T.A.R. Calabria Reggio Calabria Sez. I, Sent., 22-03-2011, n. 191 Deliberazioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Ricorre il sig. A., già Comandante del Corpo di Polizia Municipale del Comune di Bova Marina, per avversare gli atti ed i provvedimenti con i quali l’Ente ha trasformato il Settore della Polizia Municipale in Servizio con assegnazione, in luogo delle originarie sette unità di dotazione organica di ctg. C, di sei unità di ctg. B, mantenendo una sola unità di ctg. D con funzioni di istruttore direttivo (posto ricoperto dal ricorrente).

Si è costituito il Comune di Bova Marina che resiste al ricorso di cui chiede il rigetto per inammissibilità, sia sotto il profilo del difetto di giurisdizione che sotto il profilo della tardività, e per infondatezza.

Alla pubblica udienza del 23 febbraio 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

I) Vanno preliminarmente esaminate le eccezioni in rito che sono state sollevate dalla difesa del Comune, con le quali si fa valere l’ inammissibilità del ricorso e dei motivi aggiunti per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, e per carenza di interesse del ricorrente.

Il Comune resistente, in fatto, espone che con il decreto sindacale nr. 1652/2010 è stato stabilito di affidare la direzione del Servizio di Polizia Municipale al Sindaco, in virtù della previsione di cui all’art. 53 della l. 23.12.2000, n. 338 ( L.F. 2001), così come modificato dall’art. 29, comma 4, L. 28.12.2001, n. 448 ( L.F. 2002) che, in deroga a quanto previsto dall’art. 4 del Dlgs 165/2001 e dall’art. 107 Dlgs n. 267/2000, consente l’attribuzione ai componenti dell’organo politicoesecutivo (Assessori o Sindaco) della responsabilità gestionale di uffici o servizi. Per mezzo del medesimo decreto è revocato l’incarico di responsabile della Polizia Municipale al ricorrente.

Secondo la difesa del Comune, tale decreto assumerebbe il valore di atto di macroorganizzazione autonomamente ed unicamente lesivo dell’interesse del ricorrente ed, a proprio favore, richiama la pronuncia così resa in sede di cognizione ordinaria dal giudice del lavoro che ha respinto per difetto di giurisdizione il ricorso del sig. A. volto ad ottenere la reintegrazione nel posto di responsabile della Polizia municipale.

Ne discenderebbe, sempre secondo l’esposizione della difesa comunale, la carenza di giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto l’odierna controversia dovrebbe essere qualificata come avente ad oggetto una revoca di incarico dirigenziale o di responsabilità; in ogni caso, il ricorrente sarebbe privo di interesse a ricorrere, dato che non potrebbe conseguire alcuna utilità dall’annullamento delle deliberazioni impugnate (in quanto è solo nel decreto sindacale che il Sindaco si attribuisce la titolarità del Settore).

Al fine di esaminare compiutamente le numerose eccezioni preliminari della difesa del Comune, è necessario premettere un breve cenno ricostruttivo degli atti impugnati e dei rapporti esistenti tra la deliberazione nr. 7/2010 (che riorganizza gli uffici) ed il decreto nr. 1652/2010 che assegna la titolarità del Settore di Polizia Municipale al Sindaco, previa revoca dell’incarico già ricoperto dal ricorrente.

Ia) La deliberazione giuntale nr. 7/2010, nell’approvare la "proposta di riorganizzazione degli uffici e dei servizi – nuova architettura funzionale – funzionigramma" nella parte di interesse, prevede che la Polizia Municipale del Comune è organizzata in "Servizio", in luogo dell’originario "Settore" e la colloca in diretta relazione con il Sindaco, al pari di altre unità di staff o di coordinamento. Nella stessa deliberazione sono previsti altri "Settori" che comprendono più materie ed ambiti di attività.

