T.A.R. Lazio Roma Sez. III, Sent., 22-03-2011, n. 2552

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con nota del 19 novembre 2009 la Segreteria della Camera Arbitrale presso l’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture ha comunicato ai soggetti interessati (tra i quali l’odierno ricorrente) che il Consiglio della Camera Arbitrale stessa, nella seduta del 18.11.2009, aveva "deliberato di nominare il prof. avv. B. C. D.T.", terzo Arbitro con funzioni di Presidente nella controversia arbitrale promossa da ATI M.S. srl contro il Comune di Cavallino (LE). Contestualmente è stato determinato l’importo (euro 35.000,00) del deposito da effettuarsi in acconto del corrispettivo arbitrale e ne è stato chiesto il versamento.

Peraltro, in data 18.1.2010 è stato comunicato al Prof. C. il verbale n. 314 del 13.1.2010 con il quale il Consiglio della Camera Arbitrale ha preso atto della volontà delle parti e della rinuncia in data 8.1.2010 alla nomina del terzo arbitro ai sensi dell’art. 241 comma 15 del D.Lgs. n. 163/2006, avendo le parti stesse, dopo la nomina suddetta del Prof. C., "successivamente raggiunto un accordo modificando la clausola compromissoria ed individuando il terzo arbitro con funzioni di Presidente".

Avverso tale determinazione insorge il Prof. C. dinanzi a questo Tar, formulando tre articolati motivi di censura ed in essi deducendo:

Violazione degli artt. 241, 242 e 243 del D.Lgs. n. 163/2006; Violazione e falsa applicazione degli artt. 5, 806 e segg., 810, 815 c.p.c.; Violazione e falsa applicazione del "Manuale di procedura per i Segretari dei Collegi Arbitrali", approvato dalla Camera Arbitrale nella seduta del 21.7.2008, verbale n. 286; Eccesso di potere per sviamento e per difetto assoluto di motivazione; Violazione e falsa applicazione dell’art. 25 Cost..

Al riguardo assume, in estrema sintesi, l’interessato, che non è consentito alle parti, senza limiti di tempo, disporre del potere, nella specie ormai devoluto alla Camera Arbitrale, di nominare il Presidente del Collegio, modificando (con una sorta di espressione di non consentito "gradimento" sull’arbitro già nominato dalla Camera suddetta) la composizione del Collegio stesso e le norme di procedura (passando da quelle relative all’arbitrato "amministrato" a quelle dell’arbitrato cd "libero").

Soggiunge che la modifica del Collegio, intervenendo a giudizio già iniziato con la proposizione della domanda, violerebbe il principio costituzionale (art. 25) per cui nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge, e che la stessa Camera arbitrale ha rilevato (Manuale di procedura per i Segretari dei collegi) che la composizione del Collegio si perfeziona con la scelta del terzo arbitro. Per cui non era consentito nella specie accordare la modifica del Collegio arbitrale, tanto più che le nomine effettuate dalla Camera Arbitrale sulla base di criteri oggettivi e predeterminati assicurano massima imparzialità e garantiscono le parti (che nella specie non hanno attivato del resto alcun procedimento di ricusazione) sotto il profilo sia professionale che intellettuale.

Premesso quanto sopra, ritiene anzitutto il Collegio di dover respingere l’eccezioni di difetto di giurisdizione del G. A. che le parti controinteressate hanno sostanzialmente mosso sul rilievo che si tratterebbe nella specie dell’impugnativa di un atto privatistico in quanto correlato alla designazione del terzo arbitro da parte della Camera arbitrale nell’esplicazione in via sostitutiva, ai sensi dell’art. 241 comma 15 del D.Lgs. n. 163/2006, di un’attività negoziale delle parti.

L’assunto non può essere condiviso perché nell’attività organizzatoria della Camera Arbitrale strumentalmente preordinata allo svolgimento di un giudizio arbitrale di carattere "amministrato", la Camera stessa esercita poteri autoritativi tecnico discrezionali, anche incidenti su posizioni di interesse legittimo, sia nella fase di nomina del terzo arbitro con funzioni di presidente (che è atto impugnabile dinanzi al giudice amministrativo) sia attraverso gli atti (espliciti o impliciti che siano), anch’essi autoritativi (seppure eventualmente vincolati e privi di margini di apprezzamento discrezionale), di ritiro o declaratoria di inefficia o comunque di segno contrario a quello di nomina del terzo arbitro con funzioni di Presidente.

Ne consegue l’inerenza della relativa controversia ai poteri di cognizione del giudice amministrativo che correttamente dunque nella specie è stato adito dal ricorrente.

Nel merito, peraltro, il ricorso è privo di fondamento, potendosi pertanto prescindere dai numerosi prospettati profili di inammissibilità.

