Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 02-03-2011) 25-03-2011, n. 12034 Responsabilità penale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Sante che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Svolgimento del processo

Con sentenza emessa in data 21 gennaio 2009 il Tribunale di Gela in composizione monocratica affermava la responsabilità di S. O. in ordine al reato di lesioni colpose in danno di F. A., muratore, in quanto aveva ritenuto che l’imputato, titolare di una impresa edile individuale ed assegnatario dei lavori di ristrutturazione del fabbricato sito in (OMISSIS), per colpa e in violazione degli obblighi che, in tema di sicurezza nell’ambiente di lavoro, incombono sul datore di lavoro, avesse creato le condizioni tecniche (non ancorando l’armatura ad incastro della pensilina al cordolo già esistente; disarmando il balcone in costruzione) per il conseguente sfilamento dell’armatura metallica e quindi del successivo crollo del balcone, causando così l’infortunio occorso al lavoratore F., il quale, cadendo sulla pensilina sottostante, si procurava lesioni personali consistite in un trauma cranico addominale, con vasta ferita penetrante in regione addominale destra. Il Tribunale gli concedeva le circostanze attenuanti generiche e lo condannava alla pena di mesi due di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali, con la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena. Dichiarava altresì non doversi procedere nei confronti dello S. in ordine alle ulteriori ipotesi contravvenzionali contestategli per essere tali reati estinti per intervenuta prescrizione.

Avverso la decisione del Tribunale di Gela ha proposto appello il difensore dell’imputato. La Corte di Appello di Caltanissetta, con la sentenza oggetto del presente ricorso emessa in data 26.07.2010, confermava la sentenza emessa dal giudice di primo grado e condannava l’appellante al pagamento delle ulteriori spese processuali.

Avverso la sentenza della Corte d’appello di Caltanissetta S. O., a mezzo del suo difensore, proponeva ricorso per Cassazione e concludeva chiedendone l’annullamento. All’udienza pubblica del 2/03/2011 il ricorso era deciso con il compimento degli incombenti imposti dal codice di rito.
Motivi della decisione

S.O. ha censurato la sentenza impugnata per il seguente motivo:

violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) in relazione all’errata applicazione dell’art. 590 cod. pen. ed agli artt. 2094 e 2049 cod. civ.. Osservava sul punto il ricorrente che la sentenza impugnata sarebbe errata nella parte in cui non aveva tenuto conto dello specifico motivo di appello, secondo cui l’odierno ricorrente, in relazione ai lavori eseguiti presso l’immobile di P.R., si trovava in rapporto di lavoro dipendente con quest’ultima e non era un lavoratore autonomo. Pertanto la responsabilità del cantiere, luogo in cui si è consumato il reato di cui all’art. 590 cod. pen., sarebbe stata di P.R. e non già del lavoratore dipendente S.O.. La P., infatti, aveva commissionato dei lavori a F.A., persona offesa, e al suo socio D. S.F., dopo che aveva assunto S.O. per l’esecuzione di taluni lavori nel suo immobile. Pertanto, non essendo titolare di quel cantiere, non gli incombeva alcun obbligo di vigilanza sullo stesso, nè la responsabilità di adottare misure di sicurezza a tutela dei lavoratori che colà prestavano la propria opera.

Il proposto motivo di ricorso è palesemente infondato, in quanto ripropone questioni di merito a cui la sentenza impugnata ha dato ampia e convincente risposta.

Il ricorso di S.O. manca invero di qualsiasi considerazione per la motivazione criticata e si limita a dolersi del risultato attinto dalla sentenza impugnata e ad accumulare circostanze che intenderebbero ridisegnare il fatto a ascrittogli in chiave a lui favorevole, al fine di ottenere in tal modo una decisione solamente sostitutiva di quella assunta dal giudice di merito.

La sentenza oggetto di ricorso invero risponde in forma chiara, argomentata e assolutamente condivisibile al motivo di appello citato nel presente ricorso secondo cui lo S. sarebbe stato soltanto un lavoratore dipendente della P..

La Corte di Appello infatti, a tal proposito, evidenzia che lo stesso S. ha riferito di essere stato all’epoca dei fatti titolare di una impresa edile individuale, di avere dato luogo, d’accordo con P.R., al cantiere edile di via (OMISSIS) per l’esecuzione di opere abusive unitamente ad un suo "dipendente". I lavori erano stati peraltro sospesi per una settimana e, durante tale sospensione, ma non in sua assenza, F. e D.S. avrebbero dovuto effettuare la copertura di un ulteriore piano abusivo che doveva essere costruito, previo sopralluogo effettuato in sua presenza il 9 ottobre 2003. Evidenziavano ancora i giudici della Corte territoriale che le circostanze relative alle opere abusive che dovevano essere realizzate nel cantiere di via (OMISSIS) e alla titolarità del predetto cantiere in capo allo S. erano confermate altresì dalla deposizione del Comandante della Polizia municipale del Comune di Gela e dalle deposizioni dell’ingegnere G. e di Sc.Fi., in servizio presso l’Ispettorato Provinciale del Lavoro di Caltanissetta. Evidenzia inoltre sul punto la corte territoriale che dagli accertamenti e dalla documentazione dell’infortunio occorso al F. è emersa la titolarità, anche sul piano formale del cantiere in capo allo S. il quale, in quanto titolare della omonima ditta individuale, in data 1 ottobre 2003 aveva denunciato all’I.N.A.I.L. i lavori di ristrutturazione del fabbricato in oggetto.

Il ricorso proposto non va in conclusione oltre la mera enunciazione del vizio denunciato e dunque esso è inammissibile con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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