T.A.R. Lazio Roma Sez. II ter, Sent., 22-03-2011, n. 2538 comune

Svolgimento del processo

Con il ricorso introduttivo la società S. s.r.l. (d’ora in poi soltanto S.) ha impugnato la deliberazione del comune di Cittareale n. 28 del 23.10.2009, pubblicata all’albo pretorio dal 29.10.2009 al 13.11.2009 e rilasciata in copia alla società ricorrente in data 11.12.2009, avente ad oggetto " Gestione impianti sciistici S.rotonda – stagione invernale 2009/2010 e successiva stagione 2010/2011", con la quale il comune ha deliberato di provvedere alla gestione diretta degli impianti scioviari San Venanzio 1 e 2, dell’impianto scioviario " campo scuola", nonchè dell’impianto di innevamento artificiale ubicato il località S.rotonda, dando mandato al responsabile dell’area tecnica di predisporre quanto di competenza.

Ne ha dedotto l’illegittimità con un unico complesso motivo di censura per violazione e falsa applicazione degli artt. 113 e 113 bis del D. Lgs. n. 267 del 2000, dell’art. 23 bis del D.L. del 25 giugno 2008 n. 112, convertito in L. 6 agosto 2008 n. 133, dell’art. 15 del D.L. n. 135 del 2009, convertito in L. n. 166 del 2009, per violazione dei principi comunitari in materia di affidamento di servizi pubblici locali, per eccesso di potere per sviamento e carenza dei presupposti.

L’affidamento di un servizio pubblico locale a rilevanza economica deve essere effettuato nel rispetto dei principi di derivazione comunitaria di concorrenza, trasparenza, pubblicità, parità di trattamento, non essendo, invece, ammesso il ricorso al peculiare modulo della gestione diretta in economia da parte dell’ente locale di cui all’art. 113 bis del D. lgs. n. 267 del 2000.

E comunque il comune era vincolato all’indizione di una gara pubblica per l’affidamento del servizio di cui trattasi in esecuzione del giudicato formatosi sulla decisione del Consiglio di Stato n. 743/2009 del 10.2.2009.

Peraltro la deliberata gestione diretta in economia del servizio maschera, in realtà, un affidamento a terzi della gestione del servizio senza la previa indizione della gara, atteso che, non essendo il comune in possesso delle conoscenze tecniche e delle professionalità necessarie alla gestione del detto servizio, ha dovuto provvedere ai predetti fini al reperimento all’esterno.

La ricorrente ha, altresì, richiesto la condanna del comune al risarcimento dei danni conseguenti, quantificati in via equitativa nella complessiva somma di euro 50.000,00.

Il comune di Cittareale si è costituito in giudizio depositando, in data 6.2.2010, la memoria difensiva, con la quale ha argomentatamene dedotto l’infondatezza nel merito del ricorso; in particolare ha sostenuto l’applicabilità al caso di specie del disposto di cui all’articolo 125, comma 9, del D. Lgs. n. 163 del 2006

Con il primo ricorso per motivi aggiunti la ricorrente ha, quindi, successivamente impugnato le deliberazioni della giunta municipale del comune nn. 99, 100 e 101 del 6.11.2009, n. 105 del 4.12.2009 e n. 93 del 29.10.2009, con le quali è stata data esecuzione alla richiamata deliberazione del consiglio municipale del comune di Cittareale n. 28/2009 del 23.10.2009, nonché le disposizioni della sezione II e III del regolamento comunale dei contratti, approvato con la deliberazione della giunta comunale del comune di Cittareale n. 29 del 24.10.2008, nella parte in cui possano essere interpretate nel senso di consentire la gestione diretta da parte del comune del servizio di cui trattasi.

Ne è stata dedotta l’illegittimità in via derivata per i medesimi profili di censura di cui al ricorso introduttivo del giudizio nonché, con autonomo motivo di censura, per violazione e falsa applicazione degli articoli 125 e 253, comma 22, del D. lgs. n. 163 del 2006 e delle disposizioni di cui al D.P.R. n. 384 del 2001.

