T.A.R. Veneto Venezia Sez. I, Sent., 21-03-2011, n. 468 Amministrazione Pubblica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

e e l’Avvocato dello Stato Greco per il Ministero della Difesa;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.1. Il ricorrente, Sergente maggiore dell’Aeronautica Militare G.D., già in servizio presso il Comando della 1^ Brigata Aerea di Padova, ha ricevuto in data 13 novembre 1996 la sanzione disciplinare di corpo di giorni sette di consegna (cfr. art. 64 del Regolamento di disciplina militare approvato con D.P.R. 18 luglio 1986 n. 545) con la seguente motivazione:"Nonostante fosse stato già richiamato, presentava una istanza all’Amministrazione tramite uno studio legale, contravvenendo a quanto previsto dall’art. 39 del Regolamento di disciplina militare e dimostrando scarsissimo senso della disciplina. L’infrazione è stata commessa il 31 ottobre 1996 nel grado di Sergente maggiore. Il provvedimento decorre dal 13 novembre 1996. La S.V. è dispensata, al termine della punizione, dal presentarsi al Comandante come previsto dall’art. 73 del Regolamento di disciplina militare. Nell’esortarLa a fare ammenda dell’infrazione disciplinare commessa e ad emendare il Suo comportamento per l’avvenire, Le rammento che, ai sensi dell’art. 75 del Regolamento di disciplina militare, la S.V., trascorsi due anni di servizio dalla data odierna, potrà presentare istanza al Signor Ministro della Difesa, per via gerarchica, per chiedere la cessazione di ogni effetto della presente sanzione disciplinare, sempre che frattanto non abbia riportato in tale periodo altre sanzioni disciplinari. L’istanza potrà trovare favorevole accoglimento qualora la Sua condotta e il Suo rendimento in servizio, in questi due anni, sisiano dimostrati soddisfacenti e la S.V. abbia evidenziato quei miglioramenti il cui stimolo costituisce la finalità del presente provvedimento. Il Comandante Generale di Brigata Aerea Francesco Cariati" (cfr. nota Prot. RA10/887/P66 dd. 13 novembre 1996, doc. 4 di parte ricorrente).

Giova sin d’ora evidenziare che il testè citato art. 39 del D.P.R. 545 del 1986, intitolato"Relazioni con i superiori", dispone quanto segue: "(1). Ogni militare può chiedere, per via gerarchica, di conferire con il Ministro della Difesa o con un superiore, precisando il motivo della richiesta per le questioni di servizio, oppure dichiarandone il carattere privato, nel caso di questioni non riguardanti il servizio e la disciplina.(2). 2. Il Ministro della Difesa può delegare altra autorità civile o militare a ricevere il richiedente. (3) La richiesta di conferire con dette autorità deve essere trasmessa con la massima sollecitudine. (4) Il superiore che la inoltra, nel caso si tratti di questioni di servizio, deve esprimere il proprio motivato parere in merito all’oggetto della richiesta. (5) Qualunque militare può far pervenire al Ministro della Difesa, tramite il comandante di corpo o altra autorità superiore, un plico chiuso nel quale siano trattate solo questioni personali di particolare gravità e delicatezza attinenti al rapporto di impiego o di servizio. (6) Qualunque militare può presentarsi direttamente:

a) ai propri superiori fino al comandante di compagnia o reparto corrispondente per giustificati motivi; b) a qualsiasi superiore fino al comandante di corpo per gravi ed urgenti motivi;c) all’autorità competente o a qualsiasi superiore in casi di urgenza che interessino la sicurezza del reparto o quando si tratti di questioni attinenti alla sicurezza dello Stato o alla salvaguardia di vite umane. (7). In ogni caso l’inferiore deve informare, appena possibile, il superiore per il cui tramite avrebbe dovuto corrispondere in via normale. (8). Ogni militare può conferire direttamente con l’autorità incaricata di una ispezione, sempre che ciò sia consentito mediante apposita comunicazione nell’ordine del giorno del corpo ispezionato".

Il D. ha proposto avverso tale provvedimento ricorso gerarchico, a" sensi dell’art. 1 e ss. del D.P.R. 24 novembre 1971 n. 1199.

