Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 14-12-2010) 24-03-2011, n. 11791

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

I Vincenzo che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo

Con sentenza in data 2-3-2010 la Corte di Appello di Palermo confermava nei confronti di C.C. la sentenza emessa dal Giudice Monocratico del Tribunale del luogo in data 6-6-2007 appellata dall’imputato ritenuto colpevole del reato di cui agli artt. 56 e 610 c.p. nonchè del reato di cui agli artt. 81 cpv. e 527 c.p. commessi in danno di L.C.C., e condannato alla pena di mesi dieci di reclusione, con il beneficio della sospensione condizionale, ed al risarcimento dei danni in favore della persona offesa.

Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore deducendo, con il primo motivo, la violazione di cui all’art. 606 c.p.p., lett. e) per travisamento della prova, utilizzo di prova inesistente e/o mancato utilizzo di prova a favore dell’imputato.

A riguardo censurava il giudizio di colpevolezza ritenuto in sentenza, rilevando – con richiami alla deposizione della persona offesa – incertezze palesate dalla donna nelle indagini preliminari, in ordine al riconoscimento in foto dell’imputato.

Riteneva che tale individuazione non fosse avvenuta e pertanto censurava il giudizio di attendibilità della persona offesa ritenuto in sentenza.

2 – Con altro motivo censurava, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. e) la decisione impugnata per il travisamento della prova, e mancata valutazione di prova favorevole al prevenuto, deducendo la violazione dell’art. 192 c.p.p., comma 2 e dell’art. 2729 c.c..

A riguardo rilevava che erroneamente si era considerata non efficace a fini probatori favorevoli all’imputato la deposizione resa da M.A. (avendo costei dichiarato che l’auto dell’imputato veniva adoperata anche da altri familiari), atteso che i giudici di merito avevano ritenuto che l’individuazione dell’imputato derivasse dalla descrizione delle sembianze resa dalla parte lesa e dall’analogia delle condotte illecite riferite.

Diversamente, il ricorrente rilevava che i comportamenti sarebbero stati differenti, per la descrizione dei fatti effettuata dalla persona offesa.

3 – Con ulteriore motivo deduceva la violazione di cui all’art. 606 c.p.p., in relazione all’art. 3 c.p. e art. 27 Cost. evidenziando che la Corte aveva asserito che la difesa non aveva fornito elementi per individuare i terzi utilizzatori del veicolo appartenente all’imputato.

4 – Deduceva, infine, il travisamento della deposizione della parte lesa, rilevando illogicità della motivazione.

Per tali motivi chiedeva l’annullamento della sentenza impugnata.
Motivi della decisione

La Corte rileva che il ricorso deve ritenersi privo di fondamento.

Invero va in primo luogo confutata la censura difensiva attinente alla pretesa violazione di cui all’art. 606 c.p.p., lett. e) relativa al travisamento della prova ed alla mancata valutazione di elementi favorevoli all’imputato.

La difesa ritiene che sia stata travisata la prova fornita da deposizione della persona offesa, avendo ritenuto la Corte territoriale che costei nella immediatezza dei fatti, non aveva individuato l’imputato, mentre tale deposizione era avvenuta nel corso delle indagini preliminari.

Tale rilievo resta tuttavia ininfluente, atteso che la sentenza descrive puntualmente le fasi della condotta delittuosa, che si era verificata secondo la persona offesa in tre occasioni, nelle quali la donna era stata seguita in auto ed aveva annotato i primi numeri di targa della vettura Peugeot, e in uno degli episodi vi era stato un teste – ( R.) che era in servizio di vigilanza presso l’edificio sede della Regione Sicilia.

Il quale aveva confermato di avere assistito all’inseguimento.

Orbene, la Corte ha dato conto nella specifica motivazione, della esistenza di elementi certi per ritenere l’imputato come autore dei fatti contestati (sia per essere stato il conducente del veicolo Peugeot 206 che aveva inseguito la persona offesa in data 12-6-2004, sia per avere compiuto nelle prime due occasioni atti osceni alla presenza della donna).

La sentenza appare del tutto logica e l’individuazione dell’imputato risulta derivata in modo certo dagli elementi descritti dalla parte lesa, che risultava dotata di riscontro desunto dalla deposizione del teste delle forze dell’ordine, che aveva avuto modo di assistere all’inseguimento avvenuto il 12 giugno.

Per ciò che concerne poi l’attendibilità della persona offesa, è da dire che la Corte territoriale ha motivato ritenendo che la stessa persona offesa fosse attendibile, in base al fatto che la donna risultava attendibile, proprio considerando le pretese incertezze della denunziante nella descrizione delle sembianze dell’individuo come espressione dello stato di agitazione nel quale la stessa si era trovata nell’immediatezza dei fatti, ritenendo in tal senso genuina la versione resa dalla parte che aveva tuttavia avuto modo di vedere l’imputato in più di un momento ed era riuscita a rilevare anche elementi utili alla individuazione della vettura avvistata anche dal teste R., la cui deposizione valeva come riscontro, di tal che la versione della persona offesa risultava valutata compiutamente e nella globalità delle risultanze probatorie. Deve pertanto ritenersi incensurabile sotto tale aspetto il giudizio di responsabilità formulato in sentenza, in virtù della specifica analisi dei dati forniti dalla parte lesa, non rinvenendosi alcun travisamento delle prove.

