Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 16-12-2010) 24-03-2011, n. 11967 Rinuncia all’impugnazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza del 21 maggio 2010 il Tribunale di Catania ha, in sede di riesame ex art. 309 c.p.p., annullato l’ordinanza di custodia cautelare (arresti domiciliari) emessa dal GIP del Tribunale di Catania nei riguardi di M.F., indagato per i reati di cui all’art. 416 c.p.; D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 3; art. 640 bis c.p., limitatamente al capo a) della imputazione ( art. 416 c.p.), confermando, nel resto, l’ordinanza custodiale.

Il detto Tribunale ha ritenuto la possibilità di concorso tra il reato di cui all’art. 640 bis c.p. e quello di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 3, atteso il quid pluris (dolo specifico) contenuto nell’art. 640 bis c.p., nella specie ravvisato in relazione alla circostanza che l’indagato aveva personalmente provveduto alla richiesta di erogazione di contributi (terza rata) abdicando al ruolo di consulente commerciale e collocandosi come amministratore della società B&B Integraded Services s.r.l. autore di richieste di contributi senza che ne sussistessero i presupposti.

Il Tribunale aveva ritenuto sussistere la consapevolezza in capo al M. del fine illecito perseguito in seno alle società gestite dal gruppo "Traverso Catanzaro".

Aveva, infine, ritenuto particolarmente spregiudicato, e perciò consapevolmente illecito, il ruolo in concreto rivestito dal M. nella vicenda e per l’effetto ritenute particolarmente intense sia le esigenze cautelari connesse al pericolo di reiterazione di condotte della stessa specie, sia il pericolo di inquinamento probatorio.

Ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’indagato, denunciando violazione di legge in relazione all’art. 640 bis c.p., premettendo che la carica di amministratore legale della società era stata rivestita dal M. soltanto a far data dal 14 febbraio 2007 ed evidenziando che, per quanto atteneva alle condotte antecedenti a tale data, esse non potevano ricondursi al M. che alcun ruolo, anche di mero dipendente, aveva rivestito in seno alla società.

Ha ulteriormente evidenziato, traendo spunto dalla data figurante nella contestazione contenuta al capo b) indicata come sino al 5 dicembre 2005, che la tesi proposta dal Tribunale di reato (art. 640 bis c.p.) "a consumazione prolungata" non appare per nulla condivisibile, quanto meno con riguardo all’indagato, attesa l’interruzione della continuità determinata dalla carica sociale rivestita dal M. molti mesi dopo la data di commissione del reato e difettando, quindi, la volontà in capo al M. di realizzare un evento destinato a perpetuarsi nel tempo presupponente una volontà iniziale da parte dello stesso soggetto, mentre nel caso in esame la condotta del M. andava riferita ad una sorta di atto dovuto quale era la richiesta di erogazione di una terza rata del contributo già concesso in precedenza ex L. n. 488 del 1992.

Con il secondo motivo il ricorrente ha dedotto violazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 3 e carenza o contraddittorietà della motivazione, muovendo dalle medesima premessa temporale relativa al tempo di insediamento nella carica sociale e rilevando come tutte le fatture asseritamente fittizie erano state emesse in epoche diverse e comunque antecedenti alla data di insediamento del M. nella compagine sociale.

Il ricorrente ha contestato la tesi del concorso materiale tra il reato di cui all’art. 3 del detto D.Lgs. e l’ipotesi delittuosa di cui all’art. 416 bis c.p. atteso il rapporto di specialità tra le due norme.

Ha, ancora, censurato con il medesimo motivo la carenza di motivazione in punto di valutazione della condotta tenuta dal M..

Con il terzo motivo ha denunciato violazione di legge in relazione agli artt. 322 ter e 640 quater c.p. nella parte della ordinanza con la quale è stato confermato il sequestro per equivalente di beni personali dell’indagato disposto dal GIP, sebbene non ne ricorressero i presupposti, attesa l’insussistenza delle condotte contestate, rilevando anche l’erroneità dell’ammontare delle somme sequestrate.

Ha, conseguentemente richiesto l’annullamento della ordinanza impugnata.

Con successiva nota pervenuta a questa Corte in data 13 dicembre 2010, il ricorrente personalmente ha dichiarato di rinunciare al ricorso proposto, essendo nelle more mutata in melius la situazione cautelare.

Tanto premesso il ricorso va dichiarato inammissibile stante la rinuncia determinata dalla sopravvenuta scarcerazione dell’indagato che ha così ottenuto prima quello che avrebbe potuto ottenere con il ricorso.

Le ragioni addotte a giustificazione della rinuncia (intervenuto mutamento in positivo del quadro cautelare per essere stato il M. posto, nelle more, in libertà) consentono di affermare che l’indagato non è versato in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso per rinuncia.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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