Tale impugnativa è stata respinta in data 17 febbraio 1997 dal Comandante della 1^ Regione Aera di Milano con provvedimento mai notificato al ricorrente, il quale peraltro avrebbe avuto notizia della relativa circostanza in data 6 marzo 1997.

Con ricorso proposto sub R.G. 1534 del 1997 innanzi a questo stesso T.A.R. il D. ha quindi chiesto l’annullamento sia del provvedimento di reiezione della propria impugnazione gerarchica, sia della sanzione a lui irrogata, deducendo nell’ordine l’omessa contestazione scritta dell’addebito con conseguente impedimento di un’idonea difesa in sede procedimentale, l’incensurabilità del comportamento da lui tenuto in quanto si trattava dell’esercizio di un diritto (ossia della corretta esecuzione della sentenza n. 636 dd. 22 aprile 1996, parimenti emessa da questa stessa Sezione a definizione di altro contenzioso insorto sempre tra lui e l’Amministrazione militare) e la falsa applicazione dell’art. 39 del D.P.R. 545 del 1986 che dà facolta, ma non impone agli interessati di conferire con i propri superiori prima di intraprendere qualsiasi iniziativa a tutela dei propri diritti e interessi.

Con sentenza n. 69 dd. 14 gennaio 2005 la Sezione ha accolto il ricorso del D..

Nella sentenza stessa si legge che"il provvedimento di reiezione del ricorso gerarchico opposto, decidendo nel merito, ritiene corretta l’irrogazione della sanzione in quanto "la via gerarchica designa il percorso che ogni militare deve seguire allorquando intende conferire con un superiore e l’obbligo di osservare la via gerarchica sussiste non solo per ragioni di servizio ma anche allorquando si debba conferire con i superiori per motivi di carattere privato", ravvisando le uniche eccezioni a tale regola in quanto contenuto nei commi 5 e 6 dell’ art. 39 stesso(che prevedono, rispettivamente, la possibilità di far pervenire le proprie istanze direttamente al Ministro della Difesa in plico chiuso, in caso di questioni personali di particolare gravità e delicatezza; ovvero di adire altri superiori per gravi e giustificati motivi). L’ argomentazione non è persuasiva, specialmente perchè non è aderente al fatto materiale che ha originato la vertenza. Infatti, il ricorrente non ha inteso proporre "un’istanza all’Amministrazione tramite uno studio legale", istanza per la quale risultasse necessario adire prioritariamente la via gerarchica, come previsto dall’ art. 39 che regola specificamente "le relazioni con i superiori". La domanda, al contrario, è stata rivolta all’Amministrazione dall’avvocato del ricorrente, nella sua specifica qualità di difensore che lo aveva patrocinato in un precedente giudizio, ove la P.A. era risultata soccombente, e mirava a stimolare l’esecuzione della sentenza stessa, rimasta inattuata. Il dar impulso alla fase esecutiva rientra espressamente nelle prerogative del difensore e nei limiti del mandato a tale scopo conferito. In definitiva, poiché il ricorrente non aveva l’onere di proporre in proprio e adendo la via gerarchica tale istanza, nessuna violazione dell’art. 39 può essergli addebitata, dato che questa disposizione riguarda fattispecie diverse. Conseguentemente, vanno annullati sia il provvedimento di reiezione del ricorso gerarchico che la sanzione disciplinare irrogata. Le spese seguono la soccombenza; pertanto l’Amministrazione Militare viene condannata a rifondere al ricorrente le spese di giudizio, che pare equo quantificare in complessivi Euro 1.500,00 (millecinquecento/00)".

1.2. Ciò posto, con ricorso proposto sub R.G. 1472 del 2006 innanzi a questa stessa Sezione il D. ha chiesto, a" sensi dell’art. 2043 c.c., ovvero a" sensi dell’art. 2059 c.c., il risarcimento dei danni morali ed esistenziali subiti a seguito dell’illegittima sanzione disciplinare irrogata nei suoi confronti: danni che il ricorrente ha reputato ammontanti alla somma complessiva di Euro 50.000,00., ovvero in quella maggiore o minore che questo giudice avrebbe reputato equa, a" sensi degli artt. 2056 e 1226 c.c.

1.3. In tale procedimento si è costituito in giudizio il Ministero della Difesa, chiedendo la reiezione della domanda proposta dalla controparte.

