Cass. civ. Sez. V, Sent., 10-06-2011, n. 12754 Accertamento Imposta di successione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L’agenzia delle entrate impugna la sentenza della CTR della Lombardia, che rigettava l’appello avverso quella di primo grado, la quale annullava l’avviso di liquidazione circa la maggiore imposta pretesa nei confronti di M. e S.R. relativamente alla successione al padre, sul presupposto che si trattasse di regolare modificazione della precedente dichiarazione. A sostegno del gravame essa adduce un unico motivo, mentre i contribuenti resistono con controricorso.
Motivi della decisione

La ricorrente denunzia violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 346 del 1990, artt. 31 e 33 giacchè la CTR non considerava che la modificazione della precedente dichiarazione anche oltre la scadenza del termine era possibile ove si fosse trattato di imposte dirette, mentre nella specie invece essa lo sarebbe stato soltanto se la relativa facoltà fosse stata esercitata tempestivamente, mediante il c.d. "jus penitendi", con la conseguenza che la modificazione successiva della denunzia di successione non doveva essere presa in considerazione dall’amministrazione.

La censura è fondata. Il giudice di appello osservava che di fronte alla seconda dichiarazione di successione presentata a modificazione della precedente, anche se dopo il termine previsto, l’agenzia non poteva non considerarla, e basarsi solo sulla prima.

L’assunto non è corretto. Invero questo Collegio non ignora il principio secondo cui l’emendabilità, da parte dei contribuenti, degli errori, anche non meramente materiali o di calcolo, contenuti in dichiarazioni (o, comunque, in atti dei medesimi costituenti il presupposto dell’imposizione fiscale), esattamente va riconosciuta, essendo espressione di un principio generale del sistema tributario, atteso che la dichiarazione non ha valore confessorio, nè costituisce fonte dell’obbligazione tributaria – inserendosi nell’ambito di un più complesso procedimento di accertamento e di riscossione -, ed alla luce dei principi costituzionali di capacità contributiva e di buona amministrazione (i quali rendono intollerabile un sistema legale che impedisca al contribuente di dimostrare l’inesistenza di fatti giustificativi del prelievo), nonchè del principio – esistente ancor prima dell’espresso riconoscimento contenuto nella L. n. 212 del 2000, art. 10 – della collaborazione e della buona fede, che deve improntare i rapporti tra lui ed amministrazione finanziaria. Ne consegue che il contribuente può procedere alla rettifica di errori di qualsiasi genere, contenuti nella dichiarazione, anche dopo la scadenza del termine per la sua presentazione in tema di imposta di successione, e che tale rettifica, se fondata, deve essere presa in considerazione dall’ufficio, ai fini della liquidazione dell’imposta dovuta, del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, ex art. 33 come nel caso in esame (Cfr. anche Cass. Sentenze n. 20852 del 05/10/2007, n. 5361 del 10/03/2006). Tuttavia va precisato che nel caso in specie la suddetta emendabilità non poteva essere affatto riconosciuta, posto che gli eredi S. avevano dichiarato volutamente i valori delle quote di partecipazione nelle società con la prima denunzia, e quindi non erroneamente; inoltre avevano omesso quella concernente altri cespiti, dichiarati invece soltanto in un secondo momento, peraltro parecchio tempo dopo che il termine di mesi sei dall’apertura della successione era scaduto. Invero in tema di imposta di successione, la rettifica del valore dei beni indicati nella denuncia di successione può essere effettuata dal contribuente soltanto nel termine di sei mesi dall’apertura della successione previsto dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 637, art. 39, comma 1, per la presentazione di detta denuncia. Ne deriva che, qualora la dichiarazione di rettifica venga presentata oltre il termine di cui sopra, legittimamente l’ufficio procede a liquidare l’imposta sulla base dei valori dichiarati nella prima denuncia, senza che a diversa soluzione possa pervenirsi sulla base della nuova disciplina di cui al D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, art. 33, comma 1, come sostituito dal D.L. 24 aprile 1994, n. 260, art. 33, comma 1, lett. b) convertito nella L. 27 giugno 1994, n. 413, per la quale rettifica occorre la relativa presentazione nel termine previsto quando si tratti di valori non dovuti ad errori materiali o di calcolo, bensì di differente e volontaria valutazione, come nella specie (V. pure Cass. Sentenze n. 6700 del 10/07/1998, n. 946 del 1996).

Quindi anche in rapporto alle suindicate corrette valutazioni giuridiche, le doglianze della ricorrente riescono ad intaccare quelle del giudice del gravame, onde queste non vanno complessivamente condivise, con il conseguente accoglimento del ricorso e cassazione della sentenza impugnata, con rinvio al giudice "a quo", altra sezione, per nuovo esame, e che si uniformerà al principio di diritto testè enunciato.

Quanto alle spese dell’intero giudizio, esse saranno regolate dal giudice del rinvio stesso.
P.Q.M.

LA CORTE Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata, e rinvia, anche per le spese, alla commissione tributaria regionale della Lombardia, altra sezione, per nuovo esame.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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