Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 27-01-2011) 25-03-2011, n. 12181

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ott. VOLPE Giuseppe che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 27.9.2010 il Tribunale di Catania, costituito ex art. 310 c.p.p., rigettava l’appello proposto nell’interesse di M.G., avverso l’ordinanza emessa dalla locale Corte di Assise di Appello in data 12.4.2010 con la quale era stata dichiarata l’inammissibilità dell’istanza di scarcerazione del predetto per decorrenza dei termini di custodia cautelare ai sensi dell’art. 297 c.p.p., comma 3.

Il Tribunale premetteva che al M. era applicata la misura cautelare della custodia in carcere in relazione al delitto di cui all’art. 416-bis c.p. e ad altri reati fine (omicidi ed estorsioni) con ordinanza emessa in data 1.7.2005 dal Gip del Tribunale di Catania nel procedimento n. 4707/00 RGNR (c.d. (OMISSIS)). Con l’istanza avanzata il 22.3.2010 (oggetto dell’appello) la difesa del M. aveva chiesto la retrodatazione dei termini di custodia cautelare a far data dal 28.1.2003, ossia dal momento dell’esecuzione della prima ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti dell’indagato per il reato di cui all’art. 416-bis c.p., e per i reati di furto aggravato ed estorsione nell’ambito di altro procedimento (n. 6303/03 RGNR c.d. (OMISSIS)), ritenendo sussistente il presupposto della desumibilità dagli atti, alla data della richiesta di rinvio a giudizio (15.10.2003), della connessione qualificata tra i fatti oggetto dei due procedimenti.

Con l’ordinanza oggetto dell’appello la Corte territoriale aveva dichiarato l’inammissibilità dell’istanza di scarcerazione per decorrenza dei termini di custodia cautelare, atteso che identica richiesta era già stata avanzata dal M. con due precedenti istanze che erano state rigettate dal giudice procedente, quindi erano state impugnate con esito negativo ai sensi dell’art. 310 c.p.p. e, successivamente, erano stati dichiarati inammissibili i relativi ricorsi dalla Corte di cassazione. Inoltre, la medesima istanza era stata reiterata alla medesima Corte di Assise di appello che l’aveva rigettata con ordinanza del 12.8.2009 non impugnata dall’istante.

Tanto premesso, con riferimento all’ordinanza in esame il tribunale affermava che, alla luce di tutti gli indicati precedenti provvedimenti, l’istanza avanzata il 22.3.2010 era stata correttamente dichiarata inammissibile, atteso che – ad onta di quanto sostenuto dalla difesa nell’appello – con la stessa erano state riproposte identiche questioni fondate sui medesimi elementi.

In particolare, quindi, il tribunale sottolineava che detta ultima istanza era del tutto identica a quella avanzata il 28.7.2009, rigettata dalla stessa Corte territoriale con l’ordinanza del 12.8.2009 non impugnata dall’Imputato; nell’istanza, peraltro, la difesa censurava le motivazioni poste a fondamento della precedente ordinanza di rigetto non impugnata.

Di tal che, ad avviso del tribunale, in assenza di elementi nuovi rispetto a quelli già valutati con i precedenti richiamati provvedimenti ed, in particolare, rispetto a quelli valutati dalla Corte territoriale nell’ordinanza del 12.8.2009 non impugnata, doveva ritenersi una preclusione endoprocedimentale delle medesime questioni, come è stato affermato dalla Corte di legittimità in materia di misure cautelari (S.U., n. 18339, 31/03/2004, Donelli;

S.U., n. 34655, 28/06/2005).

2. Avverso la predetta ordinanza del Tribunale di Catania ha proposto ricorso per cassazione, personalmente, il M., denunciando l’erronea applicazione della legge processuale con riferimento all’art. 125 c.p.p., comma 3, e vizio di motivazione per manifesta illogicità, avendo il tribunale omesso di motivare in relazione alle specifiche doglianze difensive, opponendo un presunto giudicato.

In particolare, lamenta che la Corte territoriale ed il tribunale hanno omesso di motivare: sulla conoscenza da parte della Procura della Repubblica dei fatti cui si riferisce la seconda ordinanza già al momento dell’emissione della prima ordinanza; sulla circostanza che il termine rilevante al fini del riconoscimento della c.d. contestazione a catena non è quello dell’emissione dell’ordinanza di custodia ma quello della richiesta di rinvio a giudizio per il procedimento c.d. (OMISSIS) (15.6.2003) considerato che la notizia di reato relativa all’omicidio Mo. è stata depositata il 24.3.2003, ossia ben sette mesi prima; sulla sussistenza della connessione qualificata, sostenendo che il delitto associativo contestato nel procedimento c.d. (OMISSIS) e l’omicidio Mo., contestato nel procedimento c.d. (OMISSIS), non sarebbero connessi, in palese contraddizione con la realtà processuale essendo il predetto omicidio maturato in contesto mafioso e con finalità connesse all’associazione mafiosa, così come si rileva anche dalla sentenza di primo grado che ha riconosciuto il vincolo della continuazione.
Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile.

Viene affermato in maniera del tutto generica che l’istanza da ultimo avanzata era fondata su "argomenti e documenti più dettagliati e completi"; tuttavia, il ricorrente non esplicita quali siano gli elementi nuovi.

Fonda, invero, il ricorso su argomenti giuridicamente irrilevanti (l’ordinanza di rigetto precedente del 12.8.2009 non era stata impugnata perchè resa dalla sezione feriale) e, quanto ai punti sui quali ad avviso del ricorrente la Corte territoriale ed il tribunale avrebbero omesso di motivare, si tratta, all’evidenza, di questioni già valutate nei precedenti provvedimenti che sui punti hanno ampiamente motivato, come rilevato nell’ordinanza impugnata che li ha richiamati.

Il ricorso che denuncia sostanzialmente soltanto vizi di motivazione difetta, quindi, dei presupposti della specificità e dell’autosufficienza necessari ai fini dell’ammissibilità secondo il consolidato indirizzo di questa Corte.

Il requisito della specificità dei motivi è espressione di un’esigenza di portata generale, che implica, a carico della parte, non solamente l’onere di dedurre le censure che intende muovere a uno o più punti determinati della decisione, ma anche quello di indicare, in modo chiaro e preciso, gli elementi che sono alla base delle censure medesime e le ragioni per le quali si ritiene ingiusta o contra legem la decisione, al fine di consentire al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi e di esercitare il proprio sindacato (Sez. 4, n. 24054, 01/04/2004, Distante, rv.

228586).

Quanto all’autosufficienza, il ricorso per cassazione che denuncia il vizio di motivazione deve contenere, a pena di inammissibilità, le argomentazioni logiche e giuridiche sottese alle censure rivolte alla valutazione degli elementi probatori, e non può limitarsi a invitare la Corte alla lettura degli atti indicati, il cui esame diretto è alla stessa precluso (Sez. 6, n. 29263, 08/07/2010, Cavanna, rv.

248192).

Nella specie, quindi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, ai sensi del combinato disposto dell’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c) e art. 581 c.p.p., lett. c).

La cancelleria dovrà provvedere all’adempimento prescritto dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di mille Euro alla cassa delle ammende.

Dispone trasmettersi a cura della cancelleria copia del provvedimento al Direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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