2.1.Con l’ulteriore ricorso in epigrafe (R.G. 22 del 2009) il medesimo D., viceversa, ha proposto una domanda risarcitoria di ben più ampio contenuto, considerando a fondamento della stessa ulteriori episodi inerenti al servizio da lui prestato presso l’Aeronautica Militare.

Il D. ha riferito in tal senso di essersi ivi arruolato in data 6 ottobre 1975 e di aver raggiunto il grado di sergente maggiore, venendo assegnato al Comando della 1^ Brigata Aerea di Padova.

Il medesimo ricorrente ha precisato – altresì – di aver conseguito nelle proprie note caratteristiche il più delle volte il giudizio "nella media" e, in qualche occasione, anche di "superiore alla media".

Il D. ha riferito pure che nel corso del 1988 è avvenuto un primo, grave contrasto con il proprio diretto superiore, maggiore Enrico Bado, il quale avrebbe da lui preteso il recapito a casa, con la sua autovettura, di un mobilescarpiera di proprietà dell’Amministrazione militare.

Il D. ha affermato di aver opposto a tale richiesta un netto rifiuto, a fronte del quale il Bado e altri suoi superiori avrebbero reagito con continue vessazioni, tanto da pregiudicare il proprio avanzamento a maresciallo e da indurlo ad informare di quanto stava avvenendo la Procura Militare di Padova (cfr. doc.ti 1 e 2 di parte ricorrente sub R.G. 22 del 2009).

Nondimeno, lo stesso D. ha ammesso di essersi talvolta allontanato arbitrariamente dal servizio, asseritamente a causa delle ripetute angherie subite

In relazione a ciò, il D. è stato pertanto condannato una prima volta con sentenza del Tribunale militare di Padova n. 19 dd. 26 gennaio 1993, emessa a" sensi dell’art. 444 c.p.p., alla pena patteggiata di mesi tre e giorni 10 di reclusione militare, conseguente alla riduzione di un terzo per effetto dell’applicazione delle attenuanti di cui all’art. 62 bis c.p., all’aumento di mesi uno per la continuazione e l’ulteriore diminuzione di un terzo conseguente all’applicazione del predetto art. 444 c.p.p. e con il beneficio della sospensione condizionale della pena di cui all’art. 163 c.p. e della non menzione della condanna medesima nel certificato del casellario penale ( art. 175 c.p.), per il reato di diserzione ( art. 148, n. 2, c.p.m.p.), e una seconda volta con sentenza n. 351 dd. 15 ottobre 1993, pronunciata sempre dallo stesso Tribunale per lo stesso reato, con conseguente rideterminazione della pena a carico del reo per intervenuta recidiva nella misura complessiva di mesi cinque e giorni dieci di reclusione militare, ferma comunque restando l’applicazione dei benefici della sospensione condizionale della pena di cui all’art. 163 c.p. e della non menzione della condanna medesima nel certificato del casellario penale di cui all’art. 175 c.p. (cfr. ibidem, doc.ti 3 e 4).

In dipendenza della prima di tali sentenze il D. è stato sottoposto a procedimento disciplinare, conclusosi con l’adozione del decreto del Direttore Generale per il Personale Militare dell’Aeronautica dd. 4 agosto 1993, notificato all’interessato il 15 settembre 1993 e recante nei confronti del medesimo D. la sanzione disciplinare di stato della perdita del grado per rimozione, con conseguente cessazione dal servizio permanente e collocamento in congedo con decorrenza 4 agosto 1993 (cfr. ibidem, doc. 5).

Avverso tale provvedimento il D. ha proposto ricorso sub R.G. 3910 del 1993 innanzi a questo stesso T.A.R., il quale con ordinanza n. 1001 dd. 9 dicembre 1993 ha accordato al ricorrente la sospensione cautelare degli effetti dell’atto impugnato (cfr. ibidem, doc. 7), determinando con ciò la sua riammissione in servizio con decorrenza 24 gennaio 1994 (cfr. ibidem, doc. 8).

Con successiva ordinanza resa in occasione della pubblica udienza del 24 marzo 1994 la Sezione ha rimesso all’esame della Corte Costituzionale la questione della omessa previsione, nel contesto dell’art. 74 della L. 31 luglio 1954 n. 599, della possibilità, per il difensore dell’incolpato, di intervenire innanzi alla Commissione di disciplina nell’ipotesi di assenza del proprio assistito.

