T.A.R. Lazio Roma Sez. III bis, Sent., 22-03-2011, n. 2551

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

A.- 1. Con bando di gara del luglio 2000 il Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione generale scambi culturali, indiceva una gara a procedura aperta avente ad oggetto l’affidamento in unico lotto di un servizio di assistenza tecnica e supporto al monitoraggio per l’attuazione del Programma Operativo Nazionale "La scuola per lo sviluppo" 20002006 Ob. 1, inserito nell’ambito del Programma di sviluppo per il Mezzogiorno – Asse Risorse Umane e diretto a sostenere l’innovazione ed il miglioramento del sistema scolastico, sia attraverso attività e strumenti tecnici per coadiuvare l’Amministrazione nell’elaborazione ed attuazione del programma stesso, sia attraverso attività relative tanto alla programmazione e agli aspetti finanziari, quanto alla organizzazione, sorveglianza e valutazione in sede di realizzazione,

L’aggiudicazione, ai sensi dell’art. 23, lettera b) del d.lgs. n. 157/95, sarebbe avvenuta a favore della offerta economicamente più vantaggiosa, da determinarsi mediante l’applicazione dei seguenti criteri:

a) qualità del progetto (40 punti); b) qualità del gruppo di lavoro (30 punti); c) merito tecnico (20 punti); d) prezzo offerto (10 punti).

Alla gara partecipava anche l’attuale ricorrente, e, nel gennaio 2001 la Commissione tecnica all’uopo costituita decideva l’aggiudicazione provvisoria in favore dell’APRI s.p.a, dinanzi alla A.T.I. C., precedente affidataria dello stesso servizio di assistenza tecnica.

Ritenendo però che l’offerta vincitrice potesse considerarsi "anormalmente bassa" ai sensi dell’art. 25, comma 3, del D. Leg.vo n. 157/1995, veniva chiesto all’aggiudicataria di giustificare con elementi oggettivi di documentazione l’effettiva capacità di attuare il progetto al prezzo offerto, in particolare in merito alle voci di spesa relative ai supporti operativi ed informatici.

Forniti i chiarimenti richiesti, il Ministero, pur riconoscendoli "adeguati", anziché procedere all’aggiudicazione definitiva, decideva di sospendere l’intera procedura (atto del 31 maggio 2001, prot. n. 4887/INT/U05), invocando – a giustificazione – una nota della Commissione europea del marzo 2001, nella quale si censuravano le irregolarità in cui sarebbero incorsi alcuni Ministeri italiani nell’affidamento dei servizi di assistenza tecnica e supporto al monitoraggio per l’attuazione dei Programmi Operativi Nazionali; in particolare, per quel che riguardava il Ministero della Pubblica istruzione, la Commissione lamentava che nel bando (o, più esattamente, nel disciplinare) figurassero, tra i criteri volti all’individuazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, "elementi tesi a valutare la capacità tecnica dei prestatori di servizi", mentre – a suo giudizio – nella fase dell’aggiudicazione, ci si dovrebbe attenere unicamente a "criteri obiettivi", riferiti all’offerta in quanto tale, e non invece ad "elementi soggettivi quali l’esperienza dell’impresa proponente", che potrebbero invece essere presi in considerazione solo nella fase di selezione delle imprese interessate alla gara.

1.1.- Contro il provvedimento di sospensione proponeva ricorso la società ricorrente, con atto notificato il 31 luglio 2001, deducendo violazione e falsa applicazione dei principi generali in tema di contratti pubblici, nonché violazione del principio del buon andamento della p.a..

Sosteneva che si erano ormai verificate tutte le condizioni necessarie e sufficienti perché venisse data piena e completa esecuzione all’aggiudicazione, sicché era da escludere che la procedura potesse formare oggetto di riesame e di annullamento d’ufficio da parte dello stesso Ministero in relazione alle questioni sollevate dall’Esecutivo comunitario; e ciò non solo per rispetto del principio dell’affidamento, ma anche (e soprattutto) per la mancanza di un qualsiasi interesse attuale e concreto alla rimozione dell’atto.

Sosteneva altresì, quanto alla tesi secondo cui occorrerebbe distinguere fra la fase di selezione delle imprese da ammettere alla gara (nella quale sarebbe lecito prendere in considerazione le caratteristiche soggettive e l’esperienza di ciascuna impresa) e quella invece dell’aggiudicazione, che dovrebbe svolgersi unicamente sulla base di criteri oggettivi, riferiti alle singole offerte in quanto tali, che poteva convenirsi sulla necessità di distinguere fra le due fasi e sull’importanza rispettiva degli elementi soggettivi dell’impresa nella fase della selezione e degli aspetti oggettivi dell’offerta in quella della aggiudicazione, ma che, di fronte alla estrema genericità dei criteri indicati dalla Direttiva n. 92/50/CEE e dal pedissequo decreto legislativo d’attuazione, la natura e le caratteristiche del servizio oggetto di gara avrebbero dovuto orientare l’Amministrazione committente nella formulazione dei criteri destinati a guidare concretamente l’operato delle commissioni aggiudicatrici.

1.2.- Resisteva al ricorso l’amministrazione stimata e la società controinteressata.

1.3.- Nelle more del giudizio sopravveniva il provvedimento del 9 agosto 2001 (prot. n. 12432/INT U05/, in atti n.5) che annullava il bando di gara in questione con il relativo disciplinare e tutti gli atti di gara ad esso connessi e conseguenti.

Tale provvedimento era sorretto dalle seguenti considerazioni: le "determinazioni definitive" della Commissione europea avrebbero "imposto" di considerare illegittimo il bando e tale illegittimità, "pur non producendo effetti diretti sugli esiti dell’aggiudicazione", avrebbe potuto "verosimilmente" disincentivare la partecipazione alla gara di altre imprese potenzialmente interessate; procedere all’aggiudicazione avrebbe comportato "una definitiva violazione del diritto comunitario", con conseguente proseguimento della procedura d’infrazione e rischio di blocco dei finanziamenti comunitari; in ragione del tempo trascorso dall’indizione del bando di gara, il quadro del fabbisogno sarebbe sostanzialmente mutato e, di conseguenza, "1’oggetto del contratto e la quantificazione del corrispettivo, come definiti nel disciplinare, non sarebbero stati più rispondenti agli attuali interessi ed esigenze dell’Amministrazione".

