Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 11-03-2011) 28-03-2011, n. 12451 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

NGRANDI SAVERIO che si è riportato alle conclusioni dei ricorsi.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con l’ordinanza in data 29/12/2011 la Corte di Appello di Firenze disponeva nei confronti di P.S.E., cittadino ecuadoregno, a carico del quale era stata concessa l’estradizione verso il suo paese natale, il ripristino della custodia cautelare in carcere, in precedenza revocata a seguito di provvedimento di sospensione del decreto ministeriale di esecuzione della consegna, disposto dal T.A.R. della Toscana, dichiarato poi inefficace in forza di declaratoria di incompetenza funzionale ad opera di quello stesso tribunale amministrativo.

Con successiva ordinanza in data 17-18/1/2011 la medesima Corte di Appello rigettava le istanze difensive, riunite, proposte in data 7/1/11, 13/1/11 e 14/1/11 dal medesimo P.D.S.E., intese ad ottenere la revoca o la perdita di efficacia della misura cautelare delle custodia in carcere, ripristinata nei suoi confronti della medesima corte con ordinanza in data 29/12/2010 a seguito di provvedimento di sospensione del decreto ministeriale di esecuzione della consegna, disposto dal T.A.R. della Toscana, divenuto poi inefficace ai sensi dell’art. 56 c.p.a., comma 4, in forza di declaratoria di incompetenza territoriale emessa dal medesimo Tribunale.

Contro tali decisioni ricorre l’estradando a mezzo del suo difensore che nell’unico motivo a sostegno della richiesta di annullamento della prima denuncia la violazione dell’art. 708 c.p.p.; L. 30 gennaio 1963, n. 300, art. 1, in riferimento all’art. 18 della Convenzione Europea di Estradizione del 13/12/1957 e all’art. 696 c.p.p., e art. 13 Cost., sostenendo che nessun potere coercitivo era concesso all’autorità giudiziaria durante la fase amministrativa dell’estradizione, nella quale nessuna norma di legge prevedeva la possibilità di adottare provvedimenti limitativi della libertà personale, onde una volta concessa, come nel caso in esame, l’estradizione non era possibile adottare altre misure cautelari ai sensi degli artt. 307 e 714 c.p.p..

A sostegno della richiesta di annullamento della seconda ordinanza il difensore articola tre motivi.

Con il primo motivo denuncia l’abnormità dell’ordinanza in data 29/12/10 per violazione della legge processuale e la violazione dell’art. 111 Cost., comma 7, censurando la corte di merito che aveva erroneamente interpretato la precedente ordinanza in data 22/12/2010, dichiarativa della perdita di efficacia del decreto ministeriale, conseguente alla disposta sospensiva del T.A.R., come "presa d’atto" di una provvisoria inefficacia della sospensiva, in contrasto con il tenore stesso dell’ordinanza, che ne aveva invece dichiarato definitivamente la perdita per l’avvenuto decorso del termine di cui all’art. 708 c.p.p., svolgendo la funzione di un vero e proprio giudice del gravame.

Con il secondo motivo denuncia la violazione della legge processuale e dell’art. 13 Cost., in riferimento all’art. 708 c.p.p., e sostiene che a seguito della scarcerazione dell’estradato per decorrenza del termine di cui al comma 5 cit. art. disposto con la citata ordinanza del 22/12/10, la corte di merito aveva ripristinato la misura cautelare sul presupposto che essa era funzionale alla consegna dell’estradando, dimenticando che il decreto ministeriale era stato in precedenza dichiarato inefficace, e così ponendosi in contrasto con la giurisprudenza delle Sezioni Unite a mente della quale le misure cautelari devono essere revocate per l’assenza di una previsione normativa, che ne legittimi il permanere anche durante il periodo in cui l’esecuzione resti sospesa in conseguenza dell’avvenuta impugnazione da parte dell’estradando davanti al Tribunale amministrativo del decreto ministeriale. Osserva che in ogni caso alla data del 22/12/2010 era ormai decorso il termine di quindici giorni ex art. 708 c.p.p., comma 5, dall’originaria data di consegna, nè poteva ritenersi atto interruttivo la fissazione di una nuova data di consegna da parte del ministero avvenuta in occasione della pronuncia del TAR del Lazio, che aveva nuovamente sospeso l’efficacia del provvedimento di estradizione. Anche a voler aderire alla tesi minoritaria in base alla quale il termine di cui all’art. 708 c.p.p., non decorre in presenza di una causa sospensiva dell’efficacia del provvedimento di estradizione, secondo la difesa, dal 22/12/10 momento della cessazione della sospensiva al 13/1/2011, momento in cui era stata indicata la nuova data di consegna, tale termine era inutilmente decorso, nulla impedendo al Ministero nelle more di eseguire la consegna dell’estradando. Con il terzo motivo denuncia la violazione della legge processuale e la mancanza assoluta di motivazione in riferimento alla richiesta di revoca della misura cautelare, conseguente alla sospensione del provvedimento di esecuzione. Secondo la difesa il ripristino della custodia cautelare trovava il presupposto nel venir meno del provvedimento sospensivo del TAR della Toscana e nel garantire l’esecuzione del decreto ministeriale, onde, essendo stato nuovamente sospeso dal Giudice Amministrativo (TAR del Lazio) l’efficacia del provvedimento amministrativo non poteva più ritenersi sussistente alcuna esigenza cautelare da preservare e sul punto la corte di merito non aveva motivato alcunchè.

