Cass. civ. Sez. II, Sent., 10-06-2011, n. 12868 Interpretazione del contratto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con citazione del 16/1/1995 S.D., S.V. e S. C. convenivano in giudizio P.G. chiedendone la condanna al risarcimento dei danni perchè aveva taciuto che il terreno loro venduto (di cui al mappale 19) era gravato da una servitù di passaggio.

Il convenuto si costituiva e contestava la domanda degli attori eccependo che il terreno venduto non era gravato da alcuna servitù di passaggio, non essendo ricompresa nella vendita la porzione di terreno gravata dalla servitù.

Il Tribunale di Verona, sulla base di espletata c.t.u., rilevava che del mappale 19, oggetto della compravendita era stata venduta solo la parte di terreno pertinenziale a giardino all’interno della recinzione (e, quindi, non gravata da servitù) e che l’obbligo del venditore era stato adempiuto essendo prevista la vendita a corpo.

Gli attori proponevano appello asserendo che era stato venduto l’intero mappale e non solo la parte destinata a giardino; il convenuto resisteva all’appello.

La Corte di appello di Venezia con sentenza del 6/8/2004 rigettava l’appello rilevando:

– che con il rogito fu venduto il terreno pertinenziale a giardino, censito al NCT al mappale 19, di are 19,23;

che il terreno di cui al mappale oggetto della vendita era diviso da una rete metallica con zoccolo in cemento che separava la parte adibita a giardino, di pertinenza al fabbricato, dalla striscia esterna adibita a strada;

che con il rogito l’immobile era stato venduto a corpo e nell’attuale stato di fatto e di diritto;

– che pertanto non tutto il mappale era stato venduto, ma solo il terreno pertinenziale a giardino;

che se le parti avessero inteso compravendere l’intero mappale non avrebbero avuto necessità di specificare che oggetto della vendita era il terreno pertinenziale a giardino;

che l’indicazione, in atto, dell’intera superficie del mappale era stata inserita nel rogito solo per riportare i dati catastali completi del terreno pertinenziale compravenduto;

che al rogito era stata allegata la piantina riportante anche la strada, ma da questo elemento non si poteva desumere che tutti i beni indicati in piantina fossero venduti in quanto la piantina aveva la funzione di descrivere i luoghi ove si trovavano i beni alienati;

che nel rogito non si faceva riferimento ad un frazionamento perchè le parti non avevano ritenuto necessario procedere al frazionamento stante la delimitazione ben individuabile, costituita dalla rete metallica con zoccolo di cemento.

S.D., S.V. e S.C. propongono ricorso per Cassazione fondato su tre motivi. Resiste con controricorso P.G..

Sia i ricorrenti che il controricorrente hanno depositato memorie.
Motivi della decisione

1. Con il primo motivo i ricorrenti deducendo la violazione degli artt. 1362 c.c. e segg. censurano la violazione dei criteri di interpretazione del contratto con riferimento:

– sia al citato art. 1362 c.c., comma 2 non essendo stata considerata la comune intenzione dei contraenti desumibile dalla previsione contrattale per la quale "guanto alle coerenze degli immobili le parti fanno espresso riferimento alle risultanze delle mappe censuarie", – sia con riferimento al comma 2 dello stesso articolo, non essendosi valutato il comportamento complessivo delle parti e, in particolare, del P. che con raccomandata aveva contestato il fatto che l’esistenza della rete metallica di delimitazione era apparente e percepibile,- senza accennare al contenuto delle clausole contrattuali, sia con riferimento all’art. 1363 c.c. perchè il contratto non sarebbe stato interpretato valutando complessivamente le clausole e non sarebbe stata considerato che per l’individuazione delle coerenze le parti avevano fatto riferimento alle mappe censuarie, mentre l’indicazione della destinazione a giardino era semplicemente funzionale alla corretta identificazione catastale che comporta l’indicazione, della natura del terreno;

sia con riferimento all’art. 1369 c.c. essendosi trascurato che per gli acquirenti la stradina del mappale 19 era necessaria per raggiungere la via pubblica, mentre non avrebbe avuto senso per il P., riservarsi la proprietà di una stradella, posto che aveva venduto tutti i terreni di proprietà, nè avrebbe avuto senso non costituire sulla parte residua del mappale una servitù di passaggio a favore del fondo acquistato e costituire, invece, sul fondo acquistato, una servitù di passaggio a favore di altri confinanti.

2. Con il secondo motivo i ricorrenti deducendo la violazione degli artt. 1538 c.c. (vendita a corpo), art. 1362 c.c. intenzione dei contraenti e art. 1364 c.c. (espressioni generali) lamentano:

– che il giudice di appello ha utilizzato, quale canone interpretativo della volontà delle parti, la circostanza che la vendita fu effettuata a corpo, mentre la circostanza era del tutto irrilevante in quanto la specificazione che la vendita avviene a corpo ha la sola funzione di regolare l’incidenza sul prezzo delle variazioni di superficie;

– che il giudice di appello ha valorizzato solo la clausola per la quale il contratto veniva venduto nell’attuale stato di fatto e di diritto,a corpo, mentre la clausola si risolveva in una mera clausola di stile.

3. Con il terzo motivo i ricorrenti deducono il vizio di motivazione perchè il giudice di appello ha fondato la propria decisione su una disamina sommaria incompleta e parziale delle risultanze di causa per le ragioni espresse nei precedenti motivi trascurando i precisi riferimenti alle coerenze risultanti dalle mappe censuarie, allegate alla scrittura, l’illogicità di una interpretazione dell’atto in base alla quale sarebbe stato comprato un terreno senza accesso alla pubblica via, la mancanza di frazionamento, con la conseguenza che la decisione non ha preso neppure in esame la domanda risarcitoria.

