Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 02-02-2011) 25-03-2011, n. 11993 Costruzioni abusive Reati edilizi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Provvedimento impugnato e motivi del ricorso. L’odierno ricorrente è stato condannato per avere, in qualità di legale rappresentante della società comproprietaria del fondo e committente dei lavori, realizzato, senza il prescritto permesso di costruire, un’area di parcheggio con pavimentazione in calcestruzzo ed impianti di conduzione elettrica ed idrica. Con la decisione impugnata, la Corte d’appello, in parziale riforma, previo riconoscimento delle attenuanti generiche, ha ridotto la pena inflitta a mesi due giorni 10 di arresto e 2800 Euro di ammenda.

Avverso tale decisione, l’imputato ha proposto ricorso deducendo:

1) violazione di legge ( art. 606 c.p.p., lett. b)) per mancata assoluzione dell’imputato con formula piena. Sebbene, infatti, la stessa Corte d’appello abbia riconosciuto che lo S. – a seguito della presentazione di una DIA per pavimentazione di un’area da sempre adibita a parcheggio – non avesse mai ricevuto notifica dell’ordine di "non esecuzione" e che, una volta ricevuto invece l’avviso circa la pendenza del procedimento penale a suo carico, l’imputato si era immediatamente attivato ed aveva sollecitamente curato una rimessione in pristino dei luoghi, il giudizio di secondo grado ha riaffermato la responsabilità penale dello S. sulla base della considerazione che si trattava, in ogni caso, di lavori che richiedevano una concessione edilizia e che, della cosa, avrebbe potuto rendersi conto l’imputato con una maggiore diligenza. In tal modo violando le norme di cui agli artt. 5 e 47 c.p. posto che, da tutto il complesso di circostanze prima evidenziate ed ammesse dalla stessa Corte emerge la buona fede del ricorrente;

2) mancanza e contraddittorietà della motivazione ( art. 606 c.p.p., lett. e)) per il fatto che la Corte, da un lato, ha ritenuto di avallare la decisione con cui il giudice di primo grado ha affermato la responsabilità dello S. ed ha escluso la possibilità di riconoscere le attenuanti generiche pur ritenendo sussistente ed essenziale la mancata notifica dell’ordine di "non esecuzione" e, dall’altro, contraddicendosi, ha riconosciuto le attenuanti generiche al condannato proprio sul rilievo della mancata conoscenza, da parte dello S., dell’emissione di un ordine di "non esecuzione";

3) violazione di legge ( art. 606 c.p.p., lett. b)) perchè nell’appello, il ricorrente aveva solo chiesto il riconoscimento dell’indulto nel dispositivo non anche quello dei benefici di legge – concessi, invece, dalla Corte.

Il ricorrente conclude invocando l’annullamento della sentenza impugnata.

2. Motivi della decisione – Il ricorso è manifestamente infondato e, come tale, inammissibile.

2.1. (quanto al primo motivo). Deve, rammentarsi come sia principio giurisprudenziale acquisito quello secondo cui, nel caso di errore in ordine alla non necessità dell’autorizzazione amministrativa per l’edificazione di un’opera per la quale la concessione edilizia sia, invece, obbligatoria, "l’imputato non può invocare fondatamente la scriminante della buona fede. Infatti l’errore medesimo, cadendo su norme che si inseriscono nel precetto penale e formano l’obiettività giuridica del reato, deve configurarsi come ignoranza della legge penale e, in quanto tale, assolutamente inescusabile ai sensi dell’art. 5 c.p." (sez. 3, 9.11.83, Longhi, Rv. 162243). Del resto, anche per trovare applicazione il principio enunciato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 364/88 (con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’ari. 5 c.p. nella parte in cui non esclude dalla inescusabilità dell’ignoranza della legge penale l’ignoranza inevitabile) "è necessario che dagli atti del processo risulti che l’agente abbia fatto tutto il possibile per uniformarsi alla legge, sicchè nessun rimprovero, neppure di semplice leggerezza, gli possa essere mosso" (sez. 3 18.1.91, Sina, Rv. 186513). Tale non risulta essere in caso in esame.

Nè può essere invocato, a tal fine, quanto fatto dal ricorrente una volta ricevuto l’avviso di pendenza del procedimento, essendo tale condotta irrilevante ai fini della esclusione della punibilità in quanto l’errore si era verificato ab initio (quando era stata richiesta la DIA in vece della concessione) e quindi il reato si era già perfezionato. Corretta è, pertanto, la replica della Corte (all’analoga eccezione svolta dinanzi ad essa) quando rammenta che "con l’impiego di una maggiore diligenza nell’espletamento delle pratiche amministrative connesse all’esecuzione dei lavori" l’imputato avrebbe potuto verificare la giusta procedura da seguire.

2.2. (quanto al secondo motivo). Non sussiste alcuna contraddittorietà nel fatto di avere la Corte, per un verso, ribadito la responsabilità dell’imputato, nonostante la mancata notifica dell’ordine di non esecuzione e, dall’altro – proprio per tale ragione – riconosciuto le attenuanti generiche. Ed infatti, fermo restando quanto detto nel paragrafo che precede, è indubbio che, attraverso le attenuanti di cui all’art. 62 bis c.p. i giudici abbiano (giustamente) inteso tener conto delle peculiarità del caso Che (ferma restando la responsabilità per mancata doverosa informazione iniziale circa la procedura da seguire) si caratterizzava innegabilmente per una minore gravità stanti, sia, la mancata notifica dell’ordine di non esecuzione sia la condotta attivata dall’imputato (definita "fattiva e diligente") subito dopo avere appreso della pendenza del procedimento.

2.3. (quanto al terzo motivo). E’ ben vero che il ricorrente aveva richiesto l’indulto e non altri benefici ma, come asserito autorevolmente da questa S.C. (su. 15.7.10, p. 6. in proc. Bracco) la sospensione è un beneficio maggiore rispetto all’indulto che non può essere applicato contestualmente alla sospensione condizionale della pena, "in quanto quest’ultimo beneficio prevale sul primo".

D’altro canto, per dolersi validamente di tale concessione, il ricorrente avrebbe dovuto indicare le ragioni per le quali la sospensione lo danneggerebbe (sez. 3, 25.9.00, Buzzi, Rv. 217991).

Alla presente declaratoria di inammissibilità, segue, per legge ( art. 616 c.p.p.), la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento, a favore della Cassa delle Ammende, della somma di Euro 1.000.
P.Q.M.

Visto l’art. 615 e ss. c.p.p., dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1.000 Euro.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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