Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 15-12-2010) 24-03-2011, n. 11792 Falsità ideologica in atti pubblici

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

del Dott. IZZO Gioacchino che ha concluso per il rigetto.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La procura generale presso la corte di appello di Napoli ha presentato ricorso avverso la sentenza emessa, il 6.4.09 dal Gip del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, ex artt. 129 e 549 c.p.p., in sede di richiesta di emissione di decreto penale di condanna, con la quale è stato dichiarato non luogo a procedere nei confronti di I.C., perchè il fatto non sussiste.

Nei confronti dell’indagato è stata formulata la contestazione del reato ex art. 483 c.p., in quanto, nella domanda diretta ad ottenere l’inserimento tra i volontari di ferma breve dell’esercito italiano, aveva dichiarato di aver conseguito il diploma di licenza media con il giudizio buono, mentre aveva riportato il giudizio sufficiente, n ricorrente rileva che il giudice ha ritenuto la insussistenza del fatto in quanto la falsa attestazione sulla valutazione, in sede di conseguimento del diploma di istruzione, non rientra in specifica previsione del D.P.R. n. 445 del 2000, art. 46, lett. m), che fa riferimento al solo titolo di studio e agli esami sostenuti. Questa valutazione è errata, in quanto la falsa dichiarazione sul giudizio riportato è da ritenere inscindibilmente correlata alla dichiarazione concernente il titolo di studio e forma un quid unicum con la stessa, essendo entrambe finalizzate non solo a consentire l’accoglimento della domanda, ma anche, sulla base della votazione, a determinare un criterio preferenziale nella scelta degli aspiranti, così come prevede il bando di arruolamento.

Il difensore dell’imputato ha presentato memoria, con la quale ha rilevato la correttezza della valutazione del fatto e l’interpretazione delle norme contenute nella sentenza impugnata.

Il ricorso merita accoglimento.

La motivazione della sentenza del Gip del tribunale di Santa Maria Vetere muove da un’esatta premessa sulla natura di norma in bianco riconosciuta a quella contenuta nell’art. 483 c.p., che quindi richiede, per la definizione del suo contenuto precettivo, il collegamento con una diversa norma – eventualmente di carattere extrapenale – che conferisca attitudine probatoria all’atto in cui confluisce la dichiarazione non veritiera, così dando luogo all’obbligo per il dichiarante di attenersi alla verità. In tal senso si è costantemente espressa la giurisprudenza di questa Corte, anche a sezioni unite (v. S.U. n. 6 del 13.2.1999; nonchè n. 28 del 15.12 1999; sez. 5^ n. 19361 del 13.2.2006; sez. 5^ n. 5365 del 4.12.2007).

Ugualmente è condivisibile l’individuazione del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, art. 46 quale norma integratrice del precetto penale nella fattispecie in esame: la citata disposizione, attraverso l’indicazione di cui alla lett. m), attribuisce efficacia probatoria ai fini amministrativi, alla dichiarazione del privato riguardante il titolo di studio e gli esami sostenuti.

Non ha invece fondamento l’interpretazione restrittiva data al testo della norma in esame, il cui tenore letterale è il seguente: "Sono comprovati con dichiarazioni, anche contestuali all’istanza, sottoscritte dall’interessato e prodotte in sostituzione delle normali certificazioni, i seguenti stati qualità personali e fatti:

omissis ….m) titolo di studio, esame sostenuti".

Nell’ottica della sentenza impugnata, l’attestazione resa dal privato nella dichiarazione sostitutiva varrebbe a provare soltanto il superamento dell’esame ivi enunciato, mentre sarebbe giuridicamente irrilevante l’indicazione – veritiera o mendace – del giudizio riportato, in quanto non richiesta dalla norma e, perciò, priva di valenza probatoria. Ciò dovrebbe dedursi dalla lettera della disposizione, da ritenersi insuperabile se non si voglia accedere ad un’interpretazione estensiva in malam partem, da ritenere illegittima.

Al contrario, va rilevato che l’interpretazione estensiva della norma, lungi dall’essere vietata, è lecita e doverosa quando sia dato stabilire – attraverso la logica e la tecnica giuridica – che il precetto legislativo abbia un contenuto più ampio di quello che appare dalle espressioni letterali adottate dal legislatore; in tal caso non si da luogo alla violazione dell’art. 14 disp. gen. (che vieta, invece, l’applicazione analogica di una norma al di fuori dell’area di operatività che le è propria), in quanto non ne risulta ampliato il contenuto effettivo della disposizione, ma si impedisce che fattispecie ad essa soggetta si sottraggano alla sua disciplina per un ingiustificato rispetto di manchevole espressioni letterali.

Il suddetto principio, che nella giurisprudenza di legittimità è stato enunciato da Cass. 29 aprile 1974 n. 1041/75, risponde a insopprimibili esigenze di logica giuridica, ignorando le quali si perverrebbe a irrazionali risultati interpretativi.

Nel caso specifico in esame, il ricorso all’interpretazione estensiva è reso necessario dalla formula eccessivamente contratta utilizzata dal legislatore nell’indicare l’oggetto della dichiarazione sostitutiva: qualora si ritenesse sufficiente l’indicazione degli esami "sostenuti", come dovrebbe trarsi dal tenore letterale della norma, il dichiarante sarebbe legittimato ad elencare, senza alcuna specificazione (o perfino con indicazione di esito positivo, secondo la logica della sentenza impugnata), anche gli esami sostenuti con esito negativo. Tale considerazione basta ad evidenziare la necessità di una lettura della disposizione che sia consona alla sua finalità, sicchè, avuto riguardo alla ratto della legge, appare chiaro come nell’ambito di una procedura amministrativa nella quale non solo il titolo di studio, ma anche l’esito degli esami sostenuti assume rilievo nella valutazione comparativa dei richiedenti, debba riconoscersi all’autocertificazione valenza probatoria anche riguardo al giudizio riportato: con ogni conseguenza in ordine all’obbligo di attestare il vero e all’applicabilità della sanzione penale in caso di inottemperanza. La sentenza impugnata va quindi annullata con rinvio per nuovo esame al tribunale di Santa Maria Capua Vetere.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame al tribunale di Santa Maria Capua Vetere.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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