Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce 80/2009

Registro Dec.: 80/2009

Registro Generale: 1507/2006

nelle persone dei Signori:

ANTONIO CAVALLARI Presidente, relatore

TOMMASO CAPITANIO Primo Ref.

SILVIO LOMAZZI Ref.

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nell’Udienza Pubblica del 22 Gennaio 2009

Visto il ricorso 1507/2006 proposto da:

ARCHITETTO GIANLUCA

rappresentato e difeso da:

CAGGIULA ALFREDO

con domicilio eletto in LECCE

VIA 95 RGT FANTERIA, 9

presso

CAGGIULA ALFREDO
contro

COMUNE DI GALLIPOLI

per l’annullamento

– della nota del Dirigente dell’Area delle Politiche Territoriali presso il Comune di Gallipoli del 30.5.06 n. 25163 con la quale è stata rigettata l’istanza di accertamento in conformità delle opere di recinzione in struttura precaria dell’area retrostante (di proprietà condominiale e di uso pubblico) il bar-pizzeria di proprietà del ricorrente ubicato in Gallipoli alla via Alfieri;

– di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale ivi compresa la nota n. 22095 del 10.5.05 con la quale il medesimo Dirigente comunicava i motivi esaustivi all’accoglimento dell’istanza.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti gli atti tutti di causa;

Udito il relatore Consigliere Antonio Cavallari e udito, altresì, per la parte ricorrente l’Avv. Raffaele Pinto, in sostituzione dell’Avv. Alfredo Caggiula
FATTO e DIRITTO

Il provvedimento 10 maggio 2006 n.22095 comunica al ricorrente i “motivi ostativi al rilascio del richiesto Permesso di costruire consistenti in:

le opere in area sottoposta a vincolo paesaggistico non sono sanabili ai sensi dell’art.146 comma 10 lett.c) del D.Lgs. n.42/2004 (Codice Urbani).”

L’atto 30 maggio 2006 n.25163 nega il permesso di costruire “Rilevato che permangono i motivi per il diniego del permesso di costruire richiesto atteso che:

l’intervento aumenta la superficie utile a servizio del locale commerciale in quanto riquadra nella superficie originaria di mq. 65,75 una maggiore superficie di mq. 83,26,che viene decurtata dallo spazio “porticato ad uso pubblico”;

si rileva in subordine che ove sia acclarato l’eventuale non aumento della superficie utile e del volume,l’intervento non è compatibile con il contesto paesaggistico in quanto i materiali utilizzati (tavolato grezzo) costituiscono un notevole elemento di compromissione dei valori paesaggistici.”

Per comprendere il significato dell’atto contestato si deve tenere presente che l’art.146 comma 10 lett. C) del d.Lgs. n.42 del 2004,nella formulazione antecedente alle modifiche apportate dall’art.27 del d.Lgs. 24 marzo 2006 n.157,stabiliva che l’autorizzazione paesaggistica“ non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi “,mentre a seguito del decreto legislativo citato l’art.146 ,nel comma 10 ha previsto la facoltà degli interessati di richiedere l’autorizzazione alla regione in caso di inerzia dell’autorità statale,nel comma 12 ha previsto il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica in sanatoria solo nei casi contemplati dall’art.167 commi 4 e 5.

Il citato comma 4,nella lettera a), stabilisce che l’autorizzazione in sanatoria può essere rilasciata “ per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati “.

Si può quindi ritenere che l’atto in data 10 maggio 2006 abbia ravvisato motivi ostativi al rilascio del permesso di costruire in sanatoria nell’esistenza del vincolo paesaggistico e nel generale divieto di rilasciare una autorizzazione paesaggistica in sanatoria,cioè dopo la realizzazione delle opere,facendo riferimento alla formula dell’art.146 comma 10 lett. C) del d.Lgs. n.42 del 2004 antecedente alle modifiche apportate dall’art.27 del d.Lgs. n.157 del 2006;nell’atto del 30 maggio 2006,invece,si è fatto riferimento alle norme a quella data vigenti e perciò l’ostacolo al rilascio del permesso di costruire in sanatoria è stato individuato nella creazione di una superficie utile ulteriore rispetto a quella legittimamente realizzata e nel connesso divieto di rilasciare in tal caso la autorizzazione paesaggistica in sanatoria,cioè dopo la realizzazione delle opere.