Entrambi i ricorsi non hanno fondamento e devono pertanto essere rigettati.

La complessa vicenda processuale del P. coinvolge una pluralità di questioni, concernenti i rapporti tra giurisdizione ordinaria, poteri del Ministro della Giustizia e giurisdizione amministrativa, ben evidenziati nei ricorsi e nelle note illustrative, che vanno presi in considerazione in questa sede al fine di stabilire l’applicabilità o meno dei termini di decorrenza della custodia cautelare, previsti dagli artt. 708 e 714 c.p.p., alla detenzione a fini estradizionali, che sta subendo il P..

Ed invero nel caso in esame non ricorre l’ipotesi della sospensione dell’esecuzione del provvedimento di consegna, disciplinato dall’art. 709 c.p.p., bensì una sospensione dell’esecuzione per effetto delle ordinanze di sospensione, adottate dal T.A.R. della Toscana prima e dal T.A.R. del Lazio dopo, ipotesi non considerata dal legislatore ed esaminata per la prima volta da questa Corte con la sentenza n.19830/02, nella quale è stato deciso, con motivazione che questo collegio condivide – che ove il giudice amministrativo sospenda il decreto ministeriale d’estradizione è impedita, a causa di tale ostacolo giuridico, l’ulteriore fissazione del termine per la consegna di cui all’art. 708 c.p.p., comma 5, sicchè non può operare in tale ipotesi la perdita di efficacia della custodia prevista dal successivo comma 6, ma esclusivamente quello – generale, desumibile dal rinvio operato dall’art. 714 c.p.p. – connesso alla scadenza del termine massimo di durata delle misure coercitive di cui agli artt. 303 e 308 c.p.p. (Cass. Sez. 6^ 9/4 – 21/5/02 n. 19830 Rv.

222233).

Nella fattispecie all’esame di questo collegio ci si trova in presenza di un ostacolo ovvero di una causa di forza maggiore alla prosecuzione della procedura estradizionale e alla consegna dell’estradando al Paese richiedente, non già in forza di una inerzia ministeriale o della necessità di soddisfare la giustizia italiana secondo la previsione dell’art. 709 c.p.p., ma di un provvedimento del giudice amministrativo, per di più provocato dall’iniziativa dell’estradando.

Nè vale richiamare, come fa la difesa, la sentenza delle Sezioni Unite n. 41540 in data 18/12/06 sul tema della custodia cautelare dell’estradando in caso di sospensione del decreto di estradizione.

Solo con un "obiter dictum" tale decisione prende in esame la particolare ipotesi, in cui la sospensione del decreto sia opera del giudice amministrativo, equiparandola a quella in cui la consegna dell’estradando sia sospesa per esigenze di giustizia interna. Tale estensione non sembra però condivisibile, posto che, come già rilevato da una pronuncia di questa Sezione, relativa ad analoga procedura cautelare in tema di estradizione (Cass. Sez. 6^ 8/5 – 1/9/06 n. 29621 Rv. 234276), la mera impugnazione del decreto ministeriale davanti alla giurisdizione amministrativa non fa venir meno l’attualità dell’esigenza cautelare del pericolo di fuga, connesso alla immediatezza della consegna, e la sospensione disposta dal giudice amministrativo dipende da una istanza dell’estradando, che può celare una finalità meramente dilatoria, con la conseguenza che in tale ipotesi si rendono applicabili i termini di cui all’art. 303 c.p.p., o la sospensione dei termini di cui all’art. 304 c.p.p..

Diversamente opinando non solo il decreto ministeriale potrebbe essere censurato dal giudice amministrativo per motivi meramente formali, ma la decisione del giudice amministrativo potrebbe interferire per un tempo non definibile con quella dell’autorità giudiziaria ordinaria.

Va dunque enunciato il seguente principio di diritto: in tema di estradizione per l’estero la misura cautelare, indispensabile ai fini della consegna dell’estradando al Paese richiedente, non cessa per effetto della sospensione del decreto di esecuzione del Ministro della Giustizia disposta dal giudice amministrativo, la quale, operando sull’efficacia di esso, costituisce causa di forza maggiore impeditiva della consegna dell’estradando al Paese richiedente.

Alla stregua dell’enunciato principio vanno ritenute destituite di fondamento le censure proposte contro l’ordinanza che ha ripristinato nei confronti del P. la misura cautelare della custodia in carcere, e pienamente condivisibili le ragioni indicate dalla corte di merito, che correttamente ha interpretato il precedente provvedimento di scarcerazione per l’inutile decorso del termine di giorni 15 ex art. 708 c.p.p., comma 5, come dichiarativo di temporanea inefficacia del decreto ministeriale, non essendo la mancata consegna nel termine di legge imputabile ad inerzia dello Stato richiedente, e non essendo quindi ipotizzabile la definitiva perdita di efficacia del provvedimento stesso. Così come del pari ingiustificate per gli stessi motivi si rivelano le censure contro la successiva ordinanza che ha respinto le varie istanze difensive intese ad ottenere la revoca o la dichiarazione di perdita di efficacia della disposta misura cautelare.

Segue al rigetto dei ricorsi la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 203 disp. att. c.p.p., e all’art. 28 reg. esec. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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