Con la delibera nr. 9/2010 al Servizio della Polizia Municipale è attribuita una dotazione organica di sette unità complessive, delle quali 6 ausiliari della sosta di ctg B, mentre i posti di "istruttore" e "collaboratore" sono previsti come vacanti e da non ricoprirsi. Resta, al vertice dell’unità, il solo "istruttore direttivo" di ctg "D" che è il posto ricoperto dall’odierno ricorrente.

Le delibere sono entrambe adottate nella seduta della Giunta del 20 febbraio 2010 sono rese immediatamente eseguibili e sono pubblicate, rispettivamente, il 12 marzo ed il 7 aprile 2010.

Ib) La deliberazione nr. 7/2010 impugnata modifica in Servizio l’originaria organizzazione della Polizia Municipale che risultava essere eretta in Corpo. Invero, chiara è in tal senso la deliberazione istitutiva (v. delibera nr. 12 del 2 marzo 2006, all.to nr. 6 produzione del ricorrente) e ciò è confermato anche dalla circostanza che al ricorrente era attribuita la qualifica di "Comandante" (v. deliberazione GM nr. 146 del 5.12.2007 e nr. 81 del 4 giugno 2008) che presuppone, per l’appunto, l’esistenza del "Corpo" di Polizia Municipale. Di conseguenza, la denominazione "Settore" che pure si rinviene negli atti deliberativi depositati, va considerata come una denominazione meramente formale e classificatoria, utilizzata in maniera atecnica per rendere omogeneo l’inquadramento del Corpo nella complessiva organizzazione amministrativa dell’Ente articolata in Settori. Del resto, ciò che rende tale il Corpo della Polizia Municipale è l’organizzazione in funzione delle responsabilità ascritte dalla legge, la composizione in un numero superiore alle sette unità e la presenza del Comandante ai fini specifici della l.65/1986.

Ic) Il decreto sindacale 1652/2010, è sottoscritto in data 6 marzo 2010 ed è repertoriato al nr. 7 dell’8 marzo 2010. Il decreto contiene una premessa che espone, per quanto di interesse ai fini di causa, che "quest’Amministrazione comunale intende disporre una rivisitazione organizzativa degli Uffici e dei servizi, al fine di razionalizzare ed ottimizzare l’attività gestionale nell’ottica di un migliore perseguimento del pubblico interesse;… che con deliberazione giuntale nr. 7 del 20/02/2010 è stata approvata la proposta di riorganizzazione strutturale degli Uffici e dei Servizi, disponendo l’implementazione di una nuova Architettura organizzativa, il Funzionigramma distinto per Settori, Servizi ed Uffici di Staff e la disciplina delle attività e delle funzioni riconducibili a ciascuna Unità organizzativa….che alla luce di detta riorganizzazione si è reso necessario provvedere alla dotazione di un nuovo Regolamento di organizzazione degli Uffici e dei Servizi…giusta deliberazione nr. 8 del 20.02.2010;….che questa avviata azione di strutturale riorganizzazione si è resa necessaria dopo un’attenta e organica valutazione politica della situazione complessiva dell’azione gestionale sin qui posta in essere dalla sfera burocratica dell’Ente…. VALUTATA che tale nuovo corso dell’azione gestionale, in prima facie di start up, non possa prescindere dall’implementazione di misure politicoamministrative adeguate, nella duplice direzione di avvalersi della norma di cui all’art. 29, comma 4, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, che consente alle Amministrazioni comunali di Enti sotto i 5000 abitanti di avocare a loro la responsabilità di Uffici e dei servizi….RITENUTO pertanto necessario operare in tale direzione, adottando…la revoca di taluni incarichi….in concomitanza dei mutamenti organizzativi che stanno interessando l’Ente…".

Id) Alla luce sia del dato testuale che emerge dai brani del decreto appena riportati, sia della considerazione complessiva degli atti impugnati, letti in relazione tra loro, si deve ritenere che tra le deliberazioni ed il decreto in esame sussista un preciso nesso di dipendenza funzionale del secondo dalle prime e che tutt’e due le tipologie di provvedimenti concorrano alla realizzazione di una misura organizzativa unitaria e strutturata.

Non è dunque possibile, a pena di una lettura formalistica e parziale degli atti, riconoscere al decreto sindacale, natura autonoma di unico atto concretamente lesivo, dovendo invece ravvisarsi in esso una misura concorrente con quelle adottate nelle deliberazioni ed ad esse servente, sia pure non senza spazi di autonoma valutazione che corrispondono ad una specifica ed autonoma lesività.

Infatti, la lettura testuale dell’enfatica premessa del decreto non permette di dubitare neppure formalmente dell’intima connessione del decreto stesso con le deliberazioni giuntali che sono puntualmente richiamate nella premessa motivazionale, nella specie la nr. 7/2010 oggetto di impugnazione e la nr. 8/2010 relativa al regolamento degli uffici. Il collegamento di dipendenza funzionale tra il decreto e la deliberazione nr. 7/2010 è reso anche palese dall’uso del termine "implementare" che è sinonimo di realizzare, completare, dare esecuzione e che quindi identifica l’inserimento nell’organizzazione di un elemento gestionale che di per sé è autonomo, ma che viene utilizzato e strutturato per essere coordinato (e dunque servente) alla misura più ampia al fine di darne compiuta attuazione (con la conseguenza che non può essere considerato scisso da essa).

D’altronde, il testo complessivo del decreto è coerente con quest’impostazione, ed anche il suo effetto sostanziale (per spostare l’indagine dal piano dell’ermeneutica letterale a quello dell’interpretazione dell’atto secondo i suoi effetti e la causa del potere) è quello di dare completezza ad una "riforma" organizzativa che viene realizzata congiuntamente dalle deliberazioni impugnate e dalla scelta "politicoamministrativa" (per usare l’espressione contenuta nel 5 capoverso del decreto) di assegnare la diretta gestione di tre settori dell’organizzazione comunale al Sindaco o al Segretario su delega di quest’ultimo (precisamente, al primo sono assegnati la Polizia Municipale ed il Settore Tecnico, al secondo il Settore amministrativo).

Il decreto sindacale nr. 1652 dell’8 marzo 2010, seppure avente natura e scopo di attuazione delle deliberazioni impugnate, proprio in forza di tale collegamento funzionale ne condivide la natura di atto di macroorganizzazione, laddove dispone in ordine alla scelta di assegnare la responsabilità di alcuni Settori al Sindaco ed al Segretario. Invero, tale scelta integra una decisione di ordine generale, ossia quella di avvalersi della deroga del rigoroso principio di separazione tra le funzioni di indirizzo politico e le funzioni di direzione gestionale che è proprio dell’ordinamento della PA e che ne informa la struttura con riserva espressa di legge per ogni modifica o deroga (art. 107 Dlgs 267/2000), tant’è vero che la legge presuppone per il suo esercizio l’adozione di una deliberazione a natura regolamentare, come si vedrà meglio oltre (Consiglio Stato, sez. IV, 06 febbraio 2007, n. 605).

Ie) Il nesso di collegamento funzionale tra la deliberazione nr. 7/2010 ed il decreto nr. 1652/2010, è tale che i due atti stanno e cadono insieme, perché, come evidenziato, il decreto è volutamente preordinato a dare attuazione alla complessiva riforma organica in stato di "start up".

Tale nesso impone di riconoscere un effetto lesivo complessivo che scaturisce dall’interazione tra i due provvedimenti che è unitario, per come sarà meglio esposto sub II.

Da qui, l’infondatezza delle eccezioni della difesa comunale per le seguenti ragioni.

If) Palese è la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo sulla controversia, avendo questa ad oggetto la contestazione di atti di macro organizzazione ed altrettanto evidente è la sussistenza di un pieno interesse processuale del ricorrente ad ottenere l’annullamento degli atti impugnati, così come del resto è pacificamente riconosciuto dalla giurisprudenza che ha esaminato fattispecie analoghe a quella odierna (da ultimo, T.A.R. Lazio Latina, sez. I, 28 aprile 2007, n. 305).

