Cass. civ. Sez. I, Sent., 14-06-2011, n. 13013 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

l ricorso.
Svolgimento del processo

che B.O., con ricorso del 30 luglio 2010, ha impugnato per cassazione – deducendo due motivi di censura, illustrati con memoria -, nei confronti del Ministro dell’economia e delle finanze, il decreto della Corte d’Appello di Milano depositato in data 2 luglio 2009, con il quale la Corte d’appello, pronunciando sul ricorso del B. – volto ad ottenere l’equa riparazione dei danni non patrimoniali ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1, in contraddittorio con il Ministro dell’economia e delle finanze – il quale, costituitosi nel giudizio, ha concluso per l’inammissibilità o l’infondatezza del ricorso -, ha condannato il resistente a pagare al ricorrente la somma di Euro 6.500,00 a titolo di equa riparazione, oltre interessi;

che resiste, con controricorso, il Ministro dell’economia e delle finanze;

che, in particolare, la domanda di equa riparazione del danno non patrimoniale – richiesto nella misura di Euro 45.000,00 per l’irragionevole durata del processo presupposto – proposta con ricorso del 6 aprile 2009, era fondata sui seguenti fatti: a) il B. aveva promosso dinanzi alla Corte dei Conti – con ricorso del 22 gennaio 1975 – giudizio per il riconoscimento del diritto alla pensione di guerra; b) la Corte adita aveva deciso la causa con sentenza del 20 dicembre 2007;

che la Corte d’Appello di Milano, con il suddetto decreto impugnato – dopo aver dichiarato la prescrizione del diritto all’indennizzo fatto valere per il periodo precedente al 29 aprile 1999 -, ha determinato il periodo eccedente la ragionevole durata in otto anni ed otto mesi ed ha liquidato a titolo di equa riparazione per danno non patrimoniale la somma di Euro 6.500,00, calcolata in base ad un importo annuo di Euro 750,00.
Motivi della decisione

che, con i motivi di censura, vengono denunciate come illegittime l’applicazione dell’istituto della prescrizione e la liquidazione di un indennizzo inferiore a quello normalmente praticato dalla Corte EDU;

che il ricorso merita accoglimento, nei limiti di seguito precisati;

che, secondo il costante orientamento di questa Corte, in tema di equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del processo, la L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 4, nella parte in cui prevede la facoltà di agire per l’indennizzo in pendenza del processo presupposto, non consente di far decorrere il relativo termine di prescrizione prima della scadenza del termine decadenziale previsto dal medesimo art. 4 per la proposizione della domanda, in tal senso deponendo, oltre all’incompatibilità tra la prescrizione e la decadenza, se riferite al medesimo atto da compiere, la difficoltà pratica di accertare la data di maturazione del diritto, avuto riguardo alla variabilità della ragionevole durata del processo in rapporto ai criteri previsti per la sua determinazione, nonchè il frazionamento della pretesa indennitaria e la proliferazione di iniziative processuali che l’operatività della prescrizione in corso di causa imporrebbe alla parte, nel caso – quale quello di specie – di ritardo ultradecennale nella definizione del processo (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 27719 del 2009, 1886 e 3325 del 2010);

che, pertanto, il decreto impugnato deve essere annullato in relazione alla censura accolta;

che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., comma 2;

che il periodo rilevante ai fini della determinazione dell’indennizzo per equa riparazione spettante al B., è nella specie, quello che intercorre tra il 22 gennaio 1975 (deposito dell’atto introduttivo del giudizio presupposto) ed il 20 dicembre 2007 (deposito della sentenza della Corte dei Conti), pari a complessivi trentadue anni ed undici mesi circa;

che, nella specie, sulla base dei criteri adottati da questa Corte e dianzi richiamati il diritto all’equa riparazione per il danno non patrimoniale di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2, va determinato in Euro 16.500,00 per trentadue anni ed undici mesi circa di irragionevole ritardo, oltre gli interessi a decorrere dalla proposizione della domanda di equa riparazione e fino al saldo;

che, conseguentemente, le spese processuali del giudizio a quo debbono essere nuovamente liquidate – sulla base delle tabelle A, paragrafo 4, e B, paragrafo 1, allegate al D.M. Giustizia 8 aprile 2004, n. 127, relative ai procedimenti contenziosi, in complessivi Euro 1.850,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 600,00 per diritti ed Euro 1.200,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge;

che le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.
P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo la causa nel merito, condanna il Ministro dell’economia e delle finanze al pagamento al ricorrente della somma di Euro 16.500,00, oltre gli interessi dalla domanda, condannandolo altresì al rimborso, in favore della parte ricorrente, delle spese del giudizio, che determina, per il giudizio di merito, in complessivi Euro 1.850,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 600,00 per diritti ed Euro 1.200,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, e, per il giudizio di legittimità, in complessivi Euro 900,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge.

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