Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 24-02-2011) 25-03-2011, n. 12024 Sequestro preventivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con la impugnata ordinanza il Tribunale di Roma, in funzione di giudice del riesame, ha confermato il provvedimento di sequestro preventivo di beni emesso dal G.I.P. del medesimo Tribunale in data 3.2.2010 nei confronti di P.D..

Il Tribunale del riesame ha osservato che il P. è indagato per il reato di associazione per delinquere transnazionale pluriaggravata, finalizzata, tra l’altro, alla commissione di delitti di natura fiscale e di riciclaggio, nonchè del reato di cui all’art. 110 c.p. e D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 8.

In ordine al fumus commissi delicti viene richiamata la motivazione dell’ordinanza che ha applicato nei confronti dell’indagato la misura cautelare personale.

Si precisa, poi, che il sequestro, per quanto riguarda i delitti di cui ai capi 1) e 13) (associazione per delinquere e riciclaggio) poggia sul combinato disposto di cui all’art. 321 c.p.p., alla L. n. 146 del 2006, artt. 3 e 11 trattandosi di delitti aggravati ai sensi dell’art. 4 della stessa legge.

In sintesi, si osserva che il reato di associazione per delinquere ascritto al P. deve qualificarsi reato transnazionale, ai sensi della L. n. 146 del 2006, art. 3 aggravato ai sensi dell’art. 4, con la conseguente applicabilità della confisca obbligatoria e di quella per equivalente previste dall’art. 11 della medesima legge nei casi in cui non sia possibile la confisca delle cose che costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo del reato.

Nella specie il sequestro finalizzato alla confisca è stato ritenuto giustificato in considerazione dei più che ingenti profitti monetari generati dalla commissione dei reati fine dell’associazione e pervenuti nella disponibilità del sodalizio stesso, nonchè in applicazione del principio solidaristico.

Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il difensore dell’indagato, che la denuncia per violazione di legge e vizi di motivazione.

Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente deduce la inapplicabilità della confisca per equivalente ai sensi della L. n. 146 del 2006, art. 11.

Si osserva, in sintesi, che la confisca prevista dalla disposizione citata è applicabile solo per i reati aventi carattere transnazionale secondo la definizione di cui all’art. 3 della medesima legge, mentre nel caso in esame all’imputato è stata contestata solo l’aggravante di cui all’art. 4 della legge, che non è richiamata dall’art. 11, sicchè nel caso in esame non è consentita la confisca per equivalente ed il conseguente sequestro.

Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia l’inesistenza dell’aggravante della transnazionalità di cui alla L. n. 146 del 2006, art. 4 e carenza di motivazione sul punto.

Si deduce che il P. si è limitato ad accendere e gestire un conto corrente all’estero; che l’ordinanza impugnata è carente di motivazione in ordine alle ragioni per le quali tale attività integri un’ipotesi di reato transnazionale ovvero si inserisca nella attività di un’organizzazione criminosa a carattere transnazionale.

Si deduce in particolare che i reati di frode fiscale relativi alla vicenda Fastweb sono stati commessi in Italia, con la conseguenza che l’ordinanza è totalmente carente di motivazione in ordine all’esistenza della citata aggravante.

Con il terzo mezzo di annullamento si deduce la inapplicabilità del principio solidaristico alla confisca per equivalente L. n. 146 del 2006, ex art. 11 e vizi di motivazione sul punto.

Si osserva che la confisca per equivalente può essere disposta solo allorchè non sia possibile la confisca delle cose che costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo del reato.

Si aggiunge inoltre che il principio solidaristico può trovare applicazione solo quando in ragione dei rapporti personali o economici esistenti tra i concorrenti o della natura concreta della fattispecie non sia possibile individuare immediatamente o non sia individuabile la quota di prezzo o profitto imputabile a ciascun concorrente.

Si denuncia quindi carenza di motivazione su tali punti.

Il ricorso non è fondato.

Le censure dedotte dal ricorrenti; in punto di diritto non sono fondate.

La L. 16 marzo 2006, n. 146, all’art. 3 contiene la definizione di reato transnazionale.

L’art. 4 della medesima legge prevede una specifica aggravante per il reato transnazionale descritto dall’art. 3, comma 1, lett. c), sicchè è evidente che la contestazione nel capo di imputazione dell’aggravante di cui all’art. 4 deve essere riferita alla fattispecie di reato transnazionale prevista dal citato art. 3, comma 1, lett. c), che si intende oggetto della imputazione.

Peraltro, in ordine alla posizione del P. all’indagato è stata contestata sia la partecipazione ad un’associazione per delinquere operante in più Stati, sia il carattere transnazionale dei reati commessi, aggravati ai sensi della L. n. 146 del 2006, art. 4.

Sicchè correttamente è stata ritenuta applicabile nei confronti del ricorrente la confisca per equivalente ai sensi della citata L. n. 146 del 2006, art. 11.

La censura di cui al secondo motivo di ricorso è, invece, generica e di natura fattuale.

Premesso che i provvedimenti in materia di misure reali possono essere impugnati mediante ricorso per cassazione solo per questioni di legittimità, ai sensi dell’art. 325 c.p.p., va rilevato che in ordine al fumus commissi delicti l’ordinanza contiene il rinvio al provvedimento che ha applicato la misura cautelare personale allo stesso indagato.

Nè la contestazione sul punto può essere formulata sulla base di deduzioni fattuali.

Per completezza di esame va rilevato in punto di diritto che ai sensi della L. n. 146 del 2006, art. 3, comma 1, lett. c), costituisce reato transnazionale anche il reato commesso in un solo Stato, in cui sia implicato un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più di uno Stato; gruppo criminale che, nel caso in esame, è costituito dalla associazione per delinquere transnazionale di cui al capo 1) dell’imputazione, associazione che aveva tra i reati fine anche quelli di frode fiscale.

E’, infine, infondato l’ultimo motivo di gravame.

La impugnata ordinanza risulta adeguatamente motivata in ordine alla mancata individuazione dei beni che costituiscono direttamente il prodotto, il profitto o il prezzo del reato.

Va, poi, osservato in punto di diritto che il sequestro per equivalente può essere, in ogni caso, disposto per un valore corrispondente all’intero ammontare del prodotto, profitto o prezzo del reato nei confronti di ciascun concorrente (sez. un. 27.3.2008 n. 26654, Fisia Italimpianti Spa e altri, RV 239926; sez. 6^, 6.3.2009 n. 18536, P.M. in proc. Passantino, RV 243190; sez. 5^, 3.2.2010 n. 10810, Perrottelli, RV 246364), anche se poi la confisca complessivamente disposta non può eccedere l’ammontare del profitto.

Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p. segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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