Cass. civ. Sez. III, Sent., 14-06-2011, n. 12949 Responsabilità civile

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

G. e F.M. convennero in giudizio R. P., M.A. e la Lloyd Italico s.p.a. per sentirli condannare al risarcimento di tutti i danni sofferti, iure proprio ed iure ha ereditario, a cagione della morte del fratello A., deceduto a seguito di un incidente stradale a distanza di ore dal fatto.

Il giudice di primo grado accolse la domanda nella sola parte relativa al danno morale iure proprio, dichiarandola nel resto improponibile e inammissibile.

La corte di appello di Napoli, investita del gravame proposto dagli attori in prime cure, lo accolse:

nella parte relativa al mancato riconoscimento del danno – definito "biologico iure successionis", non liquidato in prima istanza in considerazione della brevità del lasso di tempo tra lesioni e decesso, riconoscendo a tal titolo la complessiva somma di 1.500,00 Euro, da dividersi in proporzione delle relative quote successorie;

nella parte relativa al mancato riconoscimento del danno da perdita del rapporto parentale (danno definito "edonistico"), liquidandolo nella misura di 4.750,00 Euro per ciascuno degli appellanti.

Il giudice territoriale rigettò per converso il gravame: nella parte in cui gli si chiedeva una nuova valutazione dell’importo (ritenuto incongruo dagli appellanti) del danno morale iure proprio;

nella parte in cui si invocava il riconoscimento di un danno biologico iure proprio;

nella parte in cui si chiedeva il riconoscimento del danno esistenziale, ritenendo assolutamente carente la prova sull’an del danno medesimo.

La sentenza è stata impugnata da F.G. e M. con ricorso per cassazione sorretto da 5 motivi.

Resiste con controricorso, corredato da ricorso incidentale, la Toro Assicurazioni, società incorporante la compagnia assicurativa convenuta in prime cure.
Motivi della decisione

Il ricorso principale è fondato nei suoi primi tre motivi e va, pertanto, in relazione ad essi accolto.

Va altresì corretta in parte qua la motivazione della sentenza di merito oggi impugnata, benchè il relativo decisum sia conforme a diritto e vada, pertanto, confermato.

Con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione del disposto di cui all’art. 2059 c.c. – Difetto, contraddittorietà e illogicità della motivazione.

Con il secondo motivo, si denuncia violazione e disapplicazione del disposto di cui all’art. 2691 c.c. – Errore di diritto e illegittimità ex art. 360 c.p.c., n. 3 – Difetto assoluto di motivazione su di un punto decisivo della controversia.

Con il terzo motivo, si denunciano ulteriori profili di illegittimità della decisione impugnata con riferimento al combinato disposto di cui all’art. 2059 c.c. e art. 185 c.p. – Errore di diritto e illegittimità ex art. 360 c.p.c. – Contraddittorietà della motivazione.

I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati attesane la intrinseca connessione, sono fondati.

Premesso che il danno liquidato iure successionis agli odierni ricorrenti e descritto in sentenza come danno biologico patito dalla vittima deve più correttamente qualificarsi come danno morale soggettivo inteso nella sua nuova più ampia accezione (Cass. SS.UU. 26972/08; Cass. sez. 3^, 6754/2011), e condivisa in diritto la decisione del giudice territoriale volta a riconoscerne l’esistenza nell’aia, al di là ed a prescindere dalla brevità della sopravvivenza – essendo viceversa necessario, secondo l’insegnamento delle sezioni unite, il solo requisito della lucidità delle vittima nell’attesa dell’evento fatale -, la decisione merita viceversa censura sotto l’aspetto del quantum, poichè, alla luce di quanto ancora affermato dalle sezioni unite di questa corte regolatrice con le sentenze dell’11 novembre 2008, il risarcimento del danno che può convenzionalmente definirsi "terminale" va commisurato non tanto alla brevità del lasso di tempo di sopravvivenza, quanto alla particolare intensità della sofferenza patita dalla vittima che, lucidamente, si trovi in consapevole attesa dell’esito finale: onde la cifra di 1500 euro non può che ritenersi, nella specie, del tutto simbolica e sicuramente inadeguata a risarcire, sia pur in via soltanto equitativa (non apparendo conferente il richiamo ai criteri tabellari del danno biologico, pur auspicati dal ricorrente, attesa la natura ontologicamente diversa del danno medesimo), il danno de quo.

Con il 1 quarto motivo, si denuncia ulteriore profilo di violazione e falsa applicazione del disposto di cui all’art. 2059 c.c. – Insufficienza della motivazione illegittimità della sentenza.

La doglianza non può essere accolta.

Va premesso che, nel solco dell’insegnamento delle sezioni unite di questa Corte regolatrice (Cass. ss. uu. 26972/08, cit.), la liquidazione del danno conseguente alla lesione di uno dei diritti inviolabili della persona ha carattere unitario, attesa l’unità morfologico-giuridica del danno non patrimoniale.

Liquidazione che, sempre secondo l’insegnamento delle sezioni unite, non può che essere integralmente riconosciuta al danneggiato (ovvero ai suoi eredi) alla luce della assoluta centralità del "valore uomo" predicata dalle stesse sentenze del 2008, giusta principi, valori, interessi fondamentali sanciti dalla Carta costituzionale ed europea che, diversamente dal codice civile, pongono la persona e non il patrimonio al centro del sistema della responsabilità civile.

Il principio della unitarietà del risarcimento è destinato a coniugarsi, pertanto, con lo speculare principio della sua integralità.

