Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 19-01-2011) 25-03-2011, n. 11985 Lettura di atti, documenti, deposizioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

IL Tribunale di Castrovillari ha condannato il Sig. M., dipendente ANAS, per una parte dei reati a lui contestati; in particolare la condanna è stata inflitta per le ipotesi continuate di peculato (utilizzo arbitrario anche al fine di commettere gli altri reati della vettura di proprietà ANAS di cui disponeva per ragioni di servizio), favoreggiamento aggravato della prostituzione, violenza sessuale.

Tra gli elementi di prova a carico dell’imputato il Tribunale ha annoverato anche le dichiarazioni della Sig.ra B., persona straniera dedita alla prostituzione e agevolata dall’uomo in tale attività, che erano state acquisite ex art. 512 c.p.p. attesa la irreperibilità della testimone sia con riferimento all’incidente probatorio richiesto dal P.M. sia con riferimento all’istruttoria dibattimentale.

Avverso tale decisione propone ricorso l’imputato con atto a firma congiunta con i Difensori, prospettando plurimi motivi che possono sintetizzarsi come segue:

con primo motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla condanna inflitta in relazione ai capi a) e c) limitatamente alla parte offesa B.. Lamenta il ricorrente che il Tribunale abbia illegittimamente acquisito i verbali di dichiarazioni della persona offesa; non solo la valutazione di non reperibilità della teste contrasta con la circostanza che al terzo tentativo l’atto di convocazione venne a lei notificato, ma risulta errato il giudizio di non volontarietà della mancata comparizione all’udienza, posto che la donna si rese irreperibile soltanto dopo avere ricevuto l’invito a presentarsi per rendere testimonianza.

Lamenta, altresì, che sussista vizio radicale dell’ammissione della prova in quanto il collegio formatosi nella seconda fase del giudizio non provvide a rinnovare gli atti, ivi compresa la citazione della teste al fine di assumerne le dichiarazioni, ma si limitò, su richiesta del P.M. e in violazione dei diritti della difesa, a recepire l’ordinanza di ammissione dei verbali delle dichiarazioni della testimone emessa dal precedente collegio. Lamenta infine, vizio di motivazione con riferimento alla parte in cui la sentenza afferma che la penale responsabilità del ricorrente può essere affermata anche senza tenere in considerazione le dichiarazioni della testimone.

Con secondo motivo lamenta violazione di legge in relazione agli artt. 521 e 522 c.p.p. e vizio di motivazione con riferimento ai reati commessi in danno di Z.A.. In particolare: a) mentre la contestazione identifica il reato di violenza sessuale in toccamenti lascivi, il Tribunale ha respinto l’ipotesi di applicazione dell’ipotesi attenuata operando un riferimento all’esistenza di rapporti sessuali completi, mai contestati e mai provati; b) non vi è prova di toccamenti lascivi e integranti il delitto contestati; c) non vi è prova alcuna della rilevanza delle asserite condotte di afferrare la vittima per un braccio; d) non sussiste prova di violenza psicologica sulla vittima collegata ad abusi della figura di pubblico ufficiale, posto che la vittima ha escluso di considerare il ricorrente un pubblico ufficiale importante ed ha escluso di provare timore per l’ipotesi che l’uomo chiamasse i carabinieri (ella era, infatti, in possesso di permesso di soggiorno).

Con terzo motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al capo g), parte offesa Sig.ra Za., posto che le dichiarazioni della donna sono confuse sia con riferimento all’epoca e al luogo dei fatti sia con riferimento alle modalità delle condotte e alle ragioni per cui ella accettava i rapporti sessuali.

In tale contesto, e considerato il rancore che ella aveva verso il ricorrente, si è in presenza di prova del tutto insufficiente e i giudici di merito hanno omesso del tutto di dare risposte alle contraddizioni emerse in sede di controesame.

Con quarto motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione ai capi a) e c), parte offesa Sig.ra C., non avendo i giudici di merito dato risposta alla rilevanza del manifesto risentimento della donna nei confronti del ricorrente e alla presenza di almeno due evidenti falsità nel racconto offerto dalla stessa.

Con quinto motivo lamenta violazione di legge per avere erroneamente i giudici di merito ritenuto qualificabile come tentativo di sfruttamento della prostituzione il semplice invito rivolto dal ricorrente alla Sig.ra Za. (capo b) a farsi accompagnare a casa dal luogo del meretricio.

Con sesto motivo lamenta violazione di legge in relazione al capo a), parte offesa Z., per avere erroneamente ritenuto i giudici di merito che il semplice approvvigionamento di vivande – dovendosi escludere che il ricorrente acquistasse profilattici per le donne – integri gli estremi di reato.

Con settimo motivo lamenta errata applicazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla contestazione sub c), dovendosi escludere che sussista prova di un uso anomalo della vettura di servizio e, soprattutto, del carattere sistematico di tale uso.

Con ottavo motivo lamenta errata applicazione della legge e vizio di motivazione con riferimento alla mancata applicazione della circostanza prevista dall’ultima parte dell’art. 609-bis c.p. ai reati commessi in danno delle Sigg.re Z. e Za., attesa la scarsa offensività delle condotte.

Con nono motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al mancato accoglimento dell’istanza di applicazione della pena.
Motivi della decisione

La Corte ritiene che i motivi di ricorso debbano essere parzialmente accolti, nei termini di seguito specificati.

1. La prima questione che merita di essere affrontata riguarda l’acquisizione al fascicolo dibattimentale e l’utilizzazione delle dichiarazioni rese dalla teste B..

La Corte, avuto riguardo alla motivazione della sentenza impugnata e agli atti del fascicolo, deve concludere che si è in presenza di un elemento di prova non utilizzabile. E, invero, il nuovo collegio giudicante non ha provveduto a citare la testimone nè ha deciso circa l’acquisizione dei verbali ai sensi dell’art. 512 c.p.p. solo in esito al tentativo di citazione ed in presenza dei presupposti richiesti da tale disposizione. Sussistono dunque i vizi lamentati dal ricorrente, apparendo evidente alla Corte che le modalità di acquisizione dei verbali al fascicolo dibattimentale si pongono in contrasto con detta disposizione e che l’utilizzo delle dichiarazioni della testimone per la decisione di condanna contrasta con la previsione degli artt. 512-bis e 526 c.p.p., alla luce dell’interpretazione che di tali norme discende dall’art. 111 Cost., comma 5. 2. Tuttavia, dall’esclusione delle dichiarazioni della testimone dal novero delle prove utilizzabili non discende l’inevitabile assoluzione dell’imputato da tutti i fatti che vedono la stessa testimone come persona offesa di reato. Rileva la Corte che la stessa sentenza di appello da atto che in occasione dei controlli il ricorrente stava trasportando la Sig.ra B. sulla propria auto verso il luogo ove la stessa esercitava la prostituzione e da atto del contenuto in equivoco delle dichiarazioni delle altre persone sentite, con la conseguenza che non può ritenersi nè contraddittorio nè manifestamente illogico il giudizio espresso dai giudici di appello circa l’esistenza di gravi prove a carico dell’imputato anche con riferimento al reato di sfruttamento della prostituzione commesso in danno della persona ricordata; deve, dunque, trovare conferma la sentenza impugnata con riferimento al capo A) della rubrica.

A diversa conclusione deve giungersi con riferimento al reato contestato al capo D), e cioè agli atti di violenza sessuale asseritamente commessi in danno della Sig.ra B.. In questo caso la prova principale è rappresentata dalle dichiarazioni della persona offesa e non rientra tra le competenze del giudice di legittimità procedere alla valutazione della cd. "prova di resistenza" in un caso caratterizzato da prova complessa e articolata che richiede, una volta escluse quelle dichiarazioni dagli elementi di prova utilizzabili, il riesame dell’intero compendio probatorio.

Per il capo D), in conclusione, la Corte ritiene di dover procedere all’annullamento della sentenza con rinvio alla Corte di Appello competente affinchè riesamini la contestazione alla luce del residuo materiale probatorio in atti.

3. Il ricorso merita accoglimento anche con riferimento al motivo che censura la sentenza di condanna per il reato contestato al capo B) della rubrica.

Ritiene la Corte che la Corte di Appello abbia errato nel ritenere che la condotta contestata assuma rilievo ai fini del reato di favoreggiamento della prostituzione. La proposta, rifiutata dalla Sig.ra Za., si limitava al rientro presso l’abitazione in cambio di favori sessuali ed era a questi finalizzata senza che, neppure in via teorica, potesse apportare un effettivo vantaggio per l’attività di meretricio della donna. A differenza delle altre condotte contestate in casi simili, mancano qui i presupposti essenziali del reato, con la conseguenza che non può ravvisarsi neppure l’ipotesi di tentativo. La sentenza impugnata deve, pertanto, essere sul punto annullata senza rinvio.

4. Le restanti censure proposte dal ricorrente debbono essere respinte. A tale proposito la Corte deve richiamare i principi interpretativi in tema di limiti del giudizio di legittimità e di definizione dei concetti di contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, nonchè in tema di travisamento del fatto che sono contenuti nelle sentenze delle Sezioni Unite Penali, n. 2120, del 23 novembre 1995-23 febbraio 1996, Facilini, rv 203767, e n. 47289 del 2003, Petrella, rv 226074. In tale prospettiva di ordine generale va, dunque, seguita la costante affermazione giurisprudenziale secondo cui è "preclusa al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti" (fra tutte: Sezione Sesta Penale, sentenza n. 22256 del 26 aprile – 23 giugno 2006, Bosco, rv 234148).

L’applicazione di tali principi al caso in esame esclude che possano trovare ingresso le censure proposte con riferimento agli altri capi di imputazione.

La motivazione della sentenza, infatti, opera una valutazione complessiva e coordinata delle dichiarazioni delle persone offese, che trovano un evidente riscontro nei fatti accertati al momento dei controlli da parte della polizia giudiziaria; a parere della Corte, si è in presenza di una motivazione coerente e logica che non può essere riesaminata in questa sede procedendo ad una nuova e diversa ricostruzione dei singoli episodi.

Ritiene la Corte che la sentenza non meriti censura allorchè qualifica come aggressivo e perfino violento l’atteggiamento del ricorrente, tale dovendosi qualificare una condotta consistente nel toccare e palpeggiare in modo insistito le donne nel contesto in cui queste operavano, oppure nel bloccarle afferrandole per le braccia o, ancora, nel richiedere prestazioni sessuali con le modalità descritte nei capi d’imputazione; parimenti non può ritenersi manifestamente illogico che tali condotte, unitamente all’utilizzo dell’auto di servizio e alle dichiarazioni minacciose o ricattatorie del ricorrente siano state dai giudici di appello ritenute integrare gli estremi dei reati contestati in danno delle persone offese.

Quanto, poi, al reato previsto dall’art. 314 c.p., la motivazione contenute alle pagine 7 e 8 della sentenza da conto della tesi difensiva ed espone in modo coerente e logico, oltre che giuridicamente corretto, le ragioni che impongono di far discendere dal ripetuto utilizzo non legittimo della vettura quelle conseguenze negative per il bene pubblico che la giurisprudenza ha posto a fondamento dell’ipotesi di peculato.

5. Venendo, infine, al trattamento sanzionatorio e all’esclusione dell’ipotesi di minore gravità, la Corte rileva che si è in presenza di valutazioni di merito che la Corte di Appello ha motivato (pag. 6) in modo logico, per quanto sintetico, con riferimento alle condotte accertate in relazione al capo G), con la conseguenza che il ricorso deve sul punto essere respinto.

L’esclusione della circostanza attenuante per le restanti ipotesi di reato, invece, non trova specifica motivazione nella sentenza impugnata e spetterà al giudice di rinvio esaminare la questione allorchè procederà alla rideterminazione della pena in applicazione dei principi fissati con la presente decisione.

6. Quanto al nono motivo di ricorso, esso risulta manifestamente infondato alla luce della specifica e non censurabile motivazione con cui (pag. 8) la Corte di Appello richiama a sostegno del rigetto del motivo di appello sia la mancata applicazione dell’ipotesi ex art. 609-bis c.p., comma 3 sia la gravità dei fatti e l’entità della pena ritenuta equa.

In conclusione, la Corte ritiene non sussistente l’ipotesi di reato contestata al capo B) della rubrica; rinvia per nuovo esame alla Corte di Appello con riferimento al reato contestato al capo D) e con riferimento alla quantificazione della pena avendo riguardo anche alla carenza di motivazione in ordine all’applicazione dell’art. 609- bis c.p., comma 3 per i reati di violenza sessuale diversi da quello contestato al capo G); respinge i restanti motivi di ricorso.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata senza rinvio limitatamente al reato sub B) perchè il fatto non sussiste e con rinvio alla Corte di Appello di Catanzaro, altra Sezione, limitatamente al reato sub D) per nuovo giudizio nonchè alla determinazione della pena. Rigetta nel resto il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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