pubblica fede;

– è incorsa in violazione di legge per inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, inammissibilità, inutilizzabilità e decadenza con riferimento agli artt. 581 e 597 c.p., nonchè in relazione all’art. 99 c.p.p., comma 3. Lamenta il ricorrente che la Corte d’appello, revocando la sospensione condizionale, ha effettuato una reformatio in pejus in assenza di impugnazione del P.M. .Allo stesso modo ha effettuato una reformatio in pejus non consentita laddove ha operato un aumento per la recidiva superiore rispetto a quello del Giudice di primo grado.

Il primo motivo di ricorso è infondato.

Con il motivo in argomento il G. ripropone una doglianza versata in fatto e già avanzata in sede di appello in ordine alla quale la Corte Territoriale ha reso specifica motivazione. Nel ritenere sussistente l’ipotesi ventilata dall’appellante di desistenza volontaria dal contestato reato di tentativo di furto nei garages dello stabile di (OMISSIS), la Corte Aquilana ha ritenuto residuare la penale responsabilità per il reato di danneggiamento aggravato perchè gli atti posti in essere dall’imputato avevano determinato, senza ombra di dubbio, il danneggiamento del dispositivo della porta basculante che dava accesso ai garages condominiali (i fili erano stati staccati e scoperti e l’interruttore che veniva azionato con la chiave era stato staccato dal muro). E’ evidente che ci si trovi di fronte ad un danneggiamento commesso mediante forzatura della porta d’ingresso ai box condominiali.

Con riguardo alla censura in ordine alla sussistenza della aggravante contestata deve rilevarsi che il danneggiamento aggravato ex art. 635, comma 2, n. 3 può avere per oggetto sia le cose mobili che le immobili, poichè l’ambito di applicazione della norma ha riguardo alla qualità, alla destinazione e alla condizione delle cose indicate nell’art. 625 c.p., n. 7 e non anche alla loro natura mobiliare (Cass. 1A 20.2.87 n. 287, c.c. 4.2.87, Andruzzi; Cass. 28.3.85, Iurilli; Cass. 10.2.84, Mento, rv. 163777). Infatti, la maggiore tutela alle cose esposte alla pubblica fede per necessità o per consuetudine o per destinazione va individuata nel fatto che esse sono prive della custodia da parte del proprietario sicchè la proprietà od anche il possesso di esse ha come presidio soltanto il senso del rispetto da parte dei terzi. E’ evidente come la porta basculante in argomento, che garantiva l’accesso nei garages condominiali sottostanti lo stabile sito in (OMISSIS), sfuggiva al diretto controllo dei condomini.

Correttamente è stata pertanto riconosciuta l’aggravante in discussione.

Anche il secondo motivo di ricorso è infondato.

Il ricorrente non contesta la sussistenza della recidiva riconosciuta dai giudici del merito, bensì lamenta una violazione della reformatio in pejus con riguardo all’aumento di pena conseguente al suo riconoscimento.

Deve rilevarsi che a norma dell’art. 597 c.p.p., comma 3, qualora il gravame sia proposto solo dall’imputato, opera il divieto di "reformatio in peius". In tal caso, infatti, il Giudice non può irrogare una pena più grave per specie o quantità, nè applicare una misura di sicurezza nuova o più grave, prosciogliere l’imputato con formula meno favorevole e revocare benefici, mentre può, in ossequio al tradizionale canone "iura novit curia", dare al fatto una qualificazione giuridica diversa e più grave, purchè non siano superati i limiti di competenza per materia del giudice di primo grado. L’art. 597 c.p.p., comma 4 non solo conferma il divieto di "reformatio in peius", ma ne rafforza l’efficacia sotto il profilo del contenuto, stabilendo che se viene accolto l’appello dell’imputato relativo a circostanze o a reati concorrenti, anche se unificati dalla continuazione, la pena complessiva irrogata deve essere "corrispondentemente" diminuita. La giurisprudenza di questa Corte, dopo decisioni in senso contrario che ritenevano rispettato il disposto di cui all’art. 597 c.p.p., comma 4, purchè la pena complessiva irrogata fosse corrispondentemente diminuita, è ormai orientata nel senso che il divieto della reformatio in peius in appello riguardi non soltanto il risultato finale, ma anche tutti gli elementi del calcolo della pena: cosicchè, in caso di accoglimento dell’appello dell’imputato in ordine alle circostanze o al concorso di reati, anche se unificati per la continuazione, discende non solo l’obbligatoria diminuzione della pena complessiva, ma anche l’impossibilità di elevare la pena comminata per singoli elementi, pur risultando diminuita quella complessiva a seguito dell’accoglimento del gravame dell’imputato (cfr. ex multis Cass. Pen. sez. 4A n. 47341 del 28.10.2005). Nel caso in esame non vi è stata sicuramente una reformatio in pejus con riguardo al risultato finale, la pena irrogata in secondo grado in accoglimento dell’appello sulla qualificazione del reato è inferiore a quella inflitta dai giudici di primo grado, ma non vi è neppure stata violazione dell’art. 597 c.p.p., comma 4. Con riguardo alla riconosciuta sussistenza della recidiva specifica infraquinquennale non vi è stata infatti alcuna impugnazione. La sussistenza della recidiva è stata riconosciuta da entrambi i giudici del merito Una volta riconosciuta la sussistenza la circostanza aggravante opera necessariamente e determina tutte le conseguenze di legge sul trattamento sanzionatorio e sugli ulteriori effetti commisurativi e dunque, nell’ipotesi di recidiva specifica ed infraquinquennale e, per quanto qui rileva in relazione all’oggetto del ricorso in esame, determina l’aumento della pena base nella misura fissa indicata dall’art. 99 c.p., comma 3, pari alla metà. Correttamente pertanto la Corte Territoriale ha aumentato la pena base, fissata in misura di poco superiore ai minimi edittali, della metà per la recidiva ex art. 99 c.p., comma 3 senza incorrere in alcuna reformatio in pejus.

Infondato è anche il motivo, con cui è dedotta la revoca del beneficio della sospensione condizionale per asserita violazione del divieto della "reformatio in peius" da parte del giudice di appello, investito del gravame del solo imputato. La revoca risulta disposta in presenza dei presupposti giustificativi di cui all’art. 168 c.p., comma 1 ed è noto che non viola il divieto di cui all’art. 597 c.p., comma 3 il provvedimento di revoca del beneficio della sospensione da parte del giudice della impugnazione – seppure il gravame sia stato proposto unicamente dall’imputato – ove egli accerti, come nella specie, in esito ad attività puramente ricognitiva e non discrezionale e valutativa, il venir meno delle persistenti condizioni di legittimazione del beneficio (Cass. n. 790/1999; Cass. Sez. Un. 8.4.1998 n. 7551, Cerroni; Cass. Sez. 6^, 5.5.1994, n. 9281, Poletto).

Il ricorso deve pertanto essere rigettato.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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