Integralità che non può non coniugarsi, a sua volta, con la realtà fenomenica del danno non patrimoniale.

Realtà destinata inevitabilmente ad estendersi a tutti i danni conseguenti alla lesione di tutti i diritti costituzionalmente tutelati, anche diversi dalla salute (e dunque diversi dal danno biologico, che della salute rappresenta la trasposizione nella sfera del rilevante giuridico).

Realtà che sconta una inevitabile quanto fisiologica disomegenità ontogenetica rispetto alla morfologia (sovrastrutturale poichè già sussunta nella sfera del rilevante giuridico) del danno che le categorie giuridiche hanno inevitabilmente creato attraverso una reductio ad unitatela funzionale all’approdo ad un più equo (ed economicamente sostenibile) risarcimento di sistema.

La fenomenologia del danno alla persona, come rettamente evoca il ricorrente nell’esplicazione del quarto motivo di doglianza, non può prescindere dall’aspetto "relazionale" della perdita del rapporto parentale (quel medesimo aspetto relazionale che lo stesso codice delle assicurazioni private, all’art. 139, consacra come imprescindibile momento dinamico del danno alla salute), destinato a coniugarsi, in ipotesi, con il danno morale (come riconosciuto in sentenza) inteso come sofferenza nell’intimo e dell’intimo, come patimento troppe volte silente dell’anima, come dolore interiorizzato che accede alla perdita, anch’essa interiorizzata, della persona cara.

Correttamente il ricorrente pone l’accento sulla configurabilità del danno (definito esistenziale in guisa di categoria descrittiva, si come insegnato dalle sezioni unite) nel suo aspetto relazionale, nel suo aspetto, cioè, della modificazione e dello sconvolgimento delle abitudini di vita dei congiunti della vittima.

Sconvolgimento, modificazioni, frustrazioni relazionali rispetto a tutto ciò che, della vita, è "altro da sè", ciò che, sempre nel solco dell’insegnamento delle sentenze del 2008, deve peraltro formare oggetto di prova, non essendo legittimamente predicabile, neppure nell’ipotesi di perdita di un congiunto, un danno in re ipsa (ben potendo accadere, sia pur non secondo criteri di frequenza e di probabilità, che la perdita di un congiunto non cagioni danno relazionale, ovvero non cagioni danno morale, ovvero non cagioni nessuno di essi: si pensi all’ipotesi del decesso di un congiunto da tempo odiato, con cui da tempo sia, cioè, cessato ogni rapporto emozionale di segno positivo).

Onde al giudice di merito è riservato il compito, ineludibile, articolato, e sopratutto "personalizzato" in seno ad ogni singolo processo (che è anche e sempre singola e per certi versi irripetibile vicenda umana) di valutare se, nel caso di specie, le allegazioni probatorie siano idonee o meno a fondare un ragionevole convincimento dell’esistenza di un danno consimile.

Nella specie, premessa la corretta esclusione di un danno biologico iure proprio in capo agli odierni ricorrenti (in assenza di una lesione dell’integrità del soggetto danneggiato medicalmente accertabile e sfociata in una vera e propria patologia, anche solo psichica) , la corte territoriale ha correttamente evidenziato come, nella specie, alla più articolata e pregnante riconoscibilità di un danno da lesione del rapporto parentale fosse ostativa la carenza di prova, anche sul piano meramente indiziario, presuntivo o di allegazione, che, del danno stesso, ne consentissero una diversa ed economicamente più rilevante valutazione (non rilevando, in contrario, le odierne doglianze dei ricorrenti in punto di mancato espletamento di una pur richiesta istruttoria in sede di merito, attesane la diversa funzione di prova del danno patrimoniale).

Correttamente risulta, pertanto, liquidato la voce di danno, definito erroneamente edonistico, ma che in realtà altro non è che il danno da perdita del rapporto parentale nel suo aspetto relazionale, con riguardo agli stessi elementi di valutazione che, con apprezzamento di fatto non censurabile in questa sede, il giudice territoriale ha compiuto nel valutare il danno morale.

Danno che, pertanto, non può in alcun modo formare oggetto di valutazione ulteriore (come pure auspicato dagli odierni ricorrenti), come correttamente ritenuto in sentenza, in tale senso correttane la motivazione.

Inammissibile risulta, infine, il quinto motivo, che denuncia violazione e falsa applicazione del disposto di cui all’art. 92 c.p.c..

Avendo il giudice territoriale fatto buon uso del suo potere discrezionale di regolamentazione delle spese di lite, in considerazione dell’accoglimento soltanto parziale dell’atto di appello.

Infondato risulta, conseguentemente a quanto sinora esposto, il ricorso incidentale, che lamenta (ma a torto) un erroneo riconoscimento del danno "terminale" (da allocarsi, come poc’anzi specificato, nell’alveo del danno morale) e del danno c.d. edonistico (più correttamente qualificato come danno da perdita del rapporto parentale, motivatamente riconosciuto dalla corte di merito che ha, in proposito, richiamato le considerazioni svolte in tema di danno morale iure proprio patito dai congiunti della vittima, negando a ragione un più elevato risarcimento del medesimo danno per carenza di prova).

Il ricorso principale è pertanto accolto per quanto di ragione, mentre quello incidentale deve essere rigettato anche con riguardo alla infondata doglianza sul riparto delle spese processuali.
P.Q.M.

La corte, riuniti i ricorsi, accoglie il primo, secondo e terzo motivo del ricorso principale, rigetta il quarto e il quinto, rigetta quello incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla corte di appello di Napoli in diversa composizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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