La Corte Costituzionale ha accolto tale questione con sentenza n. 356 dd. 13 luglio 1995.

A seguito della seconda sentenza resa dal Tribunale militare di Padova è stato promosso un ulteriore procedimento disciplinare nei confronti del D., a sua volta conclusosi con l’adozione del decreto del Direttore Generale per il Personale Militare dell’Aeronautica dd. 24 maggio 1994, notificato all’interessato il 24 agosto 1994 e recante sempre nei suoi confronti la sanzione disciplinare di stato della perdita del grado per rimozione, con conseguente cessazione dal servizio permanente e collocamento in congedo con decorrenza 31 gennaio 1994 (cfr. ibidem, doc. 9).

Anche tale ulteriore provvedimento è stato impugnato sub R.G. 3633 del 1994 innanzi a questo stesso T.A.R. e cautelativamente sospeso con ordinanza n. 66 dd. 11 gennaio 1995 resa sempre da questa Sezione, con conseguente riammissione in servizio del D. con decorrenza 3 febbraio 1995 (cfr. ibidem, doc. 12).

Tuttavia, in data 22 ottobre 1994 è stato notificato al D. altro decreto del Direttore Generale per il Personale Militare dell’Aeronautica dd. 9 maggio 1994, recante il collocamento in congedo per infermità con decorrenza 31 gennaio 1994 (cfr. ibidem, doc. 13).

Con ricorso proposto sub R.G. 4203 del 1994 il D. ha impugnato innanzi a questo stesso T.A.R. anche tale atto.

Questa Sezione, con ordinanza n. 5 dd. 11 gennaio 2005 ha disposto la sospensione cautelare dell’atto stesso, con conseguente riammissione in servizio del D. in data 3 febbraio 1995 (cfr. ibidem, doc. 12).

Con sentenza n. 636 dd. 22 aprile 1996 questa stessa Sezione ha riunito i predetti ricorsi proposti dal D. sub R.G. 3910 del 1993, 3633 del 1994 e 4203 del 1994, accogliendo i primi due e dichiarando per l’ultimo la cessazione della materia del contendere, avendo la stessa Amministrazione intimata annullato in via di autotutela il provvedimento da essa stessa emanato.

In conseguenza di ciò, la medesima Amministrazione ha rinnovato tutti e tre i procedimenti.

Per quanto attiene ai fatti relativi alla prima sentenza resa dal Tribunale militare di Padova, l’apposita Commissione di Disciplina si è pronunciata nel senso che il D. era "non meritevole di conservare il grado", nel mentre la Commissione di Disciplina costituita per valutare i fatti di cui alla seconda sentenza resa dal Tribunale militare di Padova ha – per contro – ritenuto lo stesso D. "meritevole di conservare il grado"; e, a sua volta, il Direttore Generale per il Personale Militare dell’Aeronautica con un primo provvedimento dd. 6 febbraio 1997, discostandosi dalla pronuncia della prima Commissione di Disciplina, ha disposto nei riguardi del D. la rimozione dal grado e il suo collocamento in congedo (cfr. ibidem, doc. 17), e con un secondo provvedimento ha confermato la decisione della seconda Commissione di Disciplina, disponendo parimenti – e ulteriormente – nei riguardi del D. la rimozione dal grado e il suo collocamento in congedo (cfr. ibidem, doc. 18).

Il D., a sua volta, ha impugnato innanzi a questo stesso T.A.R., sub R.G. 641 del 1997, entrambi tali provvedimenti, ottenendone la sospensione cautelare con ordinanza n. 343 dd. 5 marzo 1997 (cfr. ibidem, doc. 20).

L’Amministrazione Militare ha ottemperato alla statuizione cautelare soltanto dopo l’esito negativo del proprio appello (cfr. ordinanza n. 1418 dd. 29 luglio 1997 resa dalla Sezione IV^ del Consiglio di Stato,ibidem, doc. 22), e ha pertanto richiamato in servizio il D. soltanto in data 8 settembre 1997.

Con sentenza n. 68 dd. 14 gennaio 2005 questa stessa Sezione ha accolto il ricorso proposto sub R.G. 641 del 1997 affermando la tardività di entrambi i procedimenti disciplinari rispetto ai termini decadenziali inderogabilmente fissati dalla legge per il loro avvio; ma il D., nel frattempo, è stato posto in congedo con decorrenza 22 gennaio 2002 in dipendenza del periodo massimo di due anni nella posizione di aspettativa per malattia, maturato a quella data nei suoi riguardi (cfr. ibidem, doc. 28).

