Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 10-03-2011) 28-03-2011, n. 12447 Arresto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di S. Maria Capua Vetere ricorre per cassazione contro l’ordinanza indicata in epigrafe, con la quale il G.I.P. del locale Tribunale non convalidava l’arresto operato dai Carabinieri di M.A., V. V. e P.D. in ordine ai reati di resistenza a p.u ex art. 337 c.p. (capo a), di danneggiamento aggravato ex art. 635 c.p., comma 2, n. 3 (capo b), di violenza privata ex art. 610 c.p. (capo e) e di violazione di domicilio ex art. 614 c.p. (capo f), e ne disponeva l’immediata liberazione.

Gli indagati si erano introdotti contro la volontà del proprietario Ma.En. in una struttura, denominata (OMISSIS), scavalcando la recinzione e dopo essere stati scoperti dal predetto e invitati ad andar via, continuavano a trattenersi sul posto.

Intervenivano i militi, i quali incontravano difficoltà a identificarli e a condurli in caserma a tale fine, e una volta ivi condotti i predetti continuavano nel loro atteggiamento violento e recalcitrante, danneggiando suppellettili e costringendo i militari a chiudere la caserma.

A sostegno della richiesta di annullamento dell’impugnata decisione il P.M. denunciava la violazione della legge penale e il vizio di motivazione in riferimento alla valutazione della sussistenza del reato di resistenza, che il G.I.P. aveva escluso, non ravvisando il requisito della violenza e qualificando la condotta degli indagati, consistita in continui spintoni agli agenti operanti, come mera resistenza passiva, non rilevante penalmente; in riferimento all’affermazione del G.I.P., secondo la quale il reato al capo b) – così come quello ex art. 340 c.p., contestato al capo e) – era stato indicato ai fini della richiesta cautelare e non di convalida, trattandosi di vicende, verificatesi quando i tre indagati erano già stati condotti in caserma, contrariamente al vero, in quanto il P.M. aveva richiesto la convalida dell’arresto per i reati ai capi a), b), e) ed f) e la condotta di danneggiamento era stata posta in essere, quando gli indagati non erano ancora in stato di arresto e dopo che era stato commesso un precedente reato, riconducibile ad autonoma condotta; in riferimento all’affermazione del G.I.P., secondo la quale le condotte di violenza privata e di violazione di domicilio si erano consumate prima dell’arrivo dei militi, onde mancava per tali titoli di reato la flagranza, dimenticando che il reato di cui all’art. 610 c.p. è di natura sibbene istantanea, ma con effetti permanenti e il reato di cui all’art. 614 c.p. e reato di natura permanente, per cui per entrambi sussisteva il requisito della flagranza o quasi flagranza. Quindi il difensore degli indagati con la memoria pervenuta in data 7/3/2011 ha replicato, rilevando la inammissibilità del ricorso ed in ogni caso la sua infondatezza.

Il ricorso non ha fondamento e deve essere rigettato sia pure con le puntualizzazioni che seguono.

Ed invero in tema di convalida di arresto facoltativo in flagranza, è risaputo dalla consolidata giurisprudenza di legittimità, che, ferma la necessità della verifica dei requisiti formali, il giudice della convalida deve operare, rispetto ai presupposti sostanziali della stessa – quali la gravità del fatto e la personalità dell’arrestato – un controllo di mera ragionevolezza, onde deve porsi nella stessa situazione in cui ha operato la polizia giudiziaria e verificare sulla base degli elementi conosciuti e conoscibili, se la valutazione di procedere all’arresto rimanga nei limiti della discrezionalità, riconosciuta alla medesima p.g., e pertanto se trovi ragionevole motivo nella gravità del fatto o nella pericolosità dell’indagato, pur senza poter sostituire ad un giudizio ragionevolmente fondato una propria differente valutazione (Cass. 4/4/2006 n. 15296 Rv. 234211). Nel caso in esame, ferma restante la flagranza per tutti i reati, per i quali era stata richiesta la convalida, o quanto meno la quasi flagranza per il reato di violenza privata contestato al capo e), ed essendo corretta la qualificazione giuridica del delitto di resistenza, contestato al capo a), che, contrariamente a quanto opinato dal giudice a quo, si configura per giurisprudenza costante di questa Corte anche nel divincolarsi e nello scalciare per opporsi ad un atto di ufficio del pubblico ufficiale (ex multis Cass. Sez. 6 11/2/2010 n. 8997 RV. 246412), tuttavia il G.I.P., adeguandosi al menzionato principio di diritto, ha escluso la sussistenza di esigenze di cautela in riferimento a tutti gli indagati con argomenti immuni da vizi logici o interne contraddizioni, e come tali incensurabili in questa sede, laddove ha valorizzato da un lato la giovane età dei predetti tutti infraventunenni, la loro incensuratezza e la possibilità di poter in astratto beneficiare della sospensione condizionale della pena e dall’altro la non particolare gravità del fatto, posto in essere da giovani, incapaci di rispettare le più elementari regole di convivenza civile, prima ancora che i precetti penali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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