Invero, il sig. A. fa valere un interesse qualificato, di natura oppositiva, alla complessiva "riforma" organizzativa della Polizia Municipale del Comune nel quale presta servizio sia come suo precedente responsabile, quindi come ex Capo del Corpo di Polizia Municipale, sia come attuale appartenente alla Polizia municipale medesima, posizione viepiù rafforzata dalla qualità di apicale nel settore; ed è reso palese dal contesto dei motivi di ricorso che tale interesse ha natura propriamente organizzativa, ossia è funzionale alla difesa della migliore efficacia ed effettività dell’azione amministrativa nel campo delle responsabilità della polizia municipale, azione, quest’ultima che esso stesso, sia come ex Comandante, che come vigile urbano appartenente all’Ente, è chiamato a svolgere.

Ciò, peraltro, è anche coerente con l’esito del giudizio civile svoltosi di fronte al giudice del lavoro, ai sensi dell’art. 700 c.p.c., ove si è affermato che il decreto sindacale impugnato è un atto amministrativo di macroorganizzazione e si è dunque negato che il ricorrente abbia agito in difesa rispetto alla revoca dall’incarico che ha subito.

Tale considerazione conduce anche a respingere l’ulteriore eccezione di carenza di interesse che la difesa comunale ha sollevato, secondo la quale il solo atto lesivo tra tutti quelli impugnati, sarebbe il decreto sindacale, e dunque il ricorso sarebbe inammissibile perché dall’annullamento degli altri atti deliberativi il ricorrente non avrebbe interesse. Il punto sarà meglio illustrato nel prosieguo.

Per mero scrupolo di completezza, non può infine prospettarsi una tardività del gravame con riferimento all’impugnazione del decreto sindacale (astrattamente configurabile se si pone attenzione alla circostanza che il ricorso è "passato" per la notifica il 13 maggio 2010), eccezione, che la difesa comunale non ha – a ragione – sollevato, pur rivendicando l’autonomia e l’unicità lesiva del decreto nr. 1652/2010.

Infatti, la riconosciuta interdipendenza funzionale del decreto nr. 1652/2010 con deliberazioni dichiarate immediatamente eseguibili e pubblicate successivamente al medesimo decreto rende palese che gli effetti lesivi del decreto medesimo si sono radicati al momento della pubblicazione delle deliberazioni stesse (anzi, al momento in cui l’efficacia di queste ultime è divenuta definitiva per decorso del termine di pubblicazione).

Peraltro, solo dalla loro complessiva cognizione parte ricorrente ha potuto trarre la piena consapevolezza della portata lesiva degli atti impugnati, dal momento che la premessa del decreto rinvia in maniera recettizia al contenuto della deliberazione nr. 7/2010, che, dunque è elemento essenziale della motivazione del provvedimento.

Non v’è dubbio, dunque, che il ricorso ed i motivi aggiunti introducono ritualmente una domanda pienamente soggetta alla giurisdizione del g.a. ed alla cui trattazione il ricorrente ha interesse processuale qualificato.

II) Così delineati i limiti del presente giudizio, è necessario, per esaminare le diverse censure proposte dal ricorrente, premettere una sintetica analisi del contesto normativo di riferimento.

A tale proposito, il Collegio condivide la tesi del ricorrente, circa la natura speciale della normativa che disciplina il funzionamento della Polizia Municipale, aspetto questo che la giurisprudenza pacificamente presuppone perché la considera una condizione di autonomia del Corpo rispetto all’organizzazione dell’Ente, servente e funzionale alla garanzia delle peculiari funzioni di vigilanza, ordine pubblico, controllo del territorio e così via.