Anche tale provvedimento veniva impugnato con motivi aggiunti tempestivamente proposti, contestandosene presupposti e motivazione.

B.- 2.- Nella situazione di "vuoto amministrativo" creatasi in seguito al completo "azzeramento" della procedura di gara e dei suoi effetti, il Ministero non riteneva dì accogliere il suggerimento della società APRI di passare ad una procedura negoziata ai sensi dell’art. 11, commi 2 e 3, della direttiva n. 92/50/CEE – unica via percorribile, a giudizio di quest’ultima, per uscire in modo dignitoso e in tempi ragionevoli dalla situazione di "impasse" in cui l’Amministrazione si era venuta a trovare per aver ceduto alle pressioni dell’Esecutivo comunitario – determinandosi a indire un nuovo bando di gara a procedura aperta.

Poiché il Ministero non si era limitato ad emendare il precedente bando delle clausole considerate sospette in sede CEE e ad aggiornarlo in ragione del tempo trascorso dalla prima edizione, ma lo riscriveva, e ciò senza apparente giustificazione o ragione, seguiva quindi un secondo ricorso, notificato in data 5 febbraio 2002, contro la decisione di riaprire la procedura e contro i relativi bando di gara e "capitolato d’oneri".

Deduceva la ricorrente come il Ministero avesse eseguito acriticamente il "consiglio" dei Servizi della Commissione europea, di annullare la procedura in corso e di ricominciare da capo con un nuovo bando, bonificato dalla clausola ritenuta illegittima.

Secondo l’APRI, infatti, una tale soluzione avrebbe posto eventuali nuovi concorrenti in una posizione di evidente vantaggio – potendo conoscere i metodi e le strategie indicati nelle offerte presentate in relazione alla prima gara – rispetto ai vecchi concorrenti, e ciò in palese violazione del principio della par condicio, che dovrebbe invece essere alla base di qualsiasi procedura concorsuale.

In secondo luogo, l’APRI non condivideva la decisione dell’Amministrazione di riformulare – o, per meglio dire, di stravolgere completamente – il bando, introducendo non poche inaspettate "novità", quali, a titolo di esempio: la composizione minima del gruppo di lavoro, le qualifiche richieste al coordinatore operativo e le condizioni minime d’ammissione. Secondo l’APRI, tali modifiche e stravolgimenti, erano privi di ogni motivazione ed addirittura in contraddizione con il primo bando.

Al termine dei lavori della Commissione aggiudicatrice la soc. APRI si vedeva collocata all’ultimo posto in graduatoria con quasi venti punti di svantaggio rispetto alla prima classificata – la A.T.I. C. – la cui offerta economica però veniva giudicata "anormalmente bassa" e quindi bisognosa di chiarimenti e integrazioni ai sensi dell’art. 25 del D. Lg.vo n. 157/1995.

Nelle more dell’aggiudicazione la società ricorrente apprendeva che il presidente della Commissione di gara, sig. Nicola Rossi, ricopriva le funzioni di vice capo di gabinetto dell’attuale Ministro, e che anche nei confronti degli altri componenti si potevano nutrire dubbi circa l’effettivo possesso dei requisiti richiesti dall’art. 10 del Capitolato d’oneri.

Contro il provvedimento di nomina della Commissione di gara e, conseguentemente, contro il provvedimento di aggiudicazione provvisoria o definitiva (se nel frattempo intervenuta), la ricorrente APRI s.p.a. proponeva motivi aggiunti ai sensi dell’art. 21, chiedendo misure cautelari, legge n. 1034/71 – con istanza di sospensiva e di misure cautelari provvisorie – lamentando la violazione e falsa applicazione degli artt. 36, comma 3, lett. e) del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 e 21, commi 5 e 6, della l. 11 febbraio 1994, n. 109 nonché la violazione del principio di imparzialità dell’azione amministrativa ( art. 97 Cost.).

Assumeva la ricorrente che la presenza, alla guida della Commissione di un componente, e non di secondo piano, dell’organo di direzione politica del Ministero non poteva non esser vista in contraddizione con tali norme e principi, rendendo così illegittimo l’operato della Commissione stessa.

2.1.- Anche tale ricorso veniva resistito dall’amministrazione intimata e dalla società controinteressata con articolate memorie difensive.

2.2.- Dopo un primo provvedimento provvisorio favorevole (decreto presidenziale n. 2200/2002), l’istanza cautelare veniva respinta (ord.za collegiale n. 2421/2002) e la controinteresata A.T.L C. risultava aggiudicataria definitiva.

3.- Contro il decreto del direttore generale per le Relazioni Internazionali del MIUR del 17 maggio (notificato il 21 dello stesso mese) recante approvazione definitiva della graduatoria proposta dalla Commissione di gara, nonché aggiudicazione dell’incarico alla soc. C., la medesima società A. proponeva un ulteriore ricorso affidato a tre motivi di ricorso; cui resistevano sia l’amministrazione intimata che la società contro interessata.

4.- Alla pubblica udienza del 25 gennaio 2011, ricorsi sono stati trattenuti in decisione.

5.- In ragione dell’evidente connessione soggettiva e oggettiva, i tre ricorsi possono essere riuniti, ai sensi dell’art. 70 del c.p.a., per essere decisi con un’unica sentenza.

5.1.- Con il primo dei ricorsi in trattazione la società A., dopo aver premesso la complessa vicenda che ha portato alla sospensione del procedimento di aggiudicazione della gara di cui in premessa, già disposta in via provvisoria a favore di essa medesima, formula tre motivi di ricorso.

5.1.1. – Il primo deduce: violazione e falsa applicazione dei principi generali in tema di contratti pubblici, nonché violazione del principio del buon andamento della p.a..

Sostiene la deducente che nella fattispecie si erano verificate le condizioni necessarie per la piena e completa esecuzione dell’aggiudicazione provvisoria disposta nei suoi riguardi, dovendosi escludere che la procedura potesse formare oggetto di riesame e di annullamento di ufficio in relazione alle questioni sollevate dalla Commissione europea, difettando nella specie l’esistenza di un interesse concreto e attuale alla rimozione dell’atto.

Un eventuale annullamento della gara comporterebbe l’esperimento di una nuova identica procedura di aggiudicazione, con la sola espunzione del criterio "incriminato" relativo al "merito tecnico", con le prevedibili conseguenze in ordine all’aggravio delle spese e al ritardo nell’affidamento del servizio di assistenza tecnica.