Invero, correttamente nella specie l’Amministrazione ha ritenuto di dover privilegiare la volontà delle parti, avente rilievo prioritario sia nella procedura di arbitrato in genere che nella stessa fase di nomina del terzo arbitro da parte della Camera arbitrale ai sensi dell’art. 241, comma 15, del D.Lgs. n. 163/2006, piuttosto che l’imposizione ab extra di interventi autoritativi contrastanti con la detta volontà. Il principio normativamente affermato e di cui nella specie è stata fatta applicazione è dunque semplicemente quello, basilare, della piena libertà delle parti di optare per il giudizio arbitrale nonché di scegliere i propri arbitri. Nello specifico, la Camera arbitrale può nominare il terzo arbitro soltanto nel caso di sussistenza di un dissenso tra le parti. La stessa Corte Costituzionale ha costantemente affermato che il fondamento di qualsiasi arbitrato è da individuarsi nella libera scelta delle parti e dunque l’art. 806 del codice di rito, là ove dispone che le parti possono far decidere da arbitri le controversie tra loro insorte, assume il carattere di principio generale, costituzionalmente garantito, dell’intero ordinamento. In presenza del superamento del dissenso inizialmente manifestato dalle parti sulla nomina del terzo arbitro, risulta pertanto coerente, nel caso in esame, la presa d’atto della Camera arbitrale che ha legittimante ritenuto adempimento dovuto quello di non imporre alle parti stesse un presidente e una procedura in contrasto con la loro volontà.

A fronte del rilievo volontaristico della procedura di arbitrato appare poi inconferente il riferimento ai principi, che nella specie risulterebbero violati, dell’interesse pubblico o del giudice precostituito per legge o del divieto di esprimere gradimenti o meno per il giudice stesso. Infatti, va precisato in proposito che nel caso in esame, le comunicazioni delle parti di rinuncia all’istanza di nomina del Presidente e sul sopravvenuto accordo in materia di nomina del terzo arbitro sono avvenute antecedentemente alla costituzione del Collegio arbitrale. Tale costituzione anzi, per quanto si dirà appresso, non è mai avvenuta, per cui non hanno rilievo gli ulteriori assunti dell’istante alla stregua dei quali il giudizio arbitrale era ormai iniziato con la proposizione della domanda. L’arbitrato amministrato ha regole proprie, nella specie dettate, autoritativamante dalla stessa Camera arbitrale. Quest’ultima, invero, in proprie determinazioni e comunicati di carattere generale, ha espressamente stabilito, al riguardo, che contestualmente alla nomina del terzo arbitro è determinato e comunicato alle parti l’importo della somma da depositare in acconto del corrispettivo arbitrale. Finchè tale deposito non avviene il Collegio non può ritenersi formalmente costituito e manca l’atto di impulso necessario per dare concreto avvio al giudizio arbitrale.

Che il versamento sia indispensabile per l’avvio del procedimento è un dato poi espresso esplicitamente nel Comunicato n. 25 del 21.9. 2007 della Camera arbitrale, ove si stabilisce che esso condiziona l’avvio del giudizio arbitrale. Analogamente, il successivo Comunicato n. 29 del 10.4.2009 precisa, ancora più incisivamente, che "all’adempimento del versamento è condizionata la costituzione del collegio arbitrale, che, altrimenti, non potrà avere luogo". Si tratta di determinazioni che erano state espressamente richiamate nella stessa determinazione di nomina come terzo arbitro del Prof. C. (cfr. nota Camera arbitrale del 19.11.2009 e il relativo riferimento alla necessità "che il versamento del deposito in acconto sia tempestivamente e interamente eseguito, così come disposto dal Consiglio Arbitrale con delibere in data 16.11.2001 e 23.5.2002, dato che esso condiziona la convocazione e costituzione del Collegio arbitrale".

Le determinazioni di carattere generale postulanti la necessità di tale versamento per l’avvio del procedimento arbitrale non sono state impugnate dal ricorrente, né quest’ultimo ha censurato quella parte dell’atto impugnato, da sola sufficiente a sostenerne la validità, in cui l’Amministrazione sottolinea che le parti "hanno sia espressamente (Comune di Cavallino) che di fatto (ATI M.S. srl) resa nota la loro intenzione di non procedere al versamento dell’acconto stabilito dalla Camera arbitrale", per cui "il procedimento non può allo stato, essere attivato, onde la procedura non può che considerarsi abbandonata". La mancata contestazione degli atti e dei profili motivatori di cui sopra costituisce elemento comportante, unitamente alle altre considerazioni sopra espresse, l’inevitabile rigetto del ricorso.

Le spese, sussistendo giustificati motivi in relazione alla particolarità della questione trattata, possono essere tuttavia integralmente compensate tra le parti in causa.

Infine, non sussistono elementi per condannare la parte soccombente, come richiesto dall’ATI M.S. srl, al risarcimento dei danni per responsabilità aggravata ex art. 96 cpc in relazione alla asserita instaurazione di una lite temeraria, dal momento che non ritiene affatto il Collegio che il ricorrente, con l’impugnativa di una determinazione comunque incidente su proprie posizioni soggettive ed in assenza oltretutto di precedenti giurisprudenziali specifici in materia, abbia agito in giudizio con mala fede o colpa grave.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo del Lazio, Roma, Sez. III, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, respinge lo stesso.

Compensa le spese.

Respinge la richiesta risarcitoria per responsabilità aggravata, come da motivazione.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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