Il comune avrebbe violato il principio di divieto dell’artificioso frazionamento del servizio al fine di mantenere il valore della gestione del servizio al di sotto della soglia massima di euro 20.000,00 di cui al richiamato articolo 125, atteso già solo il costo relativo al personale impiegato ai fini della gestione ed al servizio di cd. battipista acquisito mediante l’affidamento diretto da una ditta privata esterna.

Con il secondo ricorso per motivi aggiunti, depositato in data 1.3.2010, la ricorrente ha impugnato le deliberazioni della giunta comunale del comune di Cittareale nn. 111, 112 e 113 del 21.12.2009, n. 105 del 4.12.2009 e n. 93 del 29.10.2009, nonché le disposizioni della sezione II e III del regolamento dei contratti, approvato con la deliberazione della giunta comunale del comune di Cittareale n. 29 del 24.10.2008, deducendone l’illegittimità per i medesimi motivi di censura di cui ai precedenti ricorsi, integralmente riportati.

Con le memorie depositate in vista della camera di consiglio dell’8.3.2010 sia la ricorrente che il comune hanno argomentatamene ribadito le proprie deduzioni.

Con l’ordinanza n. 1087/2010 del 9.3.2010 sono stati disposti incombenti istruttori ed è stata fissata l’udienza pubblica.

Con il terzo ricorso per motivi aggiunti, depositato in data 17.5.2010, la ricorrente ha impugnato le determinazioni n. 312 del 3.12.2009 e n. 342 del 17.12.2009, nonché tutti gli atti della gara di appalto per il servizio di controllo, vigilanza ed assistenza agli impianti scioviari deducendone l’illegittimità per i medesimi motivi di censura di cui ai precedenti ricorsi, integralmente riportati, nonché per gli ulteriori specifici profili ivi riportati.

Con le memorie depositate in vista dell’udienza di trattazione nel merito dei ricorsi sia la ricorrente che il comune hanno ribadito le proprie tesi difensive, insistendo nelle rispettive conclusioni.

Alla pubblica udienza del 7.12.2010 il ricorso è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati delle parti come da separato verbale di causa.
Motivi della decisione

1. In via preliminare si conferma la sussistenza in capo alla società ricorrente di un interesse giuridicamente protetto alla impugnazione della deliberazione del Consiglio comunale di cui trattasi.

Ed infatti la ricorrente ha titolo a censurare la scelta di un modello organizzativo che di per sé esclude l’affidamento ai privati dell’espletamento dell’attività oggetto del servizio; l’interesse processuale, di natura strumentale, è legato alla possibile opzione per uno strumento operativo che consenta di concorrere all’assegnazione dell’appalto, o, comunque, al conferimento della gestione del servizio, posto che la scelta, effettuata dal Comune, di gestione diretta del servizio non è a priori ostativa a una riedizione del potere in senso diverso alla luce delle eventuali decisioni giurisdizionali e delle statuizioni ivi contenute.

2. Preliminarmente alla trattazione nel merito è, poi, necessaria la qualificazione del servizio di gestione degli impianti sportivi di proprietà comunale con specifico riferimento agli impianti sciistici.

E’ opportuno, pertanto, prendere le mosse da ciò che deve intendersi per finalità istituzionali dell’ente comunale, atteso che i comuni hanno nel tempo esteso i confini della propria attività, quali ne siano le forme, dirette e indirette, di gestione.

Ed infatti l’articolo 13 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, attribuisce genericamente al comune "tutte le funzioni amministrative che riguardano la popolazione ed il territorio comunale, precipuamente nei settori organici dei servizi alla persona e alla comunità, dell’assetto ed utilizzazione del territorio e dello sviluppo economico, salvo quanto non sia espressamente attribuito ad altri soggetti dalla legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze.".

Considerata l’ampiezza della previsione legislativa spetta, pertanto, al singolo ente valutare quali siano le necessità della comunità locale e, nell’ambito delle compatibilità finanziarie e gestionali, avviare le politiche necessarie per soddisfarle, cosicché, al fine individuare i fini istituzionali di ogni singolo ente locale, risulta di particolare ausilio il riferimento al relativo statuto, nel cui ambito sono dettagliatamente indicate le finalità dell’azione amministrativa, oltre i fini istituzionali "tipici" che si sottintendono.