4. I tre motivi possono essere esaminati congiuntamente perchè si sostanziano nella censura della mancata o erronea applicazione dei criteri di interpretazione del contratto per effetto della quale la motivazione è risultata illogica e insufficiente. La censura è fondata.

Occorre premettere (anche in risposta ad una contestazione di parte resistente) che i ricorrenti, censurando la mancata osservanza dei criteri ermeneutici di cui agli artt. 1362 c.c. e segg. e l’insufficienza e contraddittorietà della motivazione, hanno rispettato il principio di autosufficienza del ricorso perchè hanno trascritto, per quanto di rilevanza, le clausole individuative dell’effettiva volontà delle parti al fine di consentire, in sede di legittimità, la verifica dell’erronea applicazione della disciplina normativa.

E’ opportuno, inoltre, ricordare i limiti dell’intervento del giudice di legittimità in materia di interpretazione di una norma contrattuale, che è operazione che si sostanzia in un accertamento di fatto, come tale riservato al giudice di merito e pertanto incensurabile in cassazione. La Corte di Cassazione, tuttavia, può esercitare il controllo di legittimità sui vizi attinenti ai criteri legali di ermeneutica o ad una motivazione carente o contraddittoria perchè le è riservato il controllo, sotto il profilo della coerenza logico formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, attraverso il filtro delle censure del ricorso (cfr., per tutte, Cass. 21 agosto 2006 n. 18214). In proposito, va ribadito che i canoni legali di ermeneutica contrattuale sono governati da un principio di gerarchia, in forza del quale quelli strettamente interpretativi (artt. 1362 – 1365 c.c.) prevalgono su quelli interpretativi – integrativi (artt. 1366 – 1371 c.c.) ove la concreta applicazione degli stessi risulti da sola sufficiente a rendere pienamente conto della comune intenzione delle parti (cfr., al riguardo, ex plurimis, Cass. 9 febbraio 2006 n. 9553).

Nell’ambito dei canoni strettamente interpretativi risulta poi, nella legge, prioritario il criterio fondato sul significato letterale delle parole, quale imprescindibile dato di partenza dell’indagine ermeneutica; il dato letterale, peraltro, ha la finalità di individuare la comune intenzione delle parti, di cui all’art. 1362 c.c., comma 1, che costituisce la finalità ultima dell’attività ermeneutica; il dato letterale laddove sufficiente alla individuazione della comune intenzione delle parti può in alcuni casi orientare in maniera conclusiva, da solo, l’operazione ermeneutica (cfr. Cass. 28/8/2007 n. 18180; per la rilevanza dell’indagine sulla comune intenzione delle parti: v. Cass. 5/6/2009 n. 13083). Il sindacato di legittimità può pertanto avere ad oggetto non già la ricostruzione della volontà delle parti bensì solamente la individuazione dei criteri ermeneutici del processo logico del quale il giudice di merito si sia avvalso per assolvere i compiti a lui riservati, al fine di verificare se sia incorso in vizi del ragionamento o in errore di diritto (v. Cass., 29/7/2004, n. 14495). Ciò premesso, si osserva che il giudice di appello:

– a fronte di un chiaro dato letterale per il quale era venduto il mappale 19 di are 19,23 ha utilizzato una motivazione priva di logica laddove ha fatto discendere una limitazione della vendita (alla sola parte recintata adibita a giardino di pertinenza) dall’espressione per la quale la vendita avveniva nello stato attuale di fatto e di diritto a corpo, ossia da una espressione per nulla attinente all’oggetto della vendita (che rimaneva il mappale 19), ma alla sua superficie (v. art. 1538 c.c.);

– ha ulteriormente utilizzato la specificazione della destinazione dell’area (terreno pertinenziale a giardino), che normalmente è funzionale all’individuazione della destinazione di uso del terreno ai fini della determinazione della rendita catastale e delle eventuali esenzioni ICI, per farne discendere che quella parte di terreno che, di fatto, non era adibita a giardino non era venduta, così attribuendo ad una informazione sull’uso prevalente e sulla destinazione prevista in catasto, la funzione di specificare l’oggetto della vendita;

ha utilizzato una motivazione che contraddice il contenuto espresso degli accordi laddove ha attribuito alla mappa censuaria, alla quale le parti contraenti facevano espresso riferimento per la determinazione delle coerenze degli immobili, la mera funzione di descrivere lo stato dei luoghi, così immotivatamente svalorizzando l’identificazione dell’immobile tramite l’indicazione dei confini;

– non ha esplicitato valide ragioni per disapplicare il principio giurisprudenziale per il quale quando si controverta sull’estensione e i limiti dell’effetto traslativo l’eventuale contrasto tra dati descrittivi e catastali con elementi estrinseci alla descrizione obiettiva del bene deve essere risolta dando rilievo alla individuazione tecnico – topografica dell’immobile (Cass. 3/9/2010 n. 19044), tanto più considerando che per la determinazione dei confini degli immobili compravenduti le parti avevano fatto espresso riferimento alle mappe censuarie (v. in ricorso, la trascrizione del contratto nella parte relativa all’individuazione del suo oggetto).

In conclusione il ricorso deve essere accolto essendo complessivamente fondati i motivi di insufficiente e illogica motivazione e di violazione dei criteri legali di interpretazione del contratto e, in relazione a tali motivi, deve essere cassata la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della C.A. di Venezia che provvederà anche per le spese di questo giudizio di Cassazione.
P.Q.M.

La Cassazione accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese di questo giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte di Appello di Venezia.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *