Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Con i due motivi Con i due motivi del presente gravame, il sig. R. impugna la sentenza di cui in epigrafe con cui è stato respinto il suo ricorso avverso l’atto della Commissione di cui all’art. 1 lett. b della Legge 384/80, che stabiliva in Euro 8.050,00 la somma da versarsi per la voltura a suo favore dell’autorizzazione di una rivendita speciale di generi di monopolio posta nella Stazione Autocorriere di Trento.
L’appello, eccepisce in via preliminare, e subordinata, il difetto di giurisdizione del TAR e, nel merito, deduce l’erroneità della decisione con cui, in sintesi il Tar Trentino:
– avrebbe applicato al caso la disciplina per la voltura delle rivendite ordinarie di cui all’art. 31 della L. 1293/1957, che prevede il pagamento di una somma 5 volte superiore rispetto a quella prevista per il rinnovo, per evitare operazioni speculative sulle autorizzazioni del Monopolio;
– avrebbe ritenuto legittima la somma a carico del subentrante computata utilizzando il rapporto inferiore di 3,5 volte;
– avrebbe concluso che la Commissione si sarebbe attenuta prudentemente ai normali criteri stabiliti dalla legge per le rivendite ordinarie.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione Finanziaria che, con memoria, ha ribadito le ragioni ad resistendum già sostenute in primo grado ed ha concluso per il rigetto.
All’udienza pubblica del 29 aprile 2004, uditi i difensori delle parti, l’appello è stato trattenuto in decisione.
– 1. Par.. Nell’ordine logico delle censure deve, in primo luogo, essere disattesa l’eccezione di difetto di giurisdizione introdotta in via subordinata dall’appellante.
Il conferimento di un’ampia discrezionalità all’apposita Commissione per l’individuazione dei parametri di riferimento "..della somma di danaro" a carico di chi chiede l’autorizzazione alla voltura delle rivendite speciali di cui all’art. 19, della L. 1293/1957 presuppone infatti, una contrapposta posizione di interesse legittimo come tale, tutelabile innanzi al Giudice Amministrativo.
– 2. Par.. Nel merito, il ricorrente invoca l’applicazione al suo caso l’articolo 19 della legge 1293/1957 (nel testo modificato la legge n.331 del 12 novembre 1990) il quale prevede che, in caso di rinnovo, i concessionari siano tenuti a corrispondere una somma di danaro "una tantum" pari al 50% dell’aggio percepito per la rivendita di tabacchi nell’anno precedente allo stesso, con la specificazione che in caso di periodi di tempo inferiori al triennio, questa dovrebbe essere proporzionalmente ridotta. La norma in sostanza prevederebbe altresì tale criterio di determinazione delle somme da versare all’amministrazione, anche per i casi di nuove istituzioni e di rinnovo della concessione delle rivendite speciali.
Per l’appellante, in base alla ratio della norma, mentre nel caso di nuova istituzione, il canone deve essere determinato ex novo mancando ogni dato attendibile circa l’effettiva redditività dell’esercizio; nel caso di rinnovo della concessione, essendo già stati acquisiti i dati (attraverso la gestione di vari anni) il legislatore avrebbe determinato la somma da corrispondere una tantum, fissando il criterio del 50% dell’aggio percepito dal tabaccaio dell’anno precedente.
Inoltre la somma così fissata avrebbe dovuto essere proporzionalmente ridotta qualora il periodi di durata dell’autorizzazione sia, come nel suo caso, inferiore ai nove anni.
Tale ultima previsione darebbe così una disciplina compiuta all’intera materia, applicandosi poi anche all’eventuale voltura della concessione,.
Di qui l’iniquità della misura di Euro 8.050,00 che corrisponderebbe al 62% della redditività dell’ultimo anno antecedente, mentre l’una tantum avrebbe dovuto invece assommare alla somma di Euro 2.166,66, risultante dal computo del 50% dell’aggio, di circa Euro 13.000 percepito per i tabacchi, diviso 9 anni x i 3 anni di durata effettiva dell’autorizzazione.