Il ricorrente ha richiamato pure, a comprova delle vessazioni da lui ricevute, la circostanza per cui sono già stato proposti i predetti ricorsi sub R.G. 1534 del 1997 e sub R.G. 1472 del 2006, ossia l’avvenuta irrogazione nei suoi confronti della sanzione disciplinare di corpo di giorni sette di consegna, segnatamente motivata dall’avvenuto inoltro, da parte del suo patrocinante e dopo vane sue richieste, di una lettera di sollecito al fine di ottenere il pagamento dello stipendio arretrato conseguente alle statuizioni contenute nella sentenza n. 636 del 1996, resa da questa stessa Sezione.

Come illustrato innanzi al Par. 1.1., tale sanzione è stata parimenti annullata da questa stessa Sezione con sentenza n. 69 del 2005, recante pure nei confronti dell’Amministrazione Militare la condanna al pagamento delle spese di giudizio.

Il D. precisa – altresì – che dopo l’ultima reintegrazione nel servizio, avvenuta l’8 settembre 1997, egli è stato trasferito al 6 Stormo con sede a Cameri (Novara), dove avrebbe trovato un ambiente per lui migliore, tanto da riportare nelle note caratteristiche chiuse il 3 settembre 1998 dall’allora Comandante Col. Domenico Esposito il giudizio di "superiore alla media"(cfr. doc. 25), "qualifica impensabile solo a por mente alle pregresse vicende sopra narrate" (così a pag. 9 dell’atto introduttivo del presente giudizio proposto sub R.G. 22 del 2009).

Peraltro, con il subentro del nuovo Comandante, Col. Paolo Civalleri, il D. sarebbe stato – a suo dire – assegnato a mansioni non conferenti alla propria specializzazione, e ciò avrebbe determinato l’insorgere di nuovi contrasti tra l’attuale ricorrente e i propri superiori: e in tale contesto il medesimo D. riferisce di essere stato denunciato in 10 maggio 1999 per il reato di diserzione alla Procura militare di Torino dal Comandante Civardi, previa segnalazione del superiore diretto Cap. Pasquale Garofalo.

Poiché il D. ha potuto agevolmente provare di essersi trovato ammalato nel proprio alloggio nel lasso di tempo pretesamente rispondente alla diserzione e che la relativa circostanza era a conoscenza degli stessi superiori, il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale militare di Torino ha dichiarato in data 1 febbraio 2000 il non luogo a procedere nei suoi confronti "perché il fatto non sussiste", peraltro osservando che la vicenda "rasenta l’inverosimile" e che "si ritiene grave la facilità con cui il Comandante di Corpo ebbe ad inoltrare la comunicazione della notizia di reato" (cfr. doc. 26 di parte ricorrente sub R.G. 22 del 2009).

Il D. riferisce – altresì – di aver lavorato nell’ultimo periodo di servizio"in uno sgabuzzino senza finestre"(cfr. pag. 10 dell’atto introduttivo del giudizio proposto sub R.G. 22 del 2009), e che l’insieme di tali vicende gli avrebbero cagionato un continuo stato d’ansia, diagnosticato dal proprio medico curante.

In dipendenza di ciò, egli sarebbe stato quindi inviato "all’Istituto medico legale dell’Aeronautica Militare di Milano che gli dava un periodo di convalescenza assicurandolo che sarebbe rientrato in servizio nel settembre 2000, all’atto dell’avvicendamento del Comandante. In realtà ciò non è avvenuto, ed il D. è stato tenuto in aspettativa/convalescenza per il periodo massimo previsto dalla legge (due anni) e nonostante che all’ultima visita effettuata il 24 gennaio 2002 venisse giudicato dall’Istituto medico legale dell’Aeronautica di Milano "idoneo al servizio militare incondizionato; non presenta alcuna patologia psicofisica"(doc. 27). In sede di appello – obbligatorio per legge – di tale giudizio, incredibilmente, la Commissione d’Appello di Roma modificava lo stesso assegnandogli ulteriori due mesi di aspettativa, senza comunicare alcunché al D. sulla diversa diagnosi e sui motivi del dissenso rispetto al giudizio di idoneità pochi giorni prima stilato dall’Istituto medico legale di Milano" (cfr. pagg. 10 e 11 dell’atto introduttivo del giudizio proposto sub R.G. 22 del 2009).