Ulteriori profili di illegittimità sarebbe rinvenibili nel tardivo intervento delle autorità comunitarie rispetto ai tempi della procedura, che intervenendo a lavori ormai conclusi, avrebbero alterato la par condicio dei partecipanti, per avere questi esercitato il diritto all’accesso delle offerte formulate nella gara. Ove peraltro, il contestato (dalla autorità comunitaria) criterio del "merito tecnico" non fosse stato inserito nel bando, o non se ne fosse tenuto conto, la ricorrete sarebbe risultata ugualmente prima in graduatoria, vedendo addirittura aumentare il distacco dalla seconda classificata.

5.1.1.- Il motivo non trova l’apprezzamento del Collegio.

Occorre premettere il quadro fattuale, nel quale si iscrive la vicenda all’esame, puntualmente riferito nella memoria difensiva svolta dall’amministrazione resistente nel modo che segue.

Nelle more del perfezionamento della procedura di aggiudicazione, già disposta in via provvisoria nei riguardi della ricorrente, il Ministero dell’Economia e delle Finanze – Autorità di Gestione Nazionale del Quadro Comunitario di Sostegno per 1" OB. 1 – rappresentava al Ministero della Pubblica Istruzione con nota n. 0006317 del 12 febbraio 2001, che, in ordine al bando di gara sopramenzionato, ed a bandi emanati da altre amministrazioni (Ministero dell’Interno ed ex Ministero dell’Università e della Ricerca) e relativi allo stesso tipo di servizio, la Commissione Europea aveva avanzato osservazioni relative ad una presunta illegittimità rispetto alla direttiva europea 92/50, con nota del 6 febbraio 2001 inviata alla suddetta Autorità di Gestione.

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, con la nota sopracitata, chiedeva chiarimenti alle amministrazioni interessate al fine di effettuare una prima verifica dell’effettiva sussistenza di infrazioni alla normativa europea, facendo pervenire, con nota n. 0011929 del 16.3.2001, le osservazioni nel frattempo intervenute da parte della Commissione Europea D.G. XVI Politiche Regionali, titolare degli interventi dei Fondi Strutturali Europei per le aree dell’Obiettivo 1, con nota del 12.3.2001, con la quale si rammentava, fra l’altro, che l’avvio della procedura di infrazione implica il blocco dei finanziamenti, ai sensi dell’articolo 32 del Regolamento Europeo 1260/1999.

Lo stesso Ministero, dopo essersi consultato con le amministrazioni interessate, replicava alla suddetta nota del 16 marzo 2001 argomentando che le osservazioni della Commissione Europea erano proposte da una Direzione Generale non competente in materia di infrazioni alle direttive europee e che le medesime apparivano genericamente formulate.

Dopo alcune riunioni del Ministero dell’Economia e delle Finanze con le amministrazioni interessate, e dopo un iniziale orientamento di detto Ministero a contestare la sostanza delle osservazioni della CE sulla legittimità dei bandi, il Ministero resistente veniva informato (nota Ministero del Tesoro n. 0009945 in data 6 marzo 2001) che sulla questione la Commissione Europea aveva confermato l’intenzione di avviare un procedimento di infrazione ai sensi dell’art. 226 Trattato CEE.

La posizione della CE veniva poi ufficialmente espressa dalla Direzione Generale Mercato interno, solo in data 22 marzo 2001, con nota n. 1674, pervenuta il successivo 23 aprile, nella quale si precisavano e si formalizzavano tutti i rilievi sui bandi di gara, ivi compreso quello dell’ex Ministero della Pubblica Istruzione.

In particolare, la Commissione Europea – DG Mercato interno – contestava che il criterio del "merito tecnico", riferito alle esperienze pregresse delle società offerenti, potesse essere utilizzato come criterio di aggiudicazione sostenendo che "le esperienze maturate dalle imprese nonché le professionalità utilizzate in attività attinenti il servizio richiesto possono essere prese in considerazione esclusivamente quali elementi inerenti i criteri di selezione – e quindi di ammissibilità – e non possono, invece, costituire criterio di aggiudicazione" in quanto ciò sarebbe da ritenersi violativo degli artt. 31, 32 e 36 – paragrafo 1, della Direttiva 92/50 CEE. In buona sostanza, il merito tecnico, previsto quale criterio di aggiudicazione dall’art.36, dovrebbe riferirsi esclusivamente a caratteristiche oggettive dell’offerta e non ad elementi soggettivi inerenti le società offerenti.

Ricevuta la comunicazione, 1’amministrazione scolastica informava le ditte partecipanti della contestazione mossa dalla Commissione Europea al bando sopramenzionato; nello stesso tempo, nel tentativo di trovare una conciliazione e di poter esprimere le proprie osservazioni anche verbalmente, avviava con la Commissione Europea – DG Mercato Interno un negoziato coordinato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, avvenuto in un incontro presso detta Commissione il 28 aprile 2001. In tale sede si evidenziava che: a) l’amministrazione aveva agito nel rispetto della normativa nazionale; b) le osservazioni della Commissione intervenivano a distanza di circa sette mesi dalla pubblicazione del bando e in una fase particolarmente delicata della procedura di gara; c) i rilievi della Commissione si riferivano al disciplinare di gara e non al bando di concorso pubblicato; d) non risultava alterato il principio della concorrenza sia perché il criterio del merito tecnico non influenzava in alcun modo gli esiti della aggiudicazione provvisoria, sia perché i criteri di selezione erano addirittura più rigorosi di quelli di aggiudicazione e chi avesse avuto interesse a partecipare alla gara lo avrebbe potuto fare, indipendentemente dai criteri di aggiudicazione.

Le svolte argomentazioni venivano resistite dai rappresentanti della D.G.XV – Mercato Interno sul rilievo che la presenza del contestato criterio di aggiudicazione costituiva una violazione del principio delle pari opportunità di partecipazione costituente la base giuridica della direttiva 92/50, che consente la possibilità di partecipare alle gare a tutti i soggetti che ne abbiano i requisiti di ammissibilità. Soggiungevano i rappresentanti della suddetta Direzione che una richiesta di archiviazione avrebbe potuto formularsi nel solo caso in cui l’amministrazione resistente avesse potuto dimostrare che tutte le imprese che avevano richiesto copia del disciplinare avevano successivamente partecipato alla gara, dimostrando così il rispetto di fatto di tale principio, solo così potendosi escludere che l’inserimento del criterio del merito tecnico "in senso soggettivo" fosse stata causa di limitazione per la partecipazione alla procedura concorsuale.