Per tali ragioni, la giurisprudenza consolidata statuisce che, nell’ambito dell’organizzazione comunale deve essere sempre garantita la totale autonomia del Corpo di polizia municipale per quanto concerne le competenze di cui all’art. 9 l. n. 65 del 1986 (T.A.R. Lombardia Milano, sez. III, 10 settembre 2009, n. 4639, che richiama Cass. 9 maggio 2006, n. 10628; Consiglio Stato, sez. V, 20 gennaio 2003, n. 173; Consiglio Stato, sez. V, 17 febbraio 2006, n. 616; T.A.R. Puglia Bari, sez. II, 12 marzo 2004, n. 1288; T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 10 marzo 1998, n. 385; T.A.R. Veneto, sez. II, 30 maggio 1997, n. 915; T.A.R. Marche, 09 novembre 1995, n. 547) ed è anche per tali ragioni che, una volta eretta in Corpo, la polizia municipale non può essere considerata una struttura intermedia in una struttura burocratica più ampia, per esempio un settore amministrativo, né essere posta alle dipendenze del dirigente amministrativo di tale struttura (T.A.R. Lazio Latina, sez. I, 28 aprile 2007, n. 305 che richiama Tar Sicilia, Catania, sez. I, 13 aprile 2006, n. 589; C.d.s. 4/9/2000 n. 4663). Si è quindi espressamente riconosciuto che la legge quadro n. 65/1986 riveste, tuttora, carattere di "legge generale", per quanto attiene alla definizione dei principi organizzativi dei comuni nello specifico settore della polizia municipale – dal momento che è diretta a fissare i principi generali cui dovranno adeguarsi la legislazione regionale ed il potere regolamentare dell’ente locale -, nonché possiede un indubbio carattere di "specialità" che non consente l’abrogazione implicita da parte della sopravvenuta legge di riforma del sistema delle autonomie locali (T.A.R. Lazio Latina, sez. I, 28 aprile 2007, n. 305, già richiamata, secondo cui la materia della polizia amministrativa locale, afferendo piuttosto al "governo del territorio", non rientra nella competenza legislativa esclusiva dello Stato ex art. 117, c. 2, lett. h, Cost., bensì in quella concorrente StatoRegione (art. 117, c. III, Cost.)

Dunque, la particolarità delle funzioni che la Polizia Municipale è chiamata ad assolvere ne rende l’ordinamento distinto dalle disposizioni generali in tema di organizzazione degli Enti locali, che possono trovare applicazione ad esso solamente laddove non diversamente disposto dalla normativa speciale e di settore, e solo a fini di coordinamento tra l’organizzazione della Polizia Municipale ed il resto dell’organizzazione comunale.

In questo senso, ed ancora richiamando quanto affermato in giurisprudenza, tra le due discipline sussiste un "punto di equilibrio" che "consiste…nel riconoscere la piena autonomia del comandante limitatamente alla sfera di competenze che con carattere di tassatività sono state individuate nei competenti articoli della legge quadro nazionale e regionale di settore, come la gestione delle risorse assegnate, l’impiego tecnicooperativo, la disciplina e l’addestramento degli appartenenti al corpo o al servizio….. mentre la suddetta autonomia esclusiva non può, in astratto, impedire che il Comandante della P.M., per gli aspetti organizzativi che esulano appunto dall’impiego tecnico operativo, dall’addestramento e dalla disciplina dei vigili, possa formalmente essere inquadrato in un settore amministrativo. Viene in gioco, al riguardo, la (discrezionale) potestà amministrativa che consente al comune di organizzare la polizia locale, anziché come "Corpo", in "Servizio" autonomo all’interno di un più vasto "Settore" (macro organizzazione), nell’ambito del quale possono confluire, per ragioni di economicità ed efficienza, anche altri "Servizi" oltre quello di vigilanza. In tali casi, è legittimo che la direzione dell’intero "settore" (comprensivo di più "servizi") sia affidata ad un dirigente amministrativo (non graduato); si tratta, infatti, di una scelta in linea non solo con la temporaneità ed interscambiabilità degli incarichi dirigenziali (art. 109, D.Lvo n. 267/2000; art. 2103 Cod. civ.) bensì, anche con il principio, posto dal buon senso, prima ancora che dalla legge, della esclusività e necessità delle funzioni di polizia per cui é ragionevole che chi deve controllare sia ed appaia "terzo" rispetto alle situazioni oggetto del controllo; una scelta volta anche ad eliminare possibili situazioni di incompatibilità della funzione di comandante con altre funzioni o incarichi all’interno dell’amministrazione comunale. L’unica condizione dovrà essere che al Comandante collocato alle dipendenze del dirigente del settore non siano sottratte le esclusive attribuzioni garantitegli dalla legge" (TAR Lazio, sent. nr. 305/07, che nei casi in cui il comune organizza le proprie strutture in Settori, ha ritenuto legittimo che l’attività di polizia municipale venga organizzata, ai sensi dell’art. 12, c. I, l.r. Lazio n. 1/2005, in "servizio" all’interno della più vasta struttura (il "settore") articolata in una pluralità di "servizi" con al vertice un dirigente amministrativo con compiti di coordinamento strutturale, con la sola condizione, per la legittimità dell’opzione, di salvaguardare l’autonomia funzionale e gerarchica del comandante, limitatamente all’esercizio delle prerogative di cui all’art. 9, L. n. 65/1986, per le quali il comandante deve rapportarsi unicamente ed esclusivamente al sindaco).

