T.A.R. Lazio Roma Sez. I bis, Sent., 22-03-2011, n. 2473

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con il ricorso in esame, il ricorrente – già promosso al grado di colonnello con anzianità assoluta e decorrenza assegni dal 5/12/1994 e cessato dal servizio permanente effettivo a domanda con diritto a pensione, è stato collocato nella posizione dell’ausiliaria ai sensi dell’art. 43, c. 5 della L. n. 224/1986.

Trasferitosi da Piacenza, ultima sede di servizio, a Viterbo, domicilio prescelto dopo il collocamento in ausiliaria, le relative spese di viaggio sono state sostenute dall’amministrazione militare ai sensi dell’art. 23 della L. n. 836 del 1978.

A distanza di circa tre anni, l’intimata amministrazione ha chiesto al ricorrente la restituzione di tutti gli oneri di spesa da essa sostenuti per il trasferimento per un totale di Lire 7.849.910 ritenendo il ricorrente privo dei requisiti previsti dal parere del C.d.S. n. 373/1997.

L’interessato impugna i seguenti atti

determinazione n. 5/A del 29/2/2000 con la quale è stato disposto il recupero delle somme erogate a titolo di rimborso spese di trasferimento e corresponsione delle relative indennità per il raggiungimento del domicilio eletto,

atto datato 2/2/2000 con il quale è stato disposto il recupero della somma di Lire 7.849.910 e degli atti in esso richiamati,

circolare DPGM/IV/12^/101238/C17 del 4/8/1999,

determinazione n. 5/A/828 del 15/11/1999.

Seppure per via impugnatoria, il ricorrente propone, sostanzialmente, azione confessoria ovvero di riconoscimento del proprio diritto soggettivo patrimoniale a percepire la postulata indennità che l’amministrazione prima gli ha riconosciuto e poi negato. Azione che ben può conoscere il giudice amministrativo in ambito di giurisdizione esclusiva.

La domanda è fondata.

Il punto centrale della questione concerne l’ambito di applicazione dell’art. 23 della L. n. 836/1997 il quale così dispone: "al personale collocato a riposo… spettano l’indennità e i rimborsi previsti nei precedenti artt. 18, 19 e 20 e l’indennità di prima sistemazione per il trasferimento dall’ultima sede di servizio a un domicilio nel territorio nazionale ".

Il sig. C. è cessato dal servizio con diritto a pensione e collocato nella posizione di ausiliaria.

Assume, dunque, valore decisivo quella parte della norma che postula, per l’erogazione della indennità in parola, il "collocamento a riposo del dipendente".

Sul punto, il Collegio condivide l’orientamento della giurisprudenza amministrativa secondo cui "per una interpretazione della citata locuzione conforme alla sua ratio ed al suo tenore letterale si giunge a ritenere che le indennità ed i rimborsi previsti dalla norma in esame non spettano in ogni caso di cessazione dal servizio con diritto al trattamento di quiescenza. Queste spettano solo in caso di naturale conclusione del rapporto di impiego, d’ufficio o a domanda, per raggiunti limiti di età o per raggiungimento della massima anzianità retributiva, giacché a queste ultime evenienze fa esplicito riferimento, con finalità definitoria, la norma base contenuta nell’art. 131, DPR n. 3/1957, laddove disciplina il collocamento a riposo" (C.d.S. n. 2898/2009).

La tesi dell’amministrazione punta a restringere il predetto ambito di applicazione della norma escludendovi ogni ipotesi di collocamento a riposo su domanda, quantunque, come nel caso di specie, abbia coinciso con la maturazione del diritto a pensione e/o con il raggiungimento dell’anzianità contributiva.

L’amministrazione, nella propria difesa, sostiene che la norma in questione vuole riferirsi non a qualunque cessazione dal servizio ma solo a quella particolare cessazione dal servizio che va sotto la denominazione di "collocamento a riposo".

Soltanto l’obbligatoria cessazione dal servizio permanente effettivo del militare "per raggiunti limiti di età" configura, quindi, ad avviso dell’amministrazione l’ipotesi sussumibile nel "collocamento a riposo".

Il Collegio, conformemente all’orientamento giurisprudenziale formatosi sulla materia, non condivide la tesi di parte resistente alla luce di una lettura doverosamente finalistica della norma in esame, rispetto alla quale l’approccio proposto dall’Amministrazione viene ad essere palesemente incoerente.

Come chiarito da C.d.S., sez. IV, 12 maggio 2009, n. 2898 "Se è vero, come non pare si possa dubitare, che la ratio della norma sia quella di alleviare il disagio di chi deve trovare una nuova residenza in cui trascorrere la propria esistenza una volta lasciato il servizio, e quindi dopo aver lasciato il luogo in cui era obbligato a risiedere per ragioni del servizio reso all’amministrazione, non si vede la ragione per la quale tale esigenza venga meno nei riguardi di chi abbia lasciato il servizio a domanda per raggiunti limiti di età (come colui che viene collocato in ausiliaria, la cui cessazione dal servizio è equiparata a tutti gli effetti a quelle per raggiunti limiti di età: art. 43, l. n. 224/1986) o per il raggiungimento della massima anzianità contributiva. Anche in questo caso, invero, si è in presenza di un militare arruolato all’Arma, che lascia la sede di servizio in cui era obbligato a risiedere, e va dunque agevolato nell’effettuare la scelta di risiedere altrove. Diversamente, non sarebbe incongruo ipotizzare una diversità di trattamento tra situazioni dello stesso contenuto, non scevra da profili d’incostituzionalità".

Per quanto sopra argomentato, il ricorso in esame è fondato e va, perciò, accolto.

Le spese processuali, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie.

Condanna il Ministero della Difesa al pagamento delle spese processuali che si liquidano in Euro 2.000,00.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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