Sul piano oggettivo, quindi, per pubblico servizio deve intendersi un’attività esercitata per erogare prestazioni volte a soddisfare bisogni collettivi ritenuti indispensabili in un determinato contesto sociale, come, nello specifico caso, aventi ad oggetto la gestione di impianti sportivi comunali (T.A.R. Lombardia Milano, sez. III, 20 dicembre 2005, n. 5633).

In particolare la gestione di un impianto sportivo rientra, a pieno titolo, nell’area dei servizi alla persona, o dei servizi sociali (atteso che è indubbia ed universalmente riconosciuta l’importanza dello sport, inteso come pratica sportiva, ai fini dell’aggregazione sociale, della prevenzione delle malattie, della formazione dei giovani) e, ad oggi, la maggior parte degli impianti sportivi a disposizione dei cittadini è costituita da impianti di proprietà pubblica.

Al riguardo si ritiene che l’attività di gestione degli impianti a fune, ed in particolare degli impianti sciistici, finalizzati allo sviluppo turistico del territorio, e quindi al suo sviluppo economico, trattandosi di comuni montani a vocazione precipuamente turistica, possa essere agevolmente ricondotta tra quelle strettamente necessarie per il perseguimento delle finalità istituzionali del comune.

La gestione degli impianti sciistici, che si sostanzia in un fascio di prestazioni materiali direttamente erogate ad un numero indeterminato di beneficiari, appartiene, pertanto, all’insieme di quelle deputate a produrre beni e servizi strettamente necessari per il perseguimento della propria finalità istituzionale che risulta costituita, nella fattispecie, dall’utilizzo del territorio per lo sviluppo economico della popolazione e della comunità, così come sancito dall’art. 13 del D. Lgs. n. 267/2000 e realizza così compiutamente le forme di un servizio pubblico.

3. Ai fini della definizione della rilevanza economica del servizio sportivo è necessario distinguere tra servizi che si ritiene debbano essere resi alla collettività anche al di fuori di una logica di profitto d’impresa, cioè quelli che il mercato privato non è in grado o non è interessato a fornire, da quelli che, pur essendo di pubblica utilità, rientrino in una situazione di mercato appetibile per gli imprenditori in quanto la loro gestione consente una remunerazione dei fattori di produzione e del capitale e permette all’impresa di trarre dalla gestione la fonte della remunerazione, con esclusione di interventi pubblici.

Nell’ambito di tale ultima categoria rientra la gestione degli impianti sportivi, compresa quindi la gestione degli impianti sciistici.

Peraltro ai sensi dell’art. 113 del D. Lgs. n. 267 del 2000, rubricato " Gestione delle reti ed erogazione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica.", al comma 2bis, inserito dall’articolo 1, comma 48, della legge 15 dicembre 2004, n. 308, è testualmente disposto che "2bis. Le disposizioni del presente articolo non si applicano agli impianti di trasporti a fune per la mobilità turisticosportiva esercitati in aree montane.".

E’ evidente, pertanto, la qualificazione in termini di servizio pubblico locale a rilevanza economica dell’attività di cui trattasi, in quanto riconducibile al disposto del richiamato comma 2 bis, trattandosi, appunto, della gestione degli impianti sciistici del comune.

La specificazione contenuta nel comma suddetto circa la deroga all’applicazione della normativa contenuta negli altri commi trova, infatti, la sua esclusiva ratio nella naturale riconducibilità del servizio in questione nel novero dei servizi pubblici locali a rilevanza economica cui si riferisce la rubrica dell’articolo richiamato.

Non avrebbe, infatti, alcun senso, in caso contrario, la previsione della specifica deroga alla normativa esposta.

4. La gestione di un impianto sportivo non ha una precisa collocazione nel quadro delle norme relative agli appalti ed agli affidamenti; in quanto alla tipologia di appalto, quella di gestione di impianto sportivo viene spesso fatta rientrare in quella di servizi.