Dal quadro appena esposto, emerge dunque che non può negarsi il potere del Comune di modificare l’assetto di un Settore di Polizia Municipale trasformandolo in Servizio, ed in questo la tesi difensiva di parte ricorrente va disattesa.

Infatti, la giurisprudenza riconosce, sul piano delle scelte di politica organizzativa interna dell’Ente, il potere del Comune di strutturare la propria Polizia Municipale in Settore oppure in Corpo e tale potere non può essere scisso dalla possibilità di trasformare l’uno nell’altro e viceversa, a seconda delle esigenze organizzative dell’Ente, le sue dimensioni, e nel rispetto dei presupposti di legge e con la precisazione che, in ogni caso il vertice della Polizia Municipale deve essere salvaguardato nella sua autonomia rispetto all’organo politico ed alle rimanenti strutture amministrative dell’Ente, nell’esercizio delle proprie funzioni.

Tuttavia, a vantaggio delle tesi di parte ricorrente, si deve trarre da quanto esposto l’ulteriore corollario che la possibilità di trasformare un Settore di Polizia Municipale in Servizio è una scelta non rimessa alla mera discrezionalità dell’Ente, ma da esercitarsi in un contesto generale di razionalità, e con caratteristiche tali da palesarne la logica in termini di efficacia, efficienza e trasparenza dell’azione amministrativa, sul piano organizzativo.

Sebbene è vero che gli atti di organizzazione non richiedono una puntuale motivazione, è altrettanto vero che la contestazione di atti di macroorganizzazione che è affidata alla giurisdizione del giudice amministrativo, comporta necessariamente che sia possibile censurare da parte del ricorrente la coerenza dell’organizzazione dell’Ente con gli scopi istituzionali che quell’organizzazione deve presupporre e perseguire, ciò che fonda l’obbligo processuale dell’Amministrazione di dimostrare in giudizio la sussistenza di criteri di razionalità ed efficienza nella scelta organizzativa oggetto di causa.

In altri termini, ciò che difetta, ex lege 241/90, in termini di obbligo puntuale di motivazione negli atti di macroorganizzazione, è compensato dalla necessità di sindacarne i limiti in relazione al principio di legalità di cui all’art. 97 della Cost. a norma del quale i pubblici uffici sono organizzati secondo legge. Tale previsione radica un obbligo di conformazione delle scelte organizzative di un Ente locale ai principi informatori che la legge pone come scopo funzionale dell’organizzazione medesima: invero, l’organizzazione di un pubblico ufficio altro non è, sul piano strutturale, che la precondizione necessaria allo svolgimento delle funzioni che la PA è chiamata ad assolvere e la sua struttura deve possedere i requisiti necessari a consentire in termini di effettività e di efficacia lo svolgimento di esse.