Non potendo dimostrare tale circostanza, in quanto il bando e il disciplinare erano stati pubblicati su internet, ed inoltre alcune società avevano effettivamente fatto richiesta della copia del disciplinare ma non avevano, successivamente, presentato la loro offerta, il Ministero resistente formalizzava le proprie controdeduzioni (nota n 2436 del 14 maggio 2001) e contestualmente riteneva opportuno sospendere, a titolo cautelativo, il procedimento in corso, dandone relativa comunicazione alle ditte partecipanti, con nota n. 4887 del 31 maggio 2001.

Infine, la Commissione Europea – DC XV – nonostante le argomentazioni dell’Amministrazione resistente, confermava, con lettera del 12 giugno 2001 prot. n. 3292, l’intenzione di proseguire la procedura di infrazione già avviata, qualora si fosse concluso il procedimento in questione.

In tale situazione, l’amministrazione resistente, con nota n 9863 del 6 luglio 2001, valutate le circostanze legate al procedimento in corso, in relazione alla posizione espressa dalla Commissione Europea, alle sue conseguenze ed allo stato del procedimento di gara, comunicava agli interessati l’avvio del procedimento di annullamento ai sensi dell’articolo 7 della legge 241/1990, nella considerazione che il proseguimento del procedimento con l’aggiudicazione definitiva sarebbe contrario all’interesse pubblico in quanto implicherebbe l’immediata sospensione dei finanziamenti della Misura 8, ai sensi dell’articolo 32 del Regolamento Generale dei Fondi Strutturali n. 1260 del 12 giugno 1999, con immediate conseguenze sia sull’eventuale contratto che sarebbe risultato privo della necessaria copertura finanziaria, sia sull’efficacia e sull’efficienza attuativa del programma operativo, con conseguenti dimensionamenti dei finanziamenti, previsti dai Regolamenti Europei.

Infine, a seguito di ulteriore approfondimento, la stessa amministrazione emanava il decreto n. 12431/Int/U05 del 9 agosto 2001, con il quale veniva annullato il bando di gara e di tutti gli atti ad esso collegati e conseguenti, in base alle ragioni qui di seguito enunciate:

– la plausibile fondatezza della illegittimità del bando di gara di cui si tratta, che pur non producendo effetti diretti sugli esiti dell’aggiudicazione, può verosimilmente avere disincentivato la partecipazione alla gara di soggetti che abbiano preso conoscenza del bando di gara e del relativo disciplinare, nonché la definitiva violazione del diritto comunitario nel caso di conclusione del procedimento di gara, con le conseguenze connesse al proseguimento del procedimento di infrazione;

– il blocco dei finanziamenti comunitari a copertura della Misura 8 del Programma Operativo interessata dall’infrazione, con la conseguente impossibilità sia di concludere il procedimento sia di realizzare anche le altre azioni di Assistenza Tecnica previste nella Misura 8 anche se non interessate dal procedimento in questione;

– le mutate condizioni organizzative in cui oggi opera l’Amministrazione a seguito della Riforma organizzativa, che ha consentito di assegnare nuovo personale all’Unità operativa che gestisce i fondi strutturali e che ha determinato una diversa configurazione dei fabbisogni dello specifico servizio esterno richiesto, nonché la conseguente modifica dell’oggetto del contratto e la quantificazione del corrispettivo, che, anche a causa del decorso del tempo, non sono più rispondenti agli attuali interessi ed esigenze dell’Amministrazione, così come erano stati definiti nel disciplinare,

– la tempestività delle comunicazioni alle imprese partecipanti in merito ai rilievi avanzati dalla Commissione e alle relative problematiche giuridiche e la convinzione che, pertanto, nessun affidamento meritevole di particolare tutela potesse essere sorto circa l’esito del procedimento di gara;

– la non ancora avvenuta formalizzazione delle conclusioni del procedimento per quanto riguarda sia la graduatoria definitiva sia la conseguente aggiudicazione.

Nell’ora descritta situazione, perdono di consistenza le censure variamente prospettate con il motivo di ricorso, risultando chiaramente delineate le ragioni per le quali l’amministrazione scolastica, che pure aveva tentato di giustificare presso gli Uffici della Commissione Europea la legittimità del proprio operato, ha ritenuto di sospendere il procedimento di gara per l’appalto per cui è causa.

Appare infatti evidente come i provvedimenti di autotutela adottati dall’amministrazione sono sorretti da adeguata motivazione di pubblico interesse individuata nell’immediata sospensione dei finanziamenti della Misura 8, con conseguenti ricadute sull’eventuale contratto da stipulare, che sarebbe stato privo della necessaria copertura finanziaria, oltre che sull’efficacia e sull’efficienza attuativa del programma operativo, e quindi sui dimensionamenti dei finanziamenti, previsti dai Regolamenti Europei.

5.1.2.- La riferita cornice fattuale, e le considerazioni riferite nell’esame del primo motivo, portano a disattendere il secondo motivo di ricorso deducente "violazione e falsa applicazione dei principi generali in tema di revoca dei provvedimenti amministrativi vigenti nell’ordinamento comunitario".

Come ben rileva la difesa dell’amministrazione, questa ha agito nel legittimo esercizio del potere di autotutela considerando, tra l’altro, che nessun legittimo affidamento meritevole di tutela era sorto in capo alla società ricorrente, attesa la sua posizione di aggiudicataria provvisoria.

La ricorrente era del resto a conoscenza delle ragioni che avrebbero potuto compromettere l’esito della gara, segnatamente del blocco dei fondi comunitari destinati alla misura di assistenza tecnica in caso di proseguimento della procedura d’infrazione; e tanto valeva ad escludere una situazione di affidamento della società in ordine alla legittimità dell’atto prima sospeso e poi annullato.

5.1.3.- Uguale sorte merita il terzo motivo con cui è dedotta la "violazione e falsa applicazione degli artt. 31, 32 e 36 Par.1 della direttiva n. 92/50/CEE del Consiglio del 18 giugno 1992, nonché degli artt. 14 e 23 del d.lgs. 17 marzo 1995, n. 157".