Tuttavia, la fattispecie dell’affidamento a terzi della gestione di un impianto sportivo comunale deve, invece, essere inquadrata nella concessione di pubblico servizio posto che, sul piano oggettivo, per pubblico servizio deve intendersi un’attività economica esercitata per erogare prestazioni volte a soddisfare bisogni collettivi ritenuti indispensabili in un determinato contesto sociale (come nel caso in esame, avente ad oggetto la gestione di impianti sportivi comunali) (T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 10 marzo 2009, n. 1367).

Pertanto l’ente locale che intenda affidare a terzi la gestione degli impianti sportivi comunali, è tenuto ai sensi dell’articolo 30, comma 3, del D. lgs. 12 aprile 2006, n. 163, a indire una gara pubblica aperta a tutti i soggetti qualificati in relazione al suo oggetto (Consiglio di Stato, sez. V, 20 febbraio 2009, n. 1030).

5. Tanto premesso, deve rilevarsi, ulteriormente, come non possa ritenersi sussistente un obbligo da parte del comune di indire una nuova gara avente ad oggetto il servizio di gestione degli impianti in questione in esecuzione del giudicato formatosi sulla sentenza del C.d.S. n. 743/2009, come peraltro espressamente statuito con la sentenza del C.d.S. n. 7971/2010 del 9.11.2010, resa a conclusione del giudizio per l’ottemperanza instaurato da parte della società odierna ricorrente.

6. Al riguardo è importante tenere presente la distinzione tra gestione diretta (sempre praticabile dall’ente locale, soprattutto quando si tratti di attività di modesto impegno finanziario) ed affidamento diretto, postulante la scelta di attribuire la gestione di un servizio all’esterno del comune interessato, il che non può evidentemente accadere se non mediante gara ad evidenza pubblica.

In particolare si ritiene che " nessuna norma obblighi i comuni ad affidare all’esterno determinati servizi (illuminazione pubblica, centri assistenziali, case di accoglienza, case di riposo, case famiglia, assistenza domiciliare per anziani ed handicappati, asili nido, mense scolastiche, scuolabus, biblioteche, impianti sportivi: tutti servizi che, notoriamente, gran parte dei comuni italiani gestiscono direttamente, senza appaltarli a privati), ove preferiscano amministrarli in via diretta e magari in economia, mentre, nel caso di una differente scelta, il discusso conferimento a terzi deve avvenire tramite gara rispettosa del regime comunitario di libera concorrenza.

Né si vede per quali motivi un ente locale debba rintracciare un’esplicita norma positiva per poter fornire direttamente ai propri cittadini un servizio tipicamente appartenente al novero di quelli per cui esso viene istituito; nella specie, la disciplina legislativa sopra richiamata non contiene alcun divieto esplicito né implicito in tal senso." (Consiglio di Stato, sez. V, 26.1.2011, n. 552).

Le esigenze del " buon andamento della p.a., alla gestione dei pubblici servizi locali ed all’autonomia organizzativa dei comuni" sono " pienamente soddisfatte dall’interpretazione qui favorita ed armonicamente inquadrabile pure in una prospettiva comunitaria" (Consiglio di Stato, sez. V, n. 552/2011, cit.).

Peraltro vale al riguardo richiamare il disposto del comma 2bis dell’articolo 113 del TUEL, nella parte in cui prevede un regime di deroga specifico per quanto attiene proprio agli impianti di trasporto a fune per la mobilità turisticosportiva esercitati nelle località montane.

Ne consegue che le norme contenute nel testo del richiamato art. 113 non possono trovare applicazione relativamente agli impianti di cui trattasi.

Peraltro l’articolo 23bis dispone al comma 11 che "l’articolo 113 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, è abrogato nelle parti incompatibili con le disposizioni di cui al presente articolo". E al riguardo si ritiene che il disposto di cui al comma 2bis dell’art. 113 sia norma allo stato ancora vigente e produttiva di effetti.