Si deve quindi affermare che può formare oggetto di giudizio e dunque di sindacato del giudice amministrativo la coerenza delle scelte di macroorganizzazione di un Ente con le finalità specifiche di servizio che la legge, o gli atti regolamentari e statutari che, in forza di legge, sono adottati dagli Enti locali, pongono in relazione all’organizzazione della PA, sotto il profilo dell’accertamento dell’attitudine dell’organizzazione e della sua struttura ad assolvere i compiti di istituto assegnati.

Alla luce di ciò, la censura con la quale si lamenta l’immotivata ed irrazionale destrutturazione della Polizia Municipale mediante la sostituzione integrale della originaria dotazione organica di sette unità di categoria "C" e "D" in sei unità di categoria "B" ed una di categoria "D", senza alcuna utilità sul piano organizzativo e dell’assolvimento del servizio, va ritenuta fondata, analogamente a quanto già statuito in fattispecie analoghe (cfr. T.A.R. Sicilia Catania, sez. I, 13 aprile 2006, n. 589, alla cui approfondita motivazione si rinvia).

Infatti, dalle difese comunali e dagli atti amministrativi impugnati o quelli comunque versati in giudizio, non risulta emergere alcuna coerenza nel depotenziamento della Polizia Municipale del Comune di Bova Marina mediante la dequalificazione radicale del suo organico, rispetto alle esigenze di servizio che la legge prefigge.

A fronte di un organico perfettamente idoneo – per qualifiche previste – a svolgere tutti i compiti che la legge assegna alla Polizia Municipale, con particolare riferimento a quelli, di delicata natura, di accertamento e prevenzione, tutela dell’ordine pubblico e funzioni di polizia giudiziaria, la Polizia Municipale riformata in un servizio composto per la quasi totale prevalenza da ausiliari alla sosta è strutturalmente posta nelle condizioni di non poter più adempiere a quasi nessuno dei propri compiti istituzionali e tutto ciò senza che si possa ravvisare dal complesso degli atti versati in giudizio, alcuna ragionevole motivazione organizzativa in tal senso.

Né soccorre, anche in via meramente ipotetica, una eventuale ragione di esigenze di risparmio di spesa, peraltro insufficienti di per sé a giustificare un così drastico ridimensionamento di un settore così complesso, perché, in ogni caso, avrebbero richiesto una efficace dimostrazione anche in giudizio (per chiarire, ad esempio, la convenienza di un minimo risparmio in termini di organico rispetto ai mancati introiti derivanti all’Ente dalla cessazione dei controlli sul territorio dal punto di vista delle violazioni commerciali ed edilizie, per non parlare dell’accertamento dei tributi e delle tariffe in sede locale e così via).

Le deliberazioni impugnate sono dunque illegittime, e, nella parte di interesse, vanno annullate, con conseguente riviviscenza delle deliberazioni in precedenza adottate che istituivano e disciplinavano il Corpo di Polizia Municipale e la sua dotazione organica di sei unità di ctg "C".

III) Quanto al decreto sindacale nr. 1652 dell’8 marzo 2010, la riconosciuta interdipendenza funzionale tra la deliberazione di Giunta nr. 7/2010 ed il decreto nr. 1652/10 conduce intanto a rilevare che l’annullamento della prima comporta l’automatica caducazione del secondo (naturalmente nelle parti di interesse).

In ogni caso, richiamando quanto già esposto sub I, la natura speciale della disciplina della Polizia Municipale conduce a negare che la disposizione di cui all’art. 53 della l. 23.12.2000, n. 338 ( L.F. 2001), così come modificato dall’art. 29, comma 4, L. 28.12.2001, n. 448 ( L.F. 2002) trovi applicazione alla Polizia Municipale, il cui ordinamento è retto dalla l. 65/86 che dispone puntualmente (ed in maniera disomogenea rispetto alle previsioni generali di cui all’art. 107 Dlgs 267/2000) quanto alla responsabilità ed alla direzione delle relative unità organizzative, una volta istituito il Corpo di Polizia Municipale.