Non è predicabile che le autorità italiane siano state inclini a piegarsi, pur non condividendole, alle tesi dei Servizi della Commissione Europea in ordine alla distinzione tra la fase di selezione delle imprese da ammettere alla gara, nella quale possono essere prese in considerazione le caratteristiche soggettive, e quella dell’aggiudicazione, che deve svolgersi sulla base di criteri oggettivi, riferiti alle singole offerte in quanto tali.

Intanto è la stessa ricorrente a riconoscere sostanzialmente la correttezza della distinzione e quindi l’incongruenza del bando rilevata dagli Uffici della Commissione Europea.

Di fronte poi alla perentoria sollecitazione della Commissione del blocco dei finanziamenti comunitari a copertura dell’intera misura destinata all’assistenza tecnica del P.O. scuola, non vi era spazio per un atteggiamento operativo diverso da quello in concreto seguito.

6.- Alla stregua delle svolte considerazioni, il primo dei ricorsi in trattazione e cioè il n. 10003 del 2001, è infondato.

7.- Può quindi passarsi all’esame dei motivi aggiunti, proposti nell’ambito del ricorso iniziale, avente ad oggetto l’annullamento del decreto del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, in data 9 agosto 2001, prot. n. 12432/INT/U05, che ha annullato il bando di gara a procedura aperta, adottato il 27 luglio 2000 per l’affidamento di un servizio di assistenza tecnica e di supporto al monitoraggio per l’attuazione del P.O. nonché il relativo disciplinare.

Con tale ulteriore impugnativa vengono dedotti cinque mezzi di gravame, così sintetizzabili:

a.- violazione e falsa applicazione degli artt. 31, 32, 36 Par.1 della direttiva n. 92/50/CEE del Consiglio del 18 giugno 1992, nonché degli artt. 14 e 23 del d.lgs. 17 marzo 1995, n. 157;

b.- eccesso di potere per erroneità dei presupposti;

c.- eccesso di potere per motivazione carente, illogica e contraddittoria;

d.- eccesso di potere per carenza dei presupposti – motivazione incongrua e contraddittoria;

e.- inammissibilità per intervenuta acquiescenza.

7.1.- Con il primo motivo, costituente esplicazione del terzo motivo del ricorso n. 10003/2001, pur ammettendosi la necessità di distinguere tra criteri di selezione dei partecipanti ed elementi di valutazione delle offerte, si sostiene che l’Istituzione comunitaria avrebbe inteso in senso solo letterale e formale il richiamo al "merito tecnico", di cui si fa menzione nell’art. 16 del disciplinare di appalto.

7.1.1.- L’assunto non può condividersi, non potendo aderirsi all’espresso punto di vista che gli uffici della Commissione europea abbiano dato un’interpretazione formale della suddetta norma del disciplinare di appalto.

Il Collegio è persuaso che il criterio valutativo in questione debba per necessità attenere solo alla fase selettiva della procedura concorsuale, in ragione del fatto che sostanziandosi in valutazione di tipo soggettivo, esso non può trovare considerazione in sede di formulazione dell’offerta dei partecipanti alla gara.

7.2.- Con il secondo motivo aggiunto la ricorrente assume l’erroneità della premessa dalla quale muove l’amministrazione, e cioè che la presa di posizione dei Servizi della Commissione Europea, contenga "determinazioni definitive" dell’Istituzione europea in ordine alla procedura di infrazione in diritto comunitario, consistendo invece quest’ultima in una doppia fase, all’esito conclusivo delle quali soltanto si è in presenza di "determinazioni definitive" e quindi di infrazione accertata.

7.2.1.- In realtà, l’amministrazione resistente – che pure ha tentato di contrastare il punto di vista dei precitati Servizi comunitari – ha inteso conformarsi alla direttiva n. 92/50/CEE del Consiglio dell’8 giugno 1992, anche per evitare l’ empasse della procedura concorsuale de qua e scongiurare, stante la ferma presa di posizione di quei Servizi, la sottoposizione dell’amministrazione italiana alla procedura di carattere sanzionatorio con conseguente, e probabilistica, condanna di quest’ultima.

Nell’ora rappresentata situazione non è quindi predicabile il dedotto eccesso di potere per erroneità dei presupposti che hanno ispirato l’agere dell’amministrazione.

7.3.- Con il terzo motivo, deducendosi eccesso di potere sotto più profili, si premette che il Ministero della P.I. non aveva mancato di svolgere una serie di argomentazioni (coincidenti in parte con quelle svolte con il ricorso all’esame) a difesa del proprio operato e a confutazione della pretesa dell’Esecutivo comunitario, ma che nel provvedimento impugnato non vi sarebbe più alcuna giustificazione della repentina conversione alle tesi comunitarie, salva l’esplicitazione di un interesse generico al ripristino della mera legalità.

7.3.1.- Anche tale motivo non coglie nel segno.

Come ben rileva la difesa della società controinteressata la scelta del Ministero dell’istruzione, dell’Università. e della Ricerca, di sospendere e poi di annullare la procedura di gara in esame, è scaturita da una meditata riflessione, anche alla luce del diritto comunitario, come è possibile desumere dalle giustificazioni contenute nella nota del 14 maggio 2001 indirizzata alla Commissione Europea.

Va in proposito ammesso che l’annullamento della procedura di gara, intervenuto con l’impugnato decreto ministeriale del 9 agosto 2001, è strettamente correlato alla lettera della Commissione Europea del 12 giugno 2001 volta a ribadire l’illegittimità del bando e l’intenzione di proseguire nell’avviare e perfezionare la procedura di infrazione in caso di non ottemperanza delle Autorità Italiane.

Non è quindi sostenibile che i provvedimenti impugnati difettino di logica e congrua motivazione e, soprattutto, di un interesse concreto ed attuale all’esercizio del potere di autotutela.

7.4.- Con il quarto motivo aggiunto, la ricorrente ripropone le censure circa l’inesistenza dell’attualità e della concretezza dell’interesse alla rimozione dell’atto.

7.4.1.- In proposito valgano, dovendo qui intendersi riaffermate, le argomentazioni confutative già svolte in sede di esame degli altri motivi.

