Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 10-03-2011) 25-03-2011, n. 12196

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

p.1. Con sentenza del 2 febbraio 2009 la Corte d’appello di Roma confermava quella di primo grado che aveva dichiarato G.P. e I.F. colpevoli di concorso nel reato previsto dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 – per illecita detenzione di cocaina rinvenuta parte nella camera da letto di G. (g. 0,7), parte nella di lui autovettura e parte nell’abitazione della I. (g.

6,6) – e, concesse le attenuanti generiche e quella del fatto di lieve entità, li aveva condannati alla pena di mesi otto di reclusione ciascuno più la multa.

La Corte, pur riconoscendo che gli imputati erano consumatori di cocaina, osservava che il quantitativo detenuto (g. 10,23 utili per il confezionamento di 68 dosi medie singole), la suddivisione in plurimi involucri, la sistemazione in luoghi diversi e soprattutto nell’autovettura e il possesso di sostanza da taglio erano elementi sintomatici univoci della finalità di spaccio.

Contro la sentenza ricorrono gli imputati. Denunciano vizio di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità, sostenendo che gli elementi indicati in sentenza non sarebbero idonei a dimostrare la pretesa destinazione della sostanza sequestrata allo spaccio, tanto più che non erano stati rinvenuti gli strumenti necessari per la preparazione di singole dosi. p.2.1 Preliminarmente si rileva che nelle more del giudizio di cassazione è sopravvenuto il decesso di G.P. (v. certificato del Comune di Roma attestante la morte avvenuta il 3.7.2009).

Pertanto, non emergendo la prova evidente dell’innocenza, deve dichiararsi l’estinzione del reato per tale causa. p.2.2 Il ricorso di I. è infondato, perchè la sentenza impugnata ha correttamente desunto la prova della destinazione della sostanza stupefacente a un uso non esclusivamente personale dai criteri indicati dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 bis.

Pertanto, dalla quantità della sostanza detenuta in misura sicuramente eccedente il consumo personale, dal frazionamento della stessa, dalla collocazione di parte di essa nell’autovettura e dal possesso di sostanza da taglio ha ricavato la prova – con inferenze logiche conformi all’id quod plerumque accidit, non sindacabili nel giudizio di legittimità – della destinazione di parte della sostanza detenuta allo spaccio.

Il ricorso deve dunque essere rigettato con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.

La Corte di cassazione annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di G.P., perchè il reato è estinto per morte dell’imputato;

rigetta il ricorso di I.F., che condanna al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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