Nella previsione,infine,che non si individuasse nell’abuso la creazione di una superficie ulteriore rispetto a quella legittimamente realizzata (perché l’abuso è stato realizzato all’interno di un porticato legittimamente costruito) e si ritenesse quindi possibile il rilascio della autorizzazione paesaggistica in sanatoria,l’autorità comunale ha proceduto alla valutazione della compatibilità paesaggistica delle opere abusive e la ha esclusa perché “i materiali utilizzati (tavolato grezzo) costituiscono un notevole elemento di compromissione dei valori paesaggistici”.

Così delineato il contenuto dell’atto impugnato,appaiono infondati il primo e il secondo motivo di ricorso.

Il primo perchè censura il diniego del permesso edilizio in sanatoria sul presupposto della soggezione dell’abuso al regime della denuncia di inizio di attività ( e quindi della possibilità dell’accertamento di conformità espressamente previsto dall’art. 37,comma 6,del D.P.R. n.380 del 2001) ,senza tener conto del fatto che nella istanza acquisita dal Comune di Gallipoli l’11 aprile 2006 (agli atti del giudizio n.805 del 2006) il ricorrente ha espressamente richiesto il permesso di costruire;comunque anche per le attività edilizie assoggettate al regime della denuncia di inizio di attività l’accertamento di conformità ex art. 36 del D.P.R. n.380 del 2001 è subordinato all’autorizzazione paesaggista (necessaria ex art.146,primo comma,del d.Lgs. n.42 del 2004);nella specie questa autorizzazione è stata negata.

Il secondo perché (fermo restando che la sottrazione all’uso pubblico di una parte del porticato non si colloca all’interno dell’iter logico che ha portato al diniego del permesso di costruire,così come sopra ricostruito) la qualificazione o meno dell’abuso come realizzazione di superficie utile ulteriore rispetto a quella legittimamente realizzata avrebbe rilievo solo se la considerazione finale relativa al conflitto fra i materiali utilizzati (tavolato grezzo) e i valori paesaggistici del sito (censurata col terzo motivo) fosse illegittima e non

potesse,conseguentemente,giustificare la valutazione negativa della compatibilità paesaggistica.

La valòutazione in esame appare,invece,legittima,seppure estremamente sintetica.

L’estrema sintesi è tuttavia un connotato delle valutazioni ovvie,dove “ovvio” è sinonimo di “patente” e non di “indiscutibile”.

E’ ovvio,cioè chiaro,non abbisognevole di spiegazioni (seppure non indiscutibile,per la tendenza di accostare gli opposti,a replica di una legge di natura) che un materiale grezzo sia ritenuto incompatibile con un sito che,per i valori paesaggistici,cioè per i caratteri di bellezza,sia stato ritenuto degno di tutela.

Parimenti infondato è l’altro profilo del terzo motivo,attinente all’incompetenza del dirigente comunale a negare la compatibilità paesaggistica.

La valutazione in esame è stata infatti formulata nell’esercizio del potere delegato dalla Regione con l’art.1 della legge regionale n.8 del 1995.

La disciplina transitoria contenuta nell’art.159 del d.Lgs. n.42 del 2004 (così come modificato dall’art. 26 del d.Lgs. n.157 del 2006;il precedente art.24 prevede l’operatività di questa disciplina fino al 1^ maggio 2008 ) stabiliva che l’intervento sostitutivo dell’autorità statale potesse essere richiesto in caso di inerzia dell’autorità regionale o dell’autorità da questa delegata,inerzia nella specie insussistente (atteso che la spoliazione del potere di provvedere avviene con l’esercizio del potere da parte dell’autorità investita in via surrogatoria e non col solo decorso del termine contemplato per l’esercizio del potere da parte dell’autorità investita in prima battuta;nella specie,peraltro,vi è stata la richiesta dell’esercizio del potere surrogatorio contestualmente alla formulazione della istanza di sanatoria e non dopo il decorso di sessanta giorni dalla richiesta della sanatoria al comune;il comune inoltre,nei sessanta giorni dall’istanza ricevuta l’11 aprile 2006 ha formulato il preavviso di rigetto fondato sulla inammissibilità della sanatoria paesaggistica,con l’atto in data 10 maggio 2006).

Alla infondatezza dei motivi di ricorso consegue il rigetto del gravame.

Nulla per le spese.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Terza Sezione di Lecce definitivamente pronunciando, respinge il ricorso n. 1507/2006 indicato in epigrafe.

Nulla per le spese

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Lecce nella Camera di Consiglio del 22 gennaio 2009

Antonio CAVALLARI – Presidente ed Est.

Pubblicato mediante deposito

in Segreteria il 26.01.2009

N.R.G. «RegGen»

Fonte: www.giustizia-amministrativa.it

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