Pertanto, dopo essersi presentato alla scadenza di tali ulteriori due mesi di aspettativa per riprendere servizio, il D. è stato ivi raggiunto da un telegramma della Direzione Generale del Personale Militare comunicante la sua collocazione in congedo per l’avvenuto superamento del predetto massimo periodo di aspettativa per malattia.

Il D. evidenzia – da ultimo – di essere ancora in attesa di conoscere i motivi di tale collocamento in congedo dal momento che – come detto innanzi – in sede di visita medica dd. 24 gennaio 2002 effettuata presso l’Istituto medico legale di Milano egli era stato riconosciuto idoneo al servizio militare incondizionato e che i risultati della visita d’appello effettuata a Roma non gli sarebbero mai stati formalmente comunicati.

2.2. Tutto ciò premesso, con il secondo ricorso in epigrafe il D. chiede, a" sensi dell’art. 2043 c.c., ovvero a" sensi dell’art. 2059 c.c., l’accertamento del proprio diritto ad ottenere dall’Amministrazione militare il risarcimento dei danni patrimoniali, nonché dei danni biologici, morali ed esistenziali (non patrimoniali) conseguenti agli atti e comportamenti annullati o comunque affermati illegittimi con sentenze di questa stessa Sezione n. 636 dd. 15 febbraio 1996 e n. 68 dd. 14 gennaio 2005: danni che il ricorrente chiede gli siano riconosciuti nella somma complessiva di Euro 500.000,00., ovvero in quella maggiore o minore che questo giudice reputerà equa, a" sensi degli artt. 2056 e 1226 c.c.

2.3. Anche in questo secondo procedimento si è costituito il Ministero della Difesa, concludendo per la reiezione del ricorso.

3. Alla pubblica udienza del 10 giugno 2010 entrambi i ricorsi sono stati, per la prima volta, trattenuti per la decisione.

4. Con sentenza parziale n. 5259 dd. 4 ottobre 2010 la Sezione ha reputato di disporre la riunione della presente causa con il ricorso proposto sub R.G. 1472 del 2006, "stante l’identità delle parti e l’indubbia unicità delle vicende che hanno dato origine alle due pur diverse domande risarcitorie" (cfr. ivi).

5. Con la medesima sentenza la Sezione ha quindi respinto il ricorso proposto sub R.G. 1472 del 2006, evidenziando che il patrocinio del D., nell’atto introduttivo del relativo giudizio, dopo una dissertazione in astratto (e, tra l’altro, di per sé condivisibile nei suoi contenuti di fondo) in ordine agli elementi costitutivi del danno morale e del danno esistenziale rispettivamente," prostrazione dell’animo, abbattimento dello spirito, patema d’animo e angoscia transeunte" e "insieme di ripercussioni relazionali negative incidenti sulle condizioni di vita e sulla qualità dell’esistenza" comunque subiti per effetto dell’altrui illecito: cfr., ad es., tra le più recenti Cass. Civ., Sez. III, 13 aprile 2010 n. 8724 e Cass., Sez. Lav., 10 febbraio 2010 n. 3023), si è limitata ad affermare che l’Amministrazione Militare, allorquando ha illegittimamente irrogato la sanzione di sette giorni di consegna all’interessato anziché provvedere agli adempimenti discendenti dalla sentenza n. 636 del 1996, avrebbe accentuato le conseguenze dannose di una sanzione riconosciuta illegittima (e, cioè, quella della rimozione e del collocamento in congedo), temporeggiando in tal modo nell’adempimento dei suoi obblighi.

Tale comportamento, ad avviso del medesimo ricorrente, avrebbe pertanto provocato nei suoi confronti danni morali, ledendo la propria integrità morale, e danni esistenziali relativi alla perduta sua serenità, nonché danni alla sua immagine e danni alla sua vita di relazione, professionale e sociale.

La Sezione, per parte propria, ha evidenziato che la pur illegittima irrogazione della sanzione disciplinare di cui trattasi, proprio perché esauritasi nei propri effetti in un breve lasso di tempo, non poteva ragionevolmente ricondursi ad una lesione della sfera morale ed esistenziale del D. tale da richiedere un ristoro pecuniario compensativo della lesione medesima.