In tal senso depone il comma 1 dell’articolo 12 del D.P.R. 7 settembre 2010 n. 168, contenente il regolamento dei servizi pubblici locali ai sensi del richiamato art. 23 bis, rubricato" Abrogazioni e disposizioni finali", che dispone testualmente che " 1. A decorrere dall’entrata in vigore del presente regolamento sono o restano abrogate le seguenti disposizioni:

a) articolo 113, commi 5, 5bis, 6, 7, 8, 9, escluso il primo periodo, 14, 15bis, 15ter e 15quater, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni;…".

E’ evidente, pertanto, che il disposto di cui al comma 2 bis dell’art. 113 non è stato interessato dall’abrogazione invece invocata da parte della ricorrente.

Peraltro l’art. 23bis recita, ai commi 2 e 3: "Il conferimento della gestione dei servizi pubblici locali avviene, in via ordinaria:…"; si tratta evidentemente della disciplina concernente l’affidamento a terzi della gestione di un servizio pubblico locale a rilevanza economica, come del resto si ricava dalla rubrica della disposizione ("Servizi pubblici locali di rilevanza economica").

Nel caso in cui, pertanto, il comune, avuto riguardo alle peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, ritenga che non sia possibile un proficuo ricorso al mercato, lo stesso può legittimamente deliberare di gestire in forma diretta il servizio di cui trattasi.

Si definiscono impianti a gestione diretta tutti gli impianti gestiti direttamente in economia dall’amministrazione comunale attraverso i propri uffici; tuttavia il comune può gestire gli impianti di proprietà in forma diretta anche con affidamento a ditte specializzate nel settore relativamente ai servizi connessi al funzionamento dell’impianto, tenuto conto delle specifiche caratteristiche organizzative, finanziarie e contabili relative all’impianto, dell’idoneità del personale a disposizione e delle finalità pubbliche da perseguire.

La gestione può, altresì, essere effettuata in forma indiretta, mediante la concessione della gestione degli impianti a terzi, esclusivamente attraverso convenzioni di affidamento, derivanti da avvisi pubblici specifici individuati per ogni tipologia di impianto nel rispetto della normativa comunitaria di settore.

L’ammissibilità di una gestione diretta degli impianti sportivi di proprietà pubblica si ricava, altresì, dal disposto di cui all’articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria 2003), rubricato "Disposizioni per l’attività sportiva dilettantistica", nella parte in cui dispone che "25. Ai fini del conseguimento degli obiettivi di cui all’articolo 29 della presente legge, nei casi in cui l’ente pubblico territoriale non intenda gestire direttamente gli impianti sportivi, la gestione è affidata in via preferenziale a società e associazioni sportive dilettantistiche, enti di promozione sportiva, discipline sportive associate e Federazioni sportive nazionali, sulla base di convenzioni che ne stabiliscono i criteri d’uso e previa determinazione di criteri generali e obiettivi per l’individuazione dei soggetti affidatari. Le regioni disciplinano, con propria legge, le modalità di affidamento.".

Al riguardo la Corte Costituzionale ha avuto modo di puntualizzare che "non sono fondate, in riferimento all’art. 117 cost. e all’art. 10 l. cost. 18 ottobre 2001 n. 3, le q.l.c. dell’art. 90 commi 24, 25 e 26 l. 27 dicembre 2002 n. 289, concernente l’utilizzazione di impianti sportivi. Premesso che, con la revisione costituzionale operata dalla l. cost. n. 3 del 2001, l’ordinamento sportivo è stato inserito nel novellato art. 117 comma 3, tra le materie oggetto di competenza legislativa ripartita tra Stato e regioni, che non può dubitarsi che la disciplina degli impianti e delle attrezzature sportive rientri nella materia dell’ordinamento sportivo, e che quindi lo Stato deve limitarsi alla determinazione, in materia, dei principi fondamentali, spettando invece alle regioni la regolamentazione di dettaglio, salvo una diversa allocazione, a livello nazionale, delle funzioni amministrative, per assicurarne l’esercizio unitario, in applicazione dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza con riferimento alla disciplina contenuta nell’art. 118 comma 1 cost., ipotesi peraltro non ricorrente nella specie;… il comma 25 detta regole generali dirette a garantire che la gestione degli impianti sportivi comunali, quando i comuni non vi provvedano direttamente, avvenga di preferenza mediante l’attribuzione a determinati organismi sportivi, in via surrogatoria rispetto ai possibili atti di autonomia degli enti locali, e quindi nel rispetto delle scelte appunto autonomistiche degli enti stessi, ai quali è assicurata, in via principale, la possibilità di gestire direttamente gli impianti in questione." (Corte costituzionale, 29 dicembre 2004, n. 424).