Quanto invece all’ulteriore profilo secondo cui l’applicazione del contestato criterio di valutazione del "merito tecnico" non sarebbe stato in alcun modo determinante sul risultato della gara, omette la ricorrente di considerare – tra l’altro, e come già anticipato – che la determinazione della stazione appaltante di sospendere la gara era stata assunta perché da parte di quest’ultima non era stato possibile dimostrare – su sollecitazione degli uffici comunitari – che tutte le imprese che avevano richiesto copia del disciplinare avessero successivamente partecipato alla gara, dimostrando così il rispetto del principio delle pari opportunità di partecipazione costituente la base giuridica della direttiva 92/50.

7.5.- Con l’ultimo dei motivi aggiunti è dedotta la "inammissibilità per intervenuta acquiescenza", desunta dal comportamento della stazione appaltante che, dopo aver ricevuto la comunicazione della Commissione, ha proseguito nelle operazioni di gara, richiedendo alla società ricorrente la verifica dell’anomalia dell’offerta economica.

7.5.1.- Il motivo non è suscettibile di favorevole apprezzamento.

L’acquiescenza postula atti o comportamenti univoci posti liberamente in essere dal destinatario dell’atto che dimostrino la sua chiara e irrefutabile volontà di accettarne gli effetti (tra le tante, CdS, V, 9 dicembre 2009 n. 7683).

Tale non è il caso di specie. La riferita scansione dei fatti della vicenda dedotta nel giudizio esclude che il comportamento dell’amministrazione possa configurarsi acquiescente alla contestata procedura di gara, dal momento che detto comportamento si è dapprima orientato – attraverso contatti, personali ed epistolari, tra l’istituzione nazionale e quella europea – in direzione di una composizione della contrapposizione insorta tra le due istituzioni, inclinando poi alla rimozione del bando viziato conformemente alle perentorie sollecitazioni rivolte dagli uffici comunitari.

8.- Disatteso il primo ricorso e i correlativi motivi aggiunti, può passarsi all’esame del secondo dei ricorsi in trattazione volto all’impugnativa del bando di gara a procedura aperta per l’affidamento in unico lotto di un servizio di assistenza tecnica e supporto a monitoraggio e all’attuazione del Programma operativo "La scuola per lo sviluppo 2000/2006 "- Ob. 1 n. 1999 05 1 PO 013, ai sensi dell’art. 6 lett. a) del d.lgs. 17 marzo 1995 e del d.lgs. del 25 febbraio 2000, n. 65.

8.1.- Con il primo motivo si deduce "violazione e falsa applicazione dei principi generali in materia di appalti pubblici; violazione dei principi di parità di trattamento e di segretezza delle offerte".

Nel premettere di non essere a conoscenza del testo della decisione ministeriale di indire una nuova gara a procedura aperta, né delle motivazioni che la sostengono, ritiene la ricorrente che verosimilmente il Ministero avrà aderito alla ragione formulata dai Servizi della Commissione europea per l’azzeramento della procedura della gara, e cioè che la formulazione del bando originario avrebbe potuto scoraggiare il concorso di qualcuna delle imprese in astratto interessate.

A prescindere dal carattere fantasioso di siffatta giustificazione, e quali siano state le motivazioni, il rimedio consigliato dai Servizi della Commissione, ed acriticamente seguito dalle autorità italiane sulla base di timore reverenziale, si rivelerebbe molto peggiore del male che si pretendeva di curare.

Non potrebbe infatti dubitarsi che gli eventuali nuovi concorrenti si verrebbero a trovare in una situazione di indubbio vantaggio rispetto ai vecchi concorrenti, e ciò con violazione del rispetto del principio della par condicio, che dovrebbe essere alla base di qualsiasi procedura concorsuale.

Ma anche i vecchi concorrenti, per il fatto di giocare ormai inevitabilmente "a carte scoperte", vengono a trovarsi in una situazione tutta particolare, che ha ben poco a vedere con quella di una corretta e sana del loro intestardirsi nel voler "azzerare" a sostegno, a tutti i costi una gara in cui manifestamente l’elemento del bando sospetto di illegittimità non aveva giocato alcun ruolo nella selezione dell’impresa aggiudicataria: la giustificazione cioé che la formulazione del bando originario avrebbe potuto scoraggiare il concorso di qualcuna delle imprese in astratto interessate.

Giustificazione fantasiosa in un mercato, quale quello dell’assistenza tecnica alle iniziative finanziate con i fondi strutturali europei, frequentato da poche grosse imprese altamente specializzate e molto ben organizzate, le cui strategie è difficile immaginare che possano essere influenzate dalla formulazione di determinate clausole di un bando di gara.

Ma anche i vecchi concorrenti, per il fatto di giocare ormai inevitabilmente "a carte scoperte", vengono a trovarsi in una situazione tutta particolare, che ha ben poco a vedere con quella di una corretta e sana competizione, che nella segretezza delle offerte dovrebbe avere invece uno dei cardini basilari.

E il fatto che ormai siano conosciute le offerte dei principali concorrenti (metodologie e tiche d’intervento, sistemi informativi previsti; composizione e qualità dei gruppi di lavoro; strutture organizzative; prezzo offerto) finirebbe col mettere in difficoltà la stessa Amministrazione procedente, che non potrà non esserne condizionata nel formulare il nuovo bando.

In verità – si sostiene – qualunque altra soluzione sarebbe stata preferibile e più vicina alla legalità: sia quella di invitare la commissione aggiudicatrice a riaprire i lavori senza tener conto del criterio di aggiudicazione "messo all’indice", sia quella di passare senza indugio ad una fase negoziata fra tutte o alcune delle imprese partecipanti ai sensi dell’ art. 11 della Direttiva 92/50/CEE, cosa che avrebbe permesso di seguire le indicazioni dell’Esecutivo comunitario e di portare contemporaneamente a termine la procedura attraverso un ulteriore momento di confronto fra i concorrenti rispettoso della loro par condicio.

8.1.1.- Il motivo va disatteso.

La censura viene svolta in via ipotetica, e questo basterebbe a dichiararla inammissibile.