La disposizione, infatti, così recita: "Gli enti locali con popolazione inferiore a cinquemila abitanti fatta salva l’ipotesi di cui all’articolo 97, comma 4, lettera d), del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, anche al fine di operare un contenimento della spesa, possono adottare disposizioni regolamentari organizzative, se necessario anche in deroga a quanto disposto all’articolo 3, commi 2, 3 e 4, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, e all’articolo, 107 del predetto testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, attribuendo ai componenti dell’organo esecutivo la responsabilità degli uffici e dei servizi ed il potere di adottare atti anche di natura tecnica gestionale. Il contenimento della spesa deve essere documentato ogni anno, con apposita deliberazione, in sede di approvazione del bilancio".

Di conseguenza la disposizione eccezionale, come tale di stretta interpretazione (e che, come anticipato prima, presuppone l’attuazione della deroga in via necessariamente regolamentare e non per mero atto del Sindaco) consente di derogare solamente alle disposizioni generali costituite dall’art. 107 del Dlgs 267/2000, oltre che del Dlgs 29/93 e dunque non permette alcuna interpretazione estensiva che conduca a ritenere di poter consentire la deroga della l. 65/86 (e, di conseguenza, alle LR in materia di Polizia Municipale).

Peraltro, sotto il profilo della ratio di questa differenziazione, la normativa di cui alla l. 65/86 non è assimilabile alla disciplina generale di cui al menzionato art. 107, perché delinea un rapporto tra Sindaco e Comandante della Polizia Municipale che è particolare ed esclusivo, in quanto è fondato sulla dualità delle funzioni, che non possono sommarsi nella medesima persona o nel medesimo organo e che va comunque assicurata (e si è visto sub I che la giurisprudenza ritiene speciale la disciplina di cui alla legge 65/86 rispetto a quella generale degli impieghi) anche perché il responsabile di un ufficio di Polizia Municipale ha compiti di legge che presuppongono l’appartenenza organica all’Ente e non può quindi comunque identificarsi nel Sindaco.

Tale principio è ancor più chiaramente rafforzato dalla LR Calabria nr. 24/1990 che all’art. 2 distingue chiaramente le funzioni del Sindaco da quelle non solo del Comandante, ma anche da quelle del responsabile del servizio.

Pertanto, anche sotto questo profilo, il ricorso è fondato e come tale va accolto, conseguendone l’annullamento degli atti impugnati, nella parte di interesse (ossia limitatamente alle disposizioni organizzative relative alla Polizia Municipale).

Allo scopo di dare compiuta attuazione alla pronuncia, ai sensi dell’art. 34, lett. "e" del c.p.a., il Collegio dispone che il Sindaco del Comune di Bova Marina provveda con proprio atto all’assegnazione della responsabilità del Corpo di Polizia Municipale a favore del ricorrente entro il termine di giorni 15 dalla comunicazione della presente sentenza o sua notifica a cura di parte, se anteriore e, con deliberazione di Giunta, si adegui il piano triennale delle risorse umane al fine di prevedere le necessarie forme di copertura del personale in dotazione organica che è individuato, salve ulteriori e motivate decisioni del Comune, nella dotazione risultante dalle deliberazioni anteriori a quelle impugnate che, per effetto dell’annullamento di queste ultime, trovano piena applicazione.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li accoglie e per l’effetto annulla gli atti ed i provvedimenti impugnati nella parte di interesse.

Prescrive le misure di attuazione del giudicato come in parte motiva esposto.

Condanna parte resistente alle spese di lite che liquida in euro 2.500,00 oltre IVA, CPA, importo delle notifiche e del contributo unificato, nonché spese generali nella misura di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa e manda alla Segreteria giurisdizionale di comunicarne copia alle parti.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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