E, soltanto ove il comune non sia disponibile alla gestione diretta e non opti per allargare la platea degli aspiranti includendo anche soggetti diversi da quelli impegnati nello sport, l’affidamento della gestione degli impianti sportivi deve esser preceduto da un confronto concorrenziale tra società e associazioni sportive dilettantistiche, enti di promozione sportiva, discipline sportive associate e Federazioni sportive nazionali, non potendosi ricavare dall’art. 90, comma 25, della legge n. 289 del 2002, alcuna ragione di preferenza a favore di queste ultime.

La gestione diretta, rappresenta, tuttavia, un modello che si adatta a situazioni residuali caratterizzate dalla presenza di impianti di modeste dimensioni o nel caso della gestione di discipline minori, che prevedono oneri organizzativi ed economici limitati.

Vi si potrà, pertanto, fare ricorso solo dopo avere verificato che nel mercato locale di riferimento, secondo il più generale principio di sussidiarietà, non esistano altri soggetti che a condizioni più vantaggiose in termini di efficacia, efficienza ed economicità, siano in grado di assicurare il servizio con il medesimo grado di qualità richiesta.

La gestione diretta di un impianto sportivo comporta, per la pubblica amministrazione, il farsi carico di esigenze, a volte complesse, sia nel campo dell’organizzazione, sia in quello della ricerca delle necessarie risorse per garantire l’autofinanziamento delle spese gestionali (tariffe, vendita prodotti di merchandising, servizi aggiuntivi, corsi di formazione sportiva, sponsorizzazioni, ecc.).

L’ente locale, in tali casi, deve operare secondo una logica di management pubblico nel tentativo di soddisfare l’esigenza di massimizzazione delle fonti di finanziamento delle attività di gestione e, al contempo, di soddisfare gli obiettivi politici di socialità; il ricorso alla tariffa deve essere considerato solo come una delle componenti di entrata per consentire la copertura dei costi gestionali sostenuti. In linea di principio, pertanto, si osserva che la gestione diretta della struttura deve da un lato rispondere alle caratteristiche proprie della gestione di un cespite patrimoniale e dall’altro all’esigenza di garantire l’esercizio della pratica sportiva da parte della collettività.

La tariffa in oggetto, pertanto, dovrà essere allineata ai prezzi di mercato, ma rimanere comunque competitiva rispetto ad altre offerte disponibili sul mercato, in quanto il servizio deve rivolgersi a tutti i cittadini senza distinzione.

Tutto ciò presuppone l’adozione di una logica manageriale da parte del dirigente del settore preposto alla gestione dell’impianto, da attuarsi nell’ambito dei propri poteri di discrezionalità tecnica ed amministrativa pur nel rispetto degli indirizzi stabiliti in sede politica. Il manager pubblico dovrà, inoltre, attuare una strategia di valorizzazione della struttura sportiva anche attraverso l’organizzazione di attività ed eventi volti a far conoscere il "prodotto" alla cittadinanza.

Per la conduzione concreta delle attività sportive si dovrà fare ricorso a risorse umane qualificate per la pratica sportiva di cui trattasi, ma anche a persone in grado di operare per la gestione materiale ed amministrativa del servizio; tali professionalità, difficilmente riscontrabili nell’ambito del personale dipendente dell’ente locale, andranno ricercate all’esterno.

Nel caso di specie il comune ha rilevato nei propri scritti difensivi come il valore del servizio di gestione degli impianti di cui trattasi, nonostante la indiscussa rilevanza dal punto di vista turistico degli stessi (si tratta, infatti, secondo l’affermazione del comune più volte ribadita, del secondo polo sciistico della Provincia di Rieti), fosse di importo non considerevole, avuto, nello specifico, riguardo all’importo di cui al bando di gara del settembre del 2007, stimato dall’amministrazione in euro 5.000,00 annui per un totale di euro 30.000,00 per il periodo complessivo dei sei anni.