Scendendo però all’esame delle censure per come proposte, ha buon giuoco la resistente ad opporre le argomentazioni confutative che di seguito si riportano:

– l’adozione del nuovo bando era atto doveroso (come peraltro ammesso dalla stessa ricorrente) permanendo la necessità per l’amministrazione di acquisire un servizio per il supporto nella realizzazione del Programma Operativo, servizio del resto specificamente previsto dal Programma approvato dalla Commissione Europea il 22 agosto 2000 Dec. n. 2064 (CE 2000) nell’ambito della Misura 8 Azione 1;

– in considerazione del tempo trascorso dall’emanazione del primo bando a quello attuale, si erano verificate circostanze che ne hanno condizionato la forma e il contenuto; da un lato, per garantire la rigorosa osservanza della normativa comunitaria e nazionale in materia di appa1ti di pubblici servizi; dall’altro per adeguare il capitolato di gara ai fabbisogni concreti ed attuali dell’amministrazione procedente;

– il bando e il relativo capitolato recepiscono nella forma e nell’articolazione le disposizioni della Direttiva 92/50 CE, nonché gli orientamenti della Commissione Europea espressi in materia, e rappresentati e comunicati dal Ministero dell’Economia e della Finanze nel periodo di programmazione nel frattempo trascorso; in particolare, alle osservazioni comunitarie "diffuse con nota n. 11929 del 16 marzo 2001, nonché le indicazioni, anch’esse di carattere generale, concordate in occasione dell’emanazione delle linee guida per l’emanazione dei Bandi per l’acquisizione dei servizi di valutazione intermedia indipendente relativa a questa stessa programmazione dei fondi Strutturali europei, diffusi con nota dello stesso Ministero dell’Economia del giugno 2001…e concordati con la Commissione Europea nell’apposito gruppo di lavoro inter istituzionale costituito in materia di monitoraggio e valutazione dei Programmi operativi, ai quali sono stati allegati anche modelli di bandi di gara. Inoltre, la situazione organizzativa di questa Amministrazione, anche a seguito della sopra menzionata riforma, è sostanzialmente cambiata e, dunque, le caratteristiche del servizio richiesto e la composizione del gruppo di lavoro non potevano non essere adeguate ai nuovi fabbisogni";

– con riguardo alla circostanza che l’emanazione del nuovo bando di gara non avrebbe garantito la parità di trattamento e di segretezza delle offerte, è ragionevole ritenere che la sostanziale modifica del capitolato, avvenuta in ragione delle mutate condizioni in cui è venuta a trovarsi l’amministrazione e dei suoi diversi fabbisogni, ha consentito di superare l’eventuale problema della conoscenza dei "metodi e delle strategie" già proposte nelle offerte già avanzate nell’ambito del precedente bando, così garantendo la par condicio a tutti i possibili partecipanti;

– quanto alla procedura che l’amministrazione avrebbe potuto seguire, in luogo dell’emanazione di un nuovo Bando, opportunamente si richiamano sia la direttiva Europea 92/50, sia la normativa nazionale di riferimento, il d.lgs. n. 157/95, che prevedono un elenco tassativo di casi in cui può procedersi alla trattativa privata, tra i quali non è previsto il caso in questione.

8.2.- Con il secondo motivo di ricorso è dedotta "violazione e falsa applicazione dei principi generali in materia di appalti pubblici; eccesso di potere per carenza di motivazione e sviamento".

Si sostiene che, una volta deciso di assecondare la Commissione europea e quindi di ribandire la gara, il Ministero si sarebbe dovuto limitare a espungere dal bando ogni traccia del criterio del "merito tecnico".

E’ invece avvenuto che il bando è stato completamente e accuratamente riformulato (anche nelle parti rimaste sostanzialmente identiche) così che non risulta agevole individuare le modifiche introdotte nel nuovo testo, pur potendosi comunque far emergere alcune "novità" più significative, tutte apparentemente incongrue e tutte prive di motivazione, quali:

– la composizione minima del gruppo di lavoro, portata da 10 a 13 membri, con un sensibile aggravio dell’esperienza richiesta per ciascuno di essi e l’obbligo di presenza a tempo pieno per 7 dei componenti presso l’amministrazione committente, con conseguente aumento dei costi per le imprese concorrenti;

– la modifica apportata in ordine alla figura del "coordinatore operativo", al quale sono richiesti "almeno 10 anni di esperienza in attività di ricerca sociale e/o economica e 5 anni di esperienza in attività di supporto alla gestione dei programmi" simili a quelli oggetto di gara, mentre nel precedente bando ci si contentava di una persona di "elevata professionalità nel campo scientifico e professionale, con una qualificata esperienza di almeno sette, di cui almeno cinque nei servizi oggetto della gara"; modifica mirata a introdurre una figura di difficile reperimento sul mercato e, forse, a restringere la rosa dei possibili aggiudicatari;

– le condizioni minime di ammissione alla gara, in particolare quelle riguardanti la capacità economica e finanziaria delle imprese, con elevazione del fatturato (da tre miliardi di lire a quattro miliardi e mezzo) e con eliminazione del requisito di 500 milioni per attività similari, ridotto alla condizione di aver realizzato "almeno due servizi analoghi a quelli oggetto del bando nell’ultimo triennio".

8.2.1.- Afferendo a profili valutativi riservati alla stazione appaltante, le censure come proposte non possono trovare l’adesione del Collegio.

La ricorrente formula infatti osservazioni di merito e di opportunità, che si appuntano su alcune innovazioni contenute nel capitolato, ritenendole immotivate.

In realtà, è da escludersi che l’amministrazione fosse tenuta a motivare le diversità fra il nuovo e il vecchio bando di gara, atteso – come condivisibilmente osservato dalla resistente – che il bando di gara e il relativo capitolato rappresentano una manifestazione di volontà che muove dalle esigenze strettamente correlate alle finalità e alle caratteristiche del servizio richiesto, una manifestazione quindi implicante valutazioni di opportunità, come tali non suscettibili di costituire oggetto di esame in sede di giudizio di legittimità.

Non può comunque non rilevarsi, a confutazione dei rilievi in proposito espressi, che il bando e il capitolato sono stati emanati dopo diciotto mesi dall’originario bando, sicché l’amministrazione non avrebbe potuto non tenere conto dei cambiamenti intervenuti nel congruo lasso di tempo intercorso tra il primo e il secondo bando, discrezionalmente valutando il quadro dei propri fabbisogni anche in ordine alla composizione del gruppo di lavoro e delle professionalità necessarie all’espletamento del servizio di assistenza tecnica.