Il ricorso è fondato negli esclusivi sensi, e limiti, che seguono.
In primo luogo deve rilevarsi che nella legge non si rinviene una specifica ed analitica disciplina per definire la somma che il subentrante deve versare per la voltura dell’autorizzazione di una rivendita speciale di generi di monopolio.
Al riguardo appare inconferente il richiamo al "sopracanone di cessione" di cui all’art. 31 della L. n. 1293/1957, operato dal Tar, in quanto nella versione in vigore al momento del provvedimento tale riferimento era stato cassato dal testo.
La fattispecie della voltura dell’autorizzazione è laconicamente disciplinata dal solo terzo comma del cit. art. 19 della L. n. 1293/1957 (nel testo sostituito dall’art. 10, L. 29 gennaio 1986, n. 25) che si limita a prevedere l’obbligo di pagare una somma di danaro una tantum a carico del subentrante, la cui misura è lasciata alla piena discrezionalità della Commissione, senza apporre altre specificazioni.
Non vi è alcuna ragione di diritto che sostenga la pretesa dell’appellante all’automatica applicazione, alle volture delle autorizzazioni, della disciplina prevista per gli ordinari rinnovi di cui al III° co. dell’articolo 19 della legge n. 1293/1157 (introdotto dall’articolo 4 del D.L. 15 settembre 1990, n. 261).
La legge infatti, mentre in questo ultimo caso vuole premiare ed incentivare l’attività del titolare, in caso di voltura vuole evitare speculazioni dei privati sulla cessione delle autorizzazioni.
Ma ciò non toglie nondimeno, che tale paradigma normativo non potesse essere discrezionalmente utilizzato come criterio di riferimento dalla Commissione.
In tale prospettazione può condividersi l’affermazione del TAR per cui la Commissione ha prudentemente utilizzato la sua sfera di discrezionalità ricorrendo ad un criterio comunque previsto dalla legge per il rinnovo delle rivendite ordinarie.
Ciò premesso, in conseguenza:
– deve condividersi la sentenza gravata quando afferma che la Commissione, nell’ambito dei suoi poteri discrezionali, del tutto ragionevolmente ha utilizzato il parametro del 3,5 per il 10 % dell’aggio, in luogo del 50% (primo periodo, III co., art. 17 L.n. 1293/1957);
– deve però ritenersi che la Commissione – avendo autonomamente ritenuto di doversi rifare alla disciplina dei rinnovi – dovesse anche tener conto del principio della proporzionale riduzione della somma dovuta in rapporto agli anni già trascorsi, di cui al secondo periodo del terzo medesimo comma del ricordato art. 17 della L. n. 1293. In altre parole, il computo dell’una tantum deve tener conto che, nel caso di volture per periodi di tempo inferiori al novennio, una volta discrezionalmente stabilita la somma per il rinnovo, la detta una tantum deve essere proporzionalmente ridotta in ragione del residuale periodo di durata della concessione.
Nel caso di specie dunque, essendo la disponibilità dei locali limitata a tre anni, la somma discrezionalmente ed autonomamente individuata dalla Commissione in Euro8.050,00 con riferimento agli aggi percepiti in concreto, doveva essere proporzionalmente diminuita degli anni già trascorsi (Euro 8.050:9×3).
In tali limiti il ricorso è dunque fondato e deve essere accolto e per l’effetto, in riforma della sentenza di cui in epigrafe, nei suddetti limiti deve essere annullato il provvedimento impugnato in primo grado.
Le spese di entrambi i gradi di giudizio seguono la soccombenza parziale, e sono liquidate in Euro 3.000,00 complessive, di cui Euro 1.500 possono essere compensate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando:
– 1. accoglie l’appello, e per l’effetto, in riforma della sentenza di cui in epigrafe, annulla il provvedimento impugnato in primo grado nei limiti di cui in motivazione.
– 2. Condanna il Ministero al pagamento delle spese nei limiti di Euro 1.500,00, e le compensa per la restante parte.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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