T.A.R. Lazio Roma Sez. III quater, Sent., 22-03-2011, n. 2480

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

I ricorrenti, ex funzionari dell’I.N.P.S., cessati dal servizio posteriormente all’1.7.1990, sono titolari di pensione integrativa a carico del Fondo interno di previdenza in favore del personale dell’Istituto e godevano della indennità accessoria disciplinata dalla delibera n. 740 del 1990.

Ritenendo di aver titolo al computo della suddetta indennità, nella parte denominata "quota B", hanno adito questo Tribunale per vedersi riconoscere tale diritto, deducendo che detto compenso sia computabile ai fini pensionistici, rivestendo esso il carattere della continuità.

Si riportano all’art. 2120 cod. civ. laddove dispone che l’indennità di anzianità (nella specie fine servizio e/o quiescenza) va calcolata sull’ultima retribuzione, sottolineando che la retribuzione non è solo la base stipendiale, ma tutto ciò che il lavoratore riceve per effetto della prestazione effettuata.

Deducono, inoltre, la violazione degli artt. 27 e 34 del Regolamento di Previdenza per il trattamento di Previdenza e di quiescenza del personale I.N.P.S..

Assumono, in proposito, che il termine retribuzione assume un significato molto più ampio e assorbe in sé il concetto di stipendio, nel senso che le voci che alla fine del servizio sono risultate essere state ottenute in via fissa e continuativa, debbono essere computate ai fini della determinazione della misura della pensione integrativa, sicché anche la voce "quota B" deve farne parte, ritenendo che la distinzione tra quota A e quota B rappresenti solo la modalità applicativa di tale indennità, mentre non resta intaccato il carattere di generalità del provvedimento assunto con la delibera n. 740/1990.

L’I.N.P.S. si è costituito in giudizio, concludendo per il rigetto del ricorso.

All’Udienza del 9 marzo 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

Con il ricorso all’esame i ricorrenti chiedono il riconoscimento del diritto al computo dell’indennità di funzione dirigenziale ai fini dell’indennità di buonuscita e della pensione integrativa.

Osserva il Collegio che ai sensi dell’art. 5 del Regolamento per il trattamento di previdenza e di quiescenza del personale dell’I.N.P.S., la retribuzione pensionabile ed utile agli effetti di quiescenza e previdenza include, accanto allo stipendio, ogni "competenza fissa e continuativa".

L’indennità di funzione dirigenziale disciplinata dalla deliberazione del Comitato Esecutivo dell’I.N.P.S. n. 740 del 1990 e dalle Determinazioni n. 964 del 1990 e n. 11 del 1991, è stata articolata in due quote: una denominata "quota A", in misura fissa, correlata alla qualifica dirigenziale posseduta ed effettivamente svolta dal singolo dipendente; l’altra, denominata "quota B" rapportata al raggiungimento degli obiettivi prefissati dall’Amministrazione e soggetta a valutazione complessiva delle capacità gestionali del dirigente destinatario.

Ciò posto, la giurisprudenza si è più volte espressa sulla computabilità, ai fini di quiescenza e previdenza, delle voci oggetto della richiesta dei ricorrenti, decidendo in senso negativo. Tale orientamento va condiviso dalla Sezione.

In particolare, è stato osservato che la quota B dell’indennità di funzione – come peraltro rilevato dalla difesa dell’Ente – dipende dalle capacità gestionali del singolo dirigente, dai risultati conseguiti nella conduzione della struttura, anche in rapporto alle difficoltà operative ed ambientali, alle risorse utilizzabili, al tipo di incarico, al carico di lavoro, ai disagi personali.

E’ stato, altresì, notato che detti elementi incidono sull’an e sul quantum dell’erogazione e si riscontrano ex post allorché l’indennità è determinata dal Direttore generale dell’I.N.P.S. in rapporto agli elementi elencati, entro il massimo fissato dall’Organo collegiale esecutivo di vertice dell’Ente.

Deriva da ciò che l’indennità in argomento è elemento variabile e, anche se di fatto, la variabilità sia attenuata o sia mancata, ciò non esclude che la voce sia "istituzionalmente" mutevole, con la conseguente non corrispondenza alle caratteristiche richieste dal regolamento per autorizzare il calcolo nei trattamenti di quiescenza e previdenza alla stregua della previsione regolamentare (Cons. Stato, Sez. VI, 11 marzo 1998, n. 272; 14 luglio 1999, n. 950).

In questo caso non vale invocare la percezione di fatto, costante negli anni anche nella misura, fatta dai ricorrenti, poiché ciò che conta è la mutabilità potenziale e in un certo senso "naturale", che qualifica il compenso in argomento.

Per le argomentazioni che precedono, il ricorso deve essere respinto.

In considerazione del lungo tempo trascorso per la definizione della controversia, può disporsi la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa, tra le parti costituite, le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *