Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 23-02-2011) 25-03-2011, n. 12189 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con decreto del 3 giugno 2010 il Tribunale di Roma ha dichiarato inammissibile l’istanza presentata nell’interesse di R. S., volta a ottenere l’applicazione della disciplina del reato continuato, essendo detta istanza "mera riproposizione" di una richiesta già rigettata dallo stesso Tribunale con ordinanza del 6 maggio 2010, relativa alle medesime sentenze e fondata sui medesimi presupposti della richiesta in valutazione.

2. Avverso detto decreto ha proposto ricorso R.S. il quale ne chiede l’annullamento, deducendo inosservanza dell’art. 666 c.p.p. e manifesta illogicità della motivazione, sul rilievo che:

– nell’ambito del procedimento n. 251/09 I.E., instaurato a seguito di istanza del Pubblico Ministero per l’applicazione dell’indulto nella misura di Euro 3.408,61 di multa e per la revoca dei benefici della sospensione condizionale della pena, concessi con sentenze del Tribunale di Roma del 6 febbraio 1993, del 28 settembre 1993 e del 4 febbraio 1994, irrevocabili, il Tribunale, con ordinanza del 6 maggio 2010, si è "indebitamente pronunciato" anche sulla istanza di applicazione della disciplina del reato continuato, per il quale vi era diverso incidente di esecuzione (n. 339/09 I.E.), non riunito;

– il Tribunale, nel pronunciarsi con l’ ordinanza del 6 maggio 2010 in merito all’applicazione della continuazione, in assenza di iniziative di parte, non ha esaminato il contenuto delle sentenze prodotte nel diverso incidente di esecuzione, nè ha valutato le memorie difensive e il certificato di tossicodipendenza depositato;

– il decreto di inammissibilità si fonda su un presupposto illegittimo ed è illogicamente motivato perchè l’ordinanza precedente è stata emessa senza esaminare la documentazione da cui desumere gli elementi di valutazione per l’accertamento dell’unicità del disegno criminoso.

3. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.

4. A mezzo memoria, presentata personalmente, e pervenuta il 3 febbraio 2011, R.S. ha insistito nella richiesta di applicazione della disciplina della continuazione tra i reati.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è manifestamente infondato.

2. L’art. 666 c.p.p., comma 4, prevede che l’udienza in camera di consiglio, fissata per la trattazione dell’incidente di esecuzione, si svolge con la partecipazione necessaria del difensore e del pubblico ministero, ai quali deve essere dato apposito avviso.

Ai sensi dell’art. 666 c.p.p., comma 2, è, tuttavia, possibile la decisione di inammissibilità dell’istanza, adottata de plano con decreto motivato, sentito il pubblico ministero, nelle ipotesi di manifesta infondatezza della richiesta per difetto delle condizioni di legge o di mera riproposizione di una richiesta già rigettata.

2.2. Questa Corte con orientamento costante ha precisato le condizioni che legittimano l’emissione del decreto e la deroga alla regola del contraddittorio assicurato dal procedimento in camera di consiglio, stabilendo che la dichiarazione di inammissibilità de plano, ai sensi dell’art. 666 c.p.p., comma 2, è ammessa soltanto quando la richiesta sia identica, per oggetto e per elementi giustificativi, ad altra già rigettata o risulti manifestamente infondata per l’inesistenza dei presupposti minimi di legge, senza l’implicazione di alcun giudizio di merito e alcuna valutazione discrezionale (tra le altre, Sez. 5, n. 9 del 04/01/2000, dep. 09/03/2000, Rotondi R., Rv. 215975; Sez. 3, n. 5195 del 05/12/2003, dep. 10/02/2004, Prestianni, Rv. 227329; Sez. 1, n. 3736 del 15/01/2009, dep. 27/01/2009, P.M. in proc. Anello, Rv. 242533).

3. Il decreto di inammissibilità nel caso in esame si è uniformato a tali principi, avendo il Tribunale dato contezza del processo logico seguito, rilevando di essersi già pronunciato su istanza avente a oggetto le medesime sentenze e fondata sugli stessi presupposti.

Il ricorrente, nel censurare detto decreto, oppone che il Tribunale ha provveduto nell’ambito di altro procedimento, in assenza di iniziative di parte e di esame di documentazione e memorie depositate nel diverso incidente di esecuzione.

Tale censura appare inconferente e generica, in quanto, riferendosi essa a decisione, che si assume resa nei confronti dello stesso ricorrente in assenza di istanza, che, a sua volta, si assume dover essere invece valutata dal Tribunale di Roma nel diverso procedimento per cui è ricorso, il ricorrente avrebbe dovuto assolvere l’onere di sostenere la validità del suo assunto mediante l’allegazione al ricorso dei detti atti. In virtù del principio di autosufficienza del ricorso, già elaborato dalle Sezioni civili (cfr. da ultimo, Sez. 3, n. 18375 del 07/07/2010, dep. 06/08/2010, Rv. 614390, in motivazione sub 5, non massimata sul punto) e recepito e applicato anche in sede penale con giurisprudenza costante (tra le altre Sez. 1, sent. 6112 del 22/01/2009, dep. 12/02/2009, Rv. 243225), deve, infatti, ritenersi preclusa a questa Corte la ricerca autonoma e diretta degli atti dei processo.

4. Conseguono la declaratoria dell’inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè – valutato il contenuto del ricorso e in difetto dell’ipotesi di esclusione di colpa nella proposizione dell’impugnazione – al versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma che si determina nella misura ritenuta congrua di Euro mille.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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