In tal senso, ad avviso della Sezione, la sentenza n. 68 del 2005, resa da questo stesso T.A.R. e recante l’annullamento della sanzione di corpo illegittimamente irrogata, proprio perché acquisita agli atti della medesima Amministrazione Militare, costituiva e costituisce pertanto idoneo e sufficiente rimedio all’ingiustizia subita in quanto impedisce che della sanzione medesima si tenga conto nella valutazione del servizio prestato dal medesimo D.; senza sottacere – poi – che, proprio avendo riguardo all’intrinseca modestia dell’episodio, il suo impatto sulla sfera giuridica del medesimo D. risulta per certo marginale rispetto all’oggettivo disvalore – ancorchè minimizzato, semmai, proprio dai ripetuti e quanto mai riprovevoli errori compiuti dall’Amministrazione Militare in sede di conseguente procedimento disciplinare – costituito dalle due sentenze di condanna patteggiata per il reato di diserzione pronunciate a carico dell’attuale ricorrente.

6. Per quanto attiene, invece, al ricorso proposto sub R.G. 22 del 2009 e presentemente in discussione, con la medesima sentenza la Sezione ha reputato che la definizione del merito di causa non poteva prescindere dall’acquisizione di una documentata relazione sui fatti di causa da parte della Direzione Generale per il Personale Militare, costituita presso il Ministero della Difesa, in persona del suo Direttore Generale pro tempore.

La Sezione ha fissato per il deposito della relazione medesima la scadenza del 19 novembre 2010, e ha quindi rinviato alla pubblica udienza del 10 dicembre 2010 la prosecuzione della trattazione del merito di causa.

7. A tale udienza è stato constatato l’inadempimento

del sopradescritto incombente da parte dell’Amministrazione della Difesa.

La causa è stata quindi nuovamente trattenuta per la decisione.

8.1. Tutto ciò premesso, il Collegio, pur nell’inadempimento da parte del Ministero della Difesa all’incombente istruttorio ad esso rimesso, reputa che la domanda di risarcimento del danno proposta dal ricorrente deve essere respinta.

8.2. Come detto innanzi, la domanda risarcitoria proposta dal ricorrente di per sé si riferisce, secondo quanto da lui letteralmente articolato nell’epigrafe dell’atto introduttivo del presente giudizio, agli atti e comportamenti annullati o comunque affermati illegittimi con le sentenze di questa stessa Sezione n. 636 dd. 15 febbraio 1996 e n. 68 dd. 14 gennaio 2005.

Tuttavia il Collegio reputa – avuto riguardo al complessivo contesto dell’atto introduttivo medesimo – che la domanda medesima si estende anche agli episodi successivamente avvenuti ed esposti della narrativa dei fatti di causa, ossia:

a) all’ulteriore denuncia presentata nei riguardi dello stesso D. per il reato di diserzione e archiviata in data 1 febbraio 2000 dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale militare di Torino;

b) alla circostanza di aver asseritamente lavorato nell’ultimo periodo di servizio "in uno sgabuzzino senza finestre" con il conseguente insorgere di un continuo stato d’ansia, diagnosticato dal proprio medico curante;

c) al proprio invio all’Istituto medico legale dell’Aeronautica Militare di Milano con assegnazione di un periodo di convalescenza ed assicurazione informale di rientro in servizio nel settembre del 2000;

d) al mancato suo rientro in servizio pur essendo stato giudicato idoneo allo stesso in data 24 gennaio 2002 dall’Istituto medico legale dell’Aeronautica militare (giudizio peraltro riformato dalla Commissione medica d’appello mediante la concessione di altri due mesi di convalescenza) e alla sua collocazione in congedo per l’avvenuto superamento del periodo massimo di aspettativa per malattia.

Ciò posto, per quanto attiene ai danni pretesamente discendenti dalle circostanze considerate dalla sentenza n. 69 del 2005, resa da questo stesso T.A.R. e recante l’annullamento della sanzione di corpo illegittimamente irrogata, la Sezione si è già espressa con la predetta sentenza parziale n. 5259 del 2010 – definitiva, sul punto, del ricorso qui proposto dal medesimo D. sub R.G. 1472 del 2006 – nel senso della non riconducibilità delle circostanze stesse a ipotesi di danno pecuniariamente risarcibile: e tale statuizione, di per sé, non può che vincolare questo stesso giudice per il principio del ne bis in idem.