Quanto poi alle singole "novità" introdotte nel nuovo bando, a prescindere come si è anticipato che esse non sembrano palesemente irragionevoli o incongrue, così sfuggendo al sindacato di questo giudice, di esse viene fornita un’interpretazione malevola, nel senso che esse sarebbero state preordinate con l’intento di favorire altre imprese e comunque di danneggiare l’impresa ricorrente; trattandosi però di illazioni prive di alcun supporto dimostrativo, se ne conferma l’evidente inammissibilità.

9.- Nell’ambito dell’ora esaminato ricorso, vengono proposti motivi aggiunti, notificati con atto del 29 marzo 2002.

9.1.- Espone la società ricorrente che, nella seduta pubblica del 6 febbraio 2002, la commissione di gara procedeva all’esame della documentazione e alle valutazione delle offerte tecniche presentate dalle imprese partecipanti alla gara, all’esito della quale la società veniva collocata all’ultimo posto in graduatoria con quasi venti punti di svantaggio rispetto alla prima classificata, la controinteressata ATI. Cles, la cui offerta economica però veniva giudicata "anormalmente bassa", e quindi bisognosa di chiarimenti e integrazioni ai sensi dell’art. 25 del d.lgs. n. 157/1995.

Poiché nelle more dell’aggiudicazione apprendeva che il presidente della commissione di gara, sig. Nicola Rossi, ricopriva le funzioni di capo di gabinetto del Ministro resistente, la ricorrente ha impugnato il provvedimento di nomina della Commissione di gara e conseguentemente i provvedimenti di aggiudicazione provvisoria o definitiva (se nel frattempo intervenuta), deducendo: "violazione e falsa applicazione dell’artt. 36, comma 3, lett. e) del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 e dell’art. 21, commi 5 e 6, della l. 11 febbraio 1994, n. 109; violazione del principio di imparzialità dell’azione amministrativa ( art. 97 Cost.)".

Sostiene la ricorrente che la nomina del presidente della Commissione di gara del vice capo di gabinetto del Ministro pro tempore dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, e quindi di componente – non di secondo piano – dell’organo di direzione politica del Ministero, non può non porsi in contrasto con le norme ed i principi citati in epigrafe.

Soggiunge che se è vero che la Corte Costituzionale nella sentenza n. 453/1990 si era limitata a richiedere – perché fosse rispettato il principio di imparzialità – la presenza almeno prevalente di tecnici od esperti comunque dotati di adeguati titoli di studio o professionali rispetto alle materie oggetto di prova, è altrettanto vero che – per riprendere le parole del Consiglio di Stato contenute nella pronuncia della Sez. V, n. 6400 del 27 dicembre 2001 – "si sono create nel Paese, per effetto di vicende enunciabili come fatto notorio, condizioni, da un lato, di diffusa diffidenza nei confronti della gestione per così dire politica della cosa pubblica e, dall’altro, in termini di sostanziale corrispondenza, di grave disagio nell’esercizio dei poteri da parte degli amministratori forniti della duplice qualità di organo politico e amministrativo".

Ne è derivata – sempre secondo il Supremo Collegio, che cita appunto a riprova del nuovo indirizzo legislativo l’art. 36, comma 3, lett. e), del d.lgs. n. 29/1993 e l’art. 21, commi 5 e 6, della legge n. 109/1994 – "una tendenza alla rigida delimitazione degli spazi dì intervento politico e di gestione amministrativa, con l’ovvia conseguenza di isolare dal contesto di quest’ultima soggetti abilitati in modo diretto dall’investitura politica o comunque non professionale".

Non sarebbe del resto contestabile. prosegue la ricorrente nello svolgimento del motivo – che i c.d. "uffici di gabinetto" vadano inquadrati negli uffici di diretta collaborazione con il vertice politico del Ministero, in quelle strutture cioè che non gestiscono direttamente affari amministrativi e che – soprattutto nel nuovo assetto dello statuto giuridico degli impiegati civili dello Stato (cfr. in particolare gli artt. 4, commi 1 e 2, e 14 del d.lgs. n 80/1998) – risultano nettamente separate e distinte da quelle di amministrazione attiva, al fine soprattutto di evitare pericolose interferenze o ingerenze della sfera politica in quella amministrativa (cfr. anche l’art 7 del d.lgs. n. 300/1999).

Conseguirebbe, dall’esposto ordine di considerazioni, che la presenza di un componente dell’organo politico del Ministero alla guida della commissione di gara sarebbe del tutto illegittima e tale da viziare irreparabilmente tutto l’operato della commissione stessa.

9.2.- Ritiene il Collegio che il motivo di ricorso meriti di essere approfondito.

In proposito è necessario acquisire il decreto ministeriale di nomina del sunnominato dr. Rossi, con l’area organizzativa di pertinenza e le funzioni al medesimo specificatamente assegnate.

E’ opportuno altresì conoscere le funzioni svolte dal predetto nell’ambito del Dicastero resistente e le ragioni per le quali si è ritenuto di preporlo alla presidenza della contestata Commissione di gara.

E’ altresì opportuno conoscere, in relazione al secondo dei motivi aggiunti proposti, i titoli posseduti dagli altri componenti della commissione di gara.

Alle informative richieste provvederà il legale rappresentante dell’amministrazione centrale intimata con apposita e documentata relazione.

Per l’adempimento istruttorio si assegna il termine di giorni 40 (quaranta), decorrente dalla comunicazione e /o notificazione della presente decisione.

Nel frattempo è sospesa ogni ulteriore statuizione, rinviandosi per il prosieguo alla udienza pubblica del 26 maggio 2011.
P.Q.M.

parzialmente decidendo i ricorsi in epigrafe, di cui dispone la connessione, così provvede:

a.- respinge il ricorso n. 10003 del 2001 e i connessi motivi aggiunti;

b.- respinge il ricorso n. 2001 del 2002;

c.- dispone accertamenti istruttori in relazione ai motivi aggiunti proposti in relazione a tale ultimo ricorso;

d.- ordina al legale rappresentante del Ministero dell’Istruzione di adempiere agli incombenti istruttori di cui in motivazione, nel termine quivi fissato;

f.- riserva al definitivo ogni statuizione riguardante i motivi aggiunti di cui alla lettera c., il ricorso n. 8888 del 2002 e le spese di lite;

e.- rinvia per il prosieguo alla udienza pubblica del 26 maggio 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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