Si ritiene, pertanto, che sussistessero nel caso di specie i presupposti di legge ai fini della scelta da parte del comune della forma di gestione diretta del servizio di cui trattasi. Peraltro non da ultimo è importante ricordare che, in precedenza, il comune aveva esperito un’apposita gara dalla quale, tuttavia, entrambe le ditte che avevano partecipato sono state escluse a seguito di pronuncia definitiva del g.a. per difetto dei requisiti di partecipazione e che, comunque, il servizio in questione è stato oggetto per la stagione 20082009 di gestione diretta da parte del comune, essendo questi in possesso di tutte le necessarie autorizzazioni.

Con i ricorsi per motivi aggiunti la società ha più diffusamente argomentato l’illegittimità dei provvedimenti impugnati, ed in particolare delle deliberazioni con le quali si è data attuazione alla scelta della gestione diretta, in quanto l’amministrazione avrebbe illegittimamente frazionato il servizio al fine di potere ricorrere allo strumento dell’affidamento diretto di cui al comma 11, secondo capoverso, dell’articolo 125 del D.Lgs. n. 163 del 2006, nella parte in cui dispone che "Per servizi o forniture inferiori a ventimila euro, è consentito l’affidamento diretto da parte del responsabile del procedimento."..

L’argomentazione richiamata è stata, in particolare, svolta con riferimento ai servizi di controllo e vigilanza degli impianti, di assistenza scioviaria, di "battipista" per le piste da sci ed all’assunzione di personale per le biglietterie.

Deve, tuttavia, rilevarsi come i servizi cui fa riferimento la ricorrente, sebbene tutti inerenti in generale la gestione degli impianti sportivi in questione, siano tra loro eterogenei in considerazione della diversità delle prestazioni richieste e, pertanto, non può legittimamente ritenersi che si sia in presenza di un frazionamento artificioso del servizio stesso.

Peraltro nessuno dei detti servizi era stato fatto in precedenza oggetto della procedura di gara bandita dal comune nel settembre del 2007 ed andata deserta nel 2009 a seguito della pronuncia definitiva del Consiglio di Stato, avuto specifico riguardo alle norme del relativo capitolato speciale di appalto.

Al riguardo il comune ha dimostrato, quanto al servizio di "controllo, vigilanza ed assistenza agli impianti scioviari della stazione sciistica di S.rotonda", per le stagioni invernali 20092010 e 20102011, (premessa la necessità di provvedere alla esternalizzazione del servizio in questione) di avere attivato la procedura di cui al comma 11, primo capoverso, dell’articolo 125, avendo stimato la spesa complessiva di euro 40.000,00, con l’invito di n. 5 operatori del settore ma con l’impossibilità di procedere all’affidamento del servizio in questione, in quanto l’unica ditta ammessa è risultata non avere prodotto documentazione conforme a quella richiesta nella lettera di invito per la partecipazione alla gara; motivo per il quale (tenuto, altresì, conto della evidenziata volontà del comune di procedere all’acquisto di un mezzo battipista da utilizzarsi nella stagione 20102011) si è provveduto a distinguere i due servizi e ad affidare direttamente senza procedura negoziata per la sola stagione 20092010, con importo della spesa stimata in euro 20.000 al lordo dell’IVA al 20%, il servizio di controllo, vigilanza ed assistenza agli impianti scioviari; e altrettanto è a dirsi per il servizio di "battipista", con un importo stimato per la predetta annualità in euro 15.000, sempre al lordo dell’IVA.

Per le considerazioni tutte che precedono il ricorso introduttivo ed i motivi aggiunti devono, pertanto, essere respinti siccome infondati nel merito.

Attesa la molteplicità e la complessità delle questioni sottoposte all’esame si ritiene di dovere disporre la compensazione delle spese del presente giudizio tra le parti costituite.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sez. II ter, definitivamente pronunciando, respinge il ricorso introduttivo ed i motivi aggiunti.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

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