Per quanto attiene, invece, ai danni pretesamente discendenti dalle circostanze considerate nella sentenza n. 636 del 1996, va evidenziato che mediante le statuizioni di annullamento in essa contenute sono stati annullati per motivi di mera forma dei provvedimenti di perdita del grado per rimozione disposti nei riguardi dello stesso D. a seguito di più condanne penali pronunciate nei suoi confronti per il reato di diserzione: e ciò, ad avviso del Collegio, non può per certo essere ragionevolmente invocato da parte dell’attuale ricorrente al fine di ottenere un risarcimento del danno, stante il fatto che la propria sfera giuridica è stata comunque puntualmente e satisfattivamente ricostruita in forma specifica dalla stessa Amministrazione della Difesa mediante il suo richiamo in servizio, peraltro poi doverosamente seguito dalla rinnovazione dei procedimenti disciplinari al fine di emendarne i vizi e di conseguire, nell’interesse pubblico, una valutazione puntuale e obiettiva delle mancanze incontestabilmente commesse dall’incolpato in termini di compatibilità con i requisiti richiesti per la sua permanenza nella Forza Armata.

Come visto innanzi, anche il nuovo procedimento disciplinare non ha sortito effetto in quanto promosso oltre i termini decadenziali, a" sensi di quanto statuito dalla sentenza n. 68 del 2005 resa sempre da questa stessa Sezione: e, nondimeno, anche da questa ulteriore sentenza di annullamento non possono parimenti discendere pretese risarcitorie a favore del d’Andrea, stante il fatto che essa ha comportato comunque (e sempre in via di restituzione della sfera giuridica in via specifica) il mantenimento in servizio dell’interessato con ogni conseguenza di status patrimoniale e giuridico, e stante – altresì – che gli effetti della sentenza stessa sono stati per di più convenientemente anticipati a favore dell’interessato medesimo in forza di un provvedimento cautelare emanato in suo favore da questa stessa Sezione e confermato anche dal giudice di appello.

La risoluzione del rapporto del D. con la Forza Armata è conseguita, quindi, dalla collocazione in congedo del medesimo interessato, medio tempore avvenuta con decorrenza 22 gennaio 2002 in dipendenza del superamento del periodo massimo di due anni nella posizione di aspettativa per malattia.

La richiesta istruttoria della Sezione, non ottemperata dal Ministero della Difesa entro il termine assegnato, aveva precipuamente per oggetto le circostanze di tale evento; ma – a ben vedere – la definizione del merito di causa può anche prescindere da ciò, posto che è assodato – in via del tutto assorbente – che tale provvedimento e i suoi atti prodromici, ivi compresa l’asserita collocazione del posto di lavoro del medesimo D. "in uno sgabuzzino senza finestre", non hanno formato oggetto di impugnativa da parte dell’interessato, con conseguente impossibilità per quest’ultimo di utilmente avanzare al riguardo qualsivoglia pretesa risarcitoria.

Come è ben noto, infatti, in applicazione del principio della pregiudiziale amministrativa è ammissibile, ma infondata nel merito, la domanda di risarcimento danni che non sia stata preceduta dall’annullamento dell’atto asseritamente illegittimo, che tale danno avrebbe provocato, atteso che la sua mancata impugnazione consente a tale atto di operare in modo precettivo dettando la regola del caso concreto, autorizzando la produzione dei relativi effetti ed imponendone l’osservanza da parte del destinatario dell’atto medesimo ed impedisce così che il preteso danno possa essere considerato ingiusto o illecita la condotta tenuta dall’Amministrazione in esecuzione dell’atto in oppugnato (cfr. ex plurimis, tra le più recenti, Cons. Stato, Sez. V, 3 novembre 2010 n. 7766; cfr. pure, nello stesso senso, anche la sentenza n. 1609 dd. 26 maggio 2009 resa da questa stessa Sezione).

9. Le spese e gli onorari del giudizio possono essere, peraltro, integralmente compensati tra le parti.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.

Compensa integralmente tra le parti le spese e gli onorari del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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