2 – Nè risulta carente la valutazione degli elementi che la difesa riteneva favorevoli all’imputato, quale la deposizione della teste M., che era fidanzata dal C., avendo la Corte compiuto attenta analisi della stessa. Rilevando che – sebbene la M. avesse dichiarato che la Peugeot 206 del C. fosse adoperata anche da altri componenti della famiglia è da escludere che l’auto potesse essere stata utilizzata da altri, e ciò in ragione a) della ripetizione delle condotte tutte identiche; b) oltre che dell’indicazione da parte della persona offesa, dell’età e delle fattezze del molestatore.

Senonchè la condotta del 12 giugno e le due precedenti non erano identiche (il 12 giugno: inseguimento ad alta velocità, mentre i fatti di marzo erano due normali sorpassi).

3 – Parimenti la Corte aveva motivato circa la assenza di riscontri alla tesi che aveva sostenuto la difesa asserendo che altri fosse autore dell’inseguimento avvenuto il 12 giugno.

Deve ritenersi priva di fondamento, peraltro la censura difensiva, che rileva come non sia onere dell’imputato dimostrare chi avesse la disponibilità del veicolo in questione, atteso che dalla globalità della motivazione resa dalla Corte territoriale, emerge che i Giudici di merito hanno solo argomentato circa l’assenza di elementi forniti a supporto delle deduzioni difensive, dimostrando aliunde l’individuazione di circostanze rivelatoci della certa disponibilità del veicolo da parte dello stesso imputato, all’epoca degli episodi contestati.

I rilievi che precedono consentono dunque di escludere ogni fondamento delle doglianze inerenti alla pretesa violazione dell’art. 3 c.p. e art. 27 Cost..

4 – Non vi è peraltro travisamento della prova, avendo la Corte ulteriormente ribadito che l’autore dell’inseguimento del 12 giugno non poteva che essere lo stesso dei fatti di maggio, in quanto tutti i fatti si verificarono in orari anomali e con le medesime modalità (attentare alla libertà sessuale della vittima).

Sul punto non va condivisa la censura difensiva che rileva come le condotte siano diverse, atteso che la Corte territoriale ha dimostrato la concreta analogia dei comportamenti, che erano apparsi come reiteratamente indirizzati a recare pregiudizio alla libertà sessuale della donna parte lesa, dato del quale non è possibile contrapporre elementi fattuali favorevoli all’imputato, desumibili dai motivi di ricorso, rivelatori di un travisamento delle risultanze processuali, quale dedotto dalla difesa.

Alla stregua della congrua e logica motivazione resa dalla Corte territoriale per ritenere valido il giudizio di penale responsabilità dell’imputato, devono ritenersi infondate e prive di riscontri le deduzioni difensive tendenti a sostenere che la Corte abbia erroneamente interpretato le risultanze processuali, ed in particolare la certezza ed attendibilità della individuazione compiuta della persona offesa, dato che emerge dalla sentenza la globale valutazione delle risultanze acquisite, descritte in modo specifico dai giudici di merito.

5 – Ugualmente prive di fondamento appaiono le deduzioni del ricorrente che censurano la valutazione resa in sentenza, ove si ritiene dimostrata la responsabilità dell’imputato per tentata violenza privata in relazione ai due episodi di maggio 2004. A riguardo la difesa rileva che il teste, p.u., che aveva assistito ai fatti, aveva negato che si fosse verificato un sorpasso o taglio di carreggiata da parte dell’imputato. Devono ritenersi sul punto ininfluenti le argomentazioni difensive, avendo la fattispecie contestata assunto rilevanza penale con la condotta palesata nell’inseguimento, che tendeva a costringere la persona offesa a subire la limitazione della libertà di locomozione, avendo l’autore degli inseguimenti il fine di farsi vedere nudo dalla stessa parte lesa.

Tale condotta, comunque resta dimostrata dalla Corte territoriale con motivazione logica sugli elementi costitutivi del reato, come in precedenza richiamacene erano emersi da deposizione attendibile della persona offesa, corroborata da ulteriori dati processuali.

6 – Si rivelano peraltro inammissibili le doglianze difensive riferite alla carenza di motivazione sulle richieste dell’appellante tendenti alla riduzione della pena per generiche, atteso che la Corte ha pur sempre motivato evidenziando la adeguatezza della pena inflitta in primo grado alla gravità dei fatti, ed ha valutato la reiterazione delle condotte illecite, ritenendo che esse dimostrassero intensità di dolo. Tali elementi valgono a rendere esauriente la valutazione dei presupposti che impedivano l’accoglimento delle richieste di riduzione della pena, essendo rispondenti ai canoni normativi enunciati dall’art. 133 c.p., mentre restano ininfluenti i richiami della difesa in senso generico alla personalità dell’imputato, data la motivazione che – sia pure in modo implicito – abbia chiaramente attribuito valore preclusivo alla concessione di una riduzione di pena, alla particolare gravità della condotta delittuosa, ed alla pericolosità dimostrata dall’autore dei fatti, elementi sufficienti a negare ogni ulteriore beneficio.

Si ritengono inammissibili peraltro i rilievi riferiti alla pretesa carenza di motivazione in ordine alla liquidazione del danno, con riferimento al danno morale, trattandosi di motivazione rispondente alle esigenze di evidenziare l’apprezzamento complessivo compiuto dal Giudice di appello circa la proporzione della somma liquidata dal primo giudice e il turbamento arrecato alla persona offesa nella sua globalità.

Trattasi pertanto di valutazione discrezionale, riconducibile all’ipotesi di cui all’art. 185 c.p., non suscettibile di censure in questa sede, come affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, con sentenza Sez. 5^ del 21 giugno 1997, n. 6018, Montanelli.

Alla stregua di tali rilievi la Corte deve rigettare il ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Rigetta il ricorso, e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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