Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 19-01-2011) 25-03-2011, n. 11983 Sicurezza pubblica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza emessa in data 14 Ottobre 2009 la Corte di Appello di Genova ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di La Spezia in data 4 Marzo 2008 con la quale il Sig. C. è stato condannato alla pena di tre mesi e dieci giorni di reclusione in relazione al reato previsto dalla L. n. 401 del 1989, art. 6 (fatto commesso in (OMISSIS)) per avere egli omesso di presentarsi alla autorità di pubblica sicurezza in occasione di una partita di calcio ricompresa tra quelle oggetto del provvedimento emesso dalla Questura competente.

Avverso tale decisione il Sig. C. propone ricorso personalmente, lamentando: vizio di motivazione ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. e) per avere i giudici di primo grado omesso di procedere al richiesto accertamento circa la regolarità della notificazione dell’ordine di presentazione e per avere i giudici di appello omesso di dare risposta al motivo di impugnazione relativo alla carenza dell’elemento soggettivo del reato; sul punto, la Corte di Appello ha omesso di considerare la possibilità che il Sig. C. fosse convinto della legittimità dell’impedimento addotto e che per questo non abbia provveduto a formalizzare le ragioni della mancata presentazione.
Motivi della decisione

Ritiene la Corte che il ricorso sia manifestamente infondato con riguardo a entrambi i profili di impugnazione.

La lettura della motivazione della sentenza impugnata, contrariamente alle censure prospettate in questa sede, affronta il tema della consapevolezza della violazione in capo al Sig. C. e conclude che la telefonata effettuata agli organi di polizia per preannunciare l’impossibilità di presentarsi e il mancato adempimento rispetto alle condotte a lui richieste dal funzionario di polizia dimostrino l’intenzionalità della violazione rispetto ad una condotta che egli sapeva dovuta e che ha nei fatti omesso senza fornire la tempestiva giustificazione richiesta.

Tale motivazione appare del tutto coerente e immune da vizi logici, con la conseguenza che il ricorso, oltre che basato su argomenti di fatto non ammissibili in sede di legittimità, risulta manifestamente infondato alla luce dei principi fissati dalla sentenza delle Sezioni Unite Penali, n. 2120, del 23 novembre 1995-23 febbraio 1996, Facilini (rv 203767) e quindi confermati dalla più recente giurisprudenza, come emerge, tra le altre, dalla sentenza della Seconda Sezione Penale della Corte, 5 maggio-7 giugno 2006, n. 19584, Capri ed altra (rv 233773, rv 233774. rv 233775) e dalla sentenza della Sesta Sezione Penale, 24 marzo – 20 aprile 2006, n. 14054, Strozzanti (rv 233454).